Ragazze di campagna
- Autore: Edna O’Brien
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2013
“Il cielo al di sopra era azzurro, purissimo, e ancora più in alto, sopra le nostre teste, le nuvole veleggiavano serene, come enormi piume d’oca. Il paradiso era lassù, da qualche parte”.
In un isolato villaggio della costa occidentale della verde, limpida e cattolicissima Irlanda della fine degli anni Cinquanta, Caithleen Brady e Baba Brennan erano due ragazze di campagna con i capelli che odoravano di campo, amiche da sempre, compagne di scuola, di giochi e di vita. Se la prima era sognatrice, romantica quanto imbranata, la seconda si dimostrava pragmatica, sfrontata e caparbia. Le adolescenti si volevano bene anche se si divertivano a fare stupidi dispetti l’una con l’altra. Si sa che gli opposti si attraggono: Caithleen, “alta e goffa, con un’aria stranita e una massa di capelli color rame sempre un po’ spettinati”, viveva in una fattoria malandata in una casa di pietra rossa incastonata tra gli alberi con i prati che intorno formavano una distesa ininterrotta di verde, Baba (“piccola e snella, coi capelli tagliati corti, da maschietto, e qualche ricciolo tentatore che le cadeva sulla fronte”) abitava in una casa modernissima. “A casa nostra le cose erano o rotte o inutilizzate”. I 400 acri della fattoria dei Brady stavano andando in malora perché “mio padre, diversamente dai suoi antenati, non aveva passione per la terra e poco a poco l’intera tenuta era andata in rovina”. Il padre di Cait era un alcolizzato che spendeva il suo denaro giocando ai cavalli, la madre possedeva “occhi azzurri, piccoli e gonfi, guardava dritto davanti a sé verso qualcosa che vedeva soltanto lei, verso il destino, il futuro”. Era difficile credere che un bel mattino di sole quella donna che ogni giorno compiva un duro lavoro per mandare avanti la fattoria si fosse sposata, con un abito di pizzo, un cappello a tesa larga e gli occhi umidi di gioia. Quegli stessi occhi fiduciosi e tristi che “ora erano umidi di lacrime”. In quei prati verdissimi e pieni di pace di giornate terse e ventose con una brezza tesa e costante, la massima che amava ripetere Mrs Brady dal viso rotondo, pallido e dolente era
“piangi e piangerai da solo”.
Baba era la figlia del veterinario del paese, un uomo onesto e incolore, sua moglie Martha “la donna più bella di tutto il circondario” era una donna moderna, “ex ballerina classica che aveva rinunciato alla carriera per farsi una famiglia” che desiderava due sole cose nella vita: alcool e disperazione. Dopo aver trascorso tre anni in un triste collegio di suore “le nostre ragazze, prima di tutto, sono brave ragazze, di sani principi e modeste”, nel quale le convittrici sembrava che trascorressero la notte nel dormitorio piangendo o mangiando per la nostalgia di casa, le ex brave ragazze Cait e Baba si erano fatte espellere stufe di attendere che accadesse qualcosa in quel silenzio infelice e mortale. Due “sciocche ragazze di campagna” erano partite alla conquista di Dublino, grande città fatata e luccicante, piena di luci, facce, traffico e vitalità delle persone che si affrettavano per andare chissà dove. Lasciare per sempre i rumori della solitudine della campagna irlandese dove il cielo “è un oceano di nuvole e luce, è un tappeto che corre veloce, è un enorme cappello di pioggia” (Il cielo d’Irlanda Fiorella Mannoia) e dove spesso grandina all’improvviso e il sole subito dopo appare come uno squarcio tra le nuvole. Quello stesso sole che al tramonto “scatena un incendio nel cielo e da quel fuoco diramavano sentieri colorati, non rossi come il sole, ma di un rosa caldo e intenso”.
