Pudore
- Autore: Maddalena Fingerle
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2024
Un’identità da ricostruire, cancellando l’immagine di sé per farla assomigliare sempre più a quella della sua amata Veronica, da cui si è appena separata. È questo il percorso interiore a cui va incontro Gaia, la protagonista di Pudore (Mondadori, 2024), l’ultimo romanzo di Maddalena Fingerle.
L’autrice, già vincitrice dei premi Italo Calvino, Comisso under 35, Flaiano under 35, Città di Girifalco, Fondazione Megamark e POP con il romanzo d’esordio Lingua madre, pubblicato dalla casa editrice Italo Svevo, è tornata in libreria con una storia forte nella trama, nel linguaggio e nelle introspezioni.
Un romanzo che scava nei tormenti identitari della protagonista, dietro cui si celano la sua fragilità e il suo disagio in un corpo che non vede più come suo, in un ambiente – quello della solida borghesia – in cui si sente stretta e in una vita che ha bisogno di cambiare, ma fatica a capire come.
Mangiamo in silenzio. Ogni volta mi stupisco di come i miei riescano a mangiare senza fare rumori, pure mio fratello ce la fa. Si sente solo la mia masticazione, e per fortuna Filomena ci mette uno sfondo di musica classica, poi mi sorride e anch’io le sorrido come a dire: grazie, per fortuna che ci sei tu. Arriva il branzino, tra una portata e l’altra mio padre racconta dei suoi successi accademici e mia madre gli fa i complimenti. Per il resto si sta zitti: non sta bene parlare mentre si è a tavola. È il momento della frutta e del dolce e io mi vergogno. Chiudo gli occhi e quando li riapro vedo un piatto con una decorazione di cacao e mandarino, una crema che forma un fiore, una ciotolina con il tiramisù che messo così quasi non lo riconosco. Filomena dice che l’ho fatto io. Divento tutta rossa, vorrei dire che non è vero, l’ha fatto lei, io ho solo gettato dei savoiardi in una bacinella di acqua e caffè e preparato una crema senza uova, ma Filomena mi guarda in un modo che significa lascia stare. Mia madre mi fa i complimenti, dice che è squisito, sembra stupita, lei che non ha mai fatto un dolce in vita sua e non sa nemmeno dov’è la cucina. Mio padre invece non dice niente, probabilmente ha capito. Fumiamo una sigaretta in soggiorno, beviamo l’amaro e prima di andare mio padre mi ricorda che tra non molto sarà il mio compleanno. Mi chiede se ho desideri particolari, dico no. Mio fratello lascia a Filomena una busta per mia madre, è il nostro regalo, da aprire quando ce ne saremo andati. A casa nostra è sempre stato così: i regali non si aprono mai davanti ad altre persone. È volgare.
Uno stile vorace e autentico; una voce riconoscibile, quella di Maddalena Fingerle, che trasmette al lettore la tensione di un libro tanto bello quanto cruento. In ognuna di noi potrebbe albergare la fragilità di Gaia, abbandonata da Veronica, sofferente nel corpo e nello spirito, smarrita in un mondo che è il suo pur non essendolo.
Mi chiede come mai io abbia deciso di cambiare così radicalmente aspetto al mio appartamento e non solo all’appartamento, il tono è ammiccante, io gli sto per rispondere di farsi i cazzi suoi ma mi suonano alla porta e gli dico aspe’ arrivo. Sono i comodini bianchi, gli urlo: Vale, non è che mi daresti una mano, e ho una voce civettuola e allungo tantissimo la A di Vale. Lui non brontola perché lo chiamo Vale, mi aiuta a portarli su e pure a montarli. C’è una cosa a cui non riesco a smettere di pensare, però, perché non capisco: Valerio fa schifo, anche se è pelato. Non è come gli altri pelati che conosco, no, lui è viscido. Infatti a essere precisa ora che lo guardo bene non è che sia proprio pelato, vorrebbe esserlo ma non gli riesce. Ha la testa piena di puntini, peletti, peluria, come quando non mi passo il rasoio per due giorni e le gambe si riempiono di quella schifezza. Lui continua a toglierli, ma si vedono comunque. È per questo che è un vecchio porco, perché è un finto pelato. Avvito e finisco prima di Valerio che invece è lento e sento che sei orgogliosa di me e anch’io lo sono e persino Valerio mi dice brava. È bello quando la gente mi dice che sono brava.
L’immaginazione sfrenata di Gaia, il suo descrivere in modo schietto e senza finta benevolenza il mondo e le persone che la circondano, le sue ossessioni, la sua ironia, la sua rabbia dominano le pagine di Pudore, per me un vero e proprio romanzo della forma.
Qui tutto decade e diviene, muore e rinasce con la consapevolezza che è dalla via del dolore che bisogna passare per disconoscersi prima e ritrovarsi dopo. Un po’ come potrebbe accadere a chiunque.
Pudore
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