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Recensioni di libri

Quel che si vede da qui di Mariana Leky

Keller, 2019 - "Quel che si vede da qui" è un romanzo, ma è anche una fiaba in cui la formularità scardina il dolore con l’ironia. Ne emergono una malinconia dolcissima e un’intensa commozione.

Eleonora Daniel
Eleonora Daniel Pubblicato il 11-05-2020
Quel che si vede da qui

Quel che si vede da qui

  • Autore: Mariana Leky
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Anno di pubblicazione: 2019

Quel che si vede da qui di Mariana Leky (Keller, 2019, traduzione di Scilla Forti) ha la tenerezza accogliente dei vestiti caldi in inverno, la delicatezza delle lenzuola in estate. Rappresenta una forma di accudimento strano e dolente: è l’abbraccio di chi ti consola quando scopri che alla perdita non c’è rimedio ma che si impara anche a sopravvivere. Ed è stato eletto Libro dell’anno 2017 in Germania.

"L’okapi è un animale assurdo, molto più assurdo della morte, e sembra del tutto sconnesso con le sue zampe da zebra, i fianchi da tapiro, il corpo da giraffa color ruggine, gli occhi da capriolo e le orecchie da topo. L’okapi è decisamente inverosimile, tanto nella realtà quanto nei sogni funesti di un’anziana del Westerwald".

Quando Selma sogna un okapi la notizia raggiunge presto tutto il paese, che si anima in modo febbrile. I suoi abitanti sanno che qualcuno morirà entro le successive 24 ore: è il momento giusto per confessare quanto non si è mai confessato (e appostarsi poi il giorno dopo, se graziati, accanto alla buca della posta prima che arrivi il postino, per chiedergli di rientrare in possesso dei propri segreti e tacerli).
Luise sa capire quando sua nonna sogna un okapi solo con uno sguardo. Conta le ore con le dita, si sforza di seguire l’unica regola valida: comportarsi come se fosse un giorno qualsiasi. Farsi sollevare da Martin, migliore amico e promesso pesista, prendere il treno per andare a scuola, vederlo col ciuffo irrequieto appoggiarsi di spalle contro la porta del vagone, mentre recita quello che si vede fuori dal finestrino in quel preciso momento.

I sogni di Selma non sbagliano mai e Luise cresce in un mondo in cui la morte, per quanto prevista, giunge sempre inattesa. Vede il padre partire alla scoperta del mondo, lasciando un matrimonio in dissolvenza, una figlia, una madre, un immenso cane grigio; lavora in una libreria, si innamora, rimedia ai rifiuti e agli abbandoni.
Mentre racconta tutto quel che si vede da lì, Luise apre il lettore alla consapevolezza che quanto accade non si vede solo lì: si vede ovunque, a veder bene. Nel paese stralunato e fiabesco costruito da Mariana Leky, a essere narrata con magia è una quotidianità mai superficiale, che parla di amicizia perdita amore violenza, che mette in scena i ricordi, la commozione, i tentativi di fuga, il dolore, la resistenza, gli sforzi di costruirsi una vita stabile nonostante i crolli. Come la casa di Selma, che resta in piedi anche se all’improvviso il pavimento cede e le zone incriminate vengono tracciate in rosso: basta evitarle e si sta su.

Quel che si vede da qui è un romanzo ma è anche una fiaba, in cui la formularità scardina il dolore con l’ironia. La narrazione è scandita da ricorrenze e rioccorrenze che si imprimono sotto le palpebre: ne emergono una malinconia dolcissima e un’intensa commozione.

"Se si fissa a lungo una cosa ben illuminata e poi si chiudono gli occhi, davanti all’occhio interiore si vedrà comparire la stessa identica immagine, una sorta di impronta persistente in cui ciò che in realtà era chiaro appare scuro e ciò che in realtà era scuro appare chiaro. [...] Se l’oggetto di questa lunga osservazione è qualcosa di significativo, qualcosa – diceva Selma – che con un solo movimento può ribaltare la vita in tutta la sua vastità, allora l’immagine riaffiora di continuo".

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Quel che si vede da qui

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