Ragazze di campagna (Elliot, 2013 - titolo originale del volume: Country Girls) scritto in soli tre mesi dall’autrice, nata a Tuamgraney nella Contea di Clare nel 1930 in una famiglia dalle forti radici cattoliche abitante in un villaggio simile a quello di Cait e Baba, venne pubblicato nel 1960 suscitando grande scalpore. Sdegno e condanna per un libro fortemente autobiografico che venne bruciato sul sagrato delle chiese e messo all’indice perché giudicato colpevole di aver portato alla luce quel desiderio di libertà e di libera sessualità di madri e figlie irlandesi che vivevano in aperto conflitto non solo con l’educazione retriva che avevano ricevuto ma che erano vittime e ribelli dell’ambiente che le circondava.
Edito per la prima volta in Italia nell’aprile del 1961 nella collana Il Quadrifoglio di Feltrinelli, la casa editrice Elliot ha deciso di pubblicare nuovamente il volume d’esordio della O’Brien con una nuova traduzione di Cosetta Cavallante. A distanza di tanti anni il romanzo, che fa parte di una trilogia che comprende The Lonely Girl (1962) La ragazza sola (Rizzoli, 1963) e Girls in their Married Bliss (1964) Ragazze nella felicità coniugale (E/O, 1990), conserva inalterata tutta la sua freschezza, una ventata d’aria autentica e pulita proveniente dalla bigotta Irlanda degli anni Sessanta. La Gran Dama della letteratura irlandese, romanziera, drammaturga e poetessa che ha compiuto i suoi studi presso le suore e che lasciò l’Irlanda negli anni Cinquanta per trasferirsi a Londra, membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters, poco più che ventenne più di cinquant’anni fa ebbe il coraggio, spinta da un’inarrestabile urgenza, di raccontare al mondo che la mente delle donne è libera e vasta come il cielo della terra che l’ha vista nascere.
“Eravamo giovani e belle, o almeno eravamo convinte di esserlo”.
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Cait e Baba sono due ragazze diversissime, l’una riservata, educata, studiosa e priva di pensieri negativi, l’altra eccentrica, estroversa, priva di mezzi termini e a volte sfacciata. Eppure la loro è un’amicizia unica che nasce sin da quando sono bambine e che si protrae per il resto della vita.
Il romanzo, primo capitolo di una trilogia, pubblicato nel 1962, narra le loro avventure da bambine e adolescenti sino ai 18 anni. Nate e cresciute nella campagna irlandese, Caithleen, figlia di un uomo ubriaco e violento, che perde la madre a soli 14 anni, e Baba, figlia del veterinario della zona e di una donna triste la cui unica “gioia” sembra essere l’alcool. Nonostante le difficoltà che una vita povera impone, le due ragazze riescono ad andare avanti attraversando diverse fasi della loro dura adolescenza: dapprima iscrivendosi e poi facendosi espellere dal convento nel quale sono state mandate a studiare, e successivamente cambiando vita e trasferendosi nella grande e caotica Dublino, con il sogno di vivere e godersi la giovinezza come mai prima di allora.
Ma i sogni il più delle volte restano tali e non pochi saranno i problemi che entrambe, a volte vicine a volte lontane, saranno costrette a dover superare.
Con “Ragazze di campagna”, Edna O’Brien, drammaturga, scrittrice e poetessa nata nel 1930, ha ricevuto il prestigioso Kingsley Amis Award, aggiudicandosi un posto d’onore nella storia della letteratura contemporanea irlandese e ricevendo alcuni tra i più importanti riconoscimenti letterari. Fu grande innovatrice nello stile e nei temi ed è considerata una delle scrittrici più importanti della sua generazione. Il libro è molto autobiografico, avendo lei stessa studiato dalle suore ed essendosi poi trasferita a Londra lasciando l’Irlanda alle sue spalle.
Dopo Ragazze di Campagna, ha scritto “La ragazza sola” nel 1963 e “Ragazze nella felicità coniugale” nel 1990. Suoi romanzi sono anche: “Le stanze dei figli”, “Uno splendido isolamento”, “La ragazza dagli occhi verdi”, “Country girl”, “Lungo il fiume”, “La luce della sera”, “Oggetto d’amore”, “Lungo il fiume”, “Tante piccole sedie rosse” .