Psicologia delle folle
- Autore: Gustave Le Bon
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Con lo sviluppo dei moderni sistemi di comunicazione di massa, si è affacciato all’orizzonte della nostra società un nuovo soggetto, prima non completato: la folla. La cosiddetta "società di massa" è diventata protagonista della storia agli inizi del 1900. Da allora, diversi studiosi hanno iniziato a esaminarne le caratteristiche.
La folla costituisce un’unità psicologica distinta dai singoli individui che ne fanno parte. Questa unità è stata descritta nel famosissimo saggio di Gustave Le Bon (1842-1931) intitolato, appunto, Psicologia delle folle (ShaKe edizioni, 2019, trad. di Giancarlo Carlotti, Raf Valvola Scels).
Studioso e saggista, nell’arco della sua vita Le Bon fu attivo in diversi campi: archeologia, antropologia, fisiologia, anatomia, psicologia e sociologia.
Si tratta di un saggio che ha fatto storia, in quanto ha ispirato molti uomini di potere del secolo scorso. Anche se è stato scritto nel 1895, il libro può per molti aspetti considerarsi ancora attuale, soprattutto adesso che la nostra vita è dominata da internet e dai social network.
Cos’è una folla? È un insieme di individui che, per via di un fenomeno denominato "contagio", acquisiscono un’unità psicologica, come dice Le Bon:
Tale folla forma un solo corpo ed è sottomessa alla legge dell’unità mentale delle folle
All’interno di una folla, la mente delle singole persone scompare, per essere sostituita da un’unica psiche indistinta.
Questa psiche, afferma Le Bon, ha caratteri specifici e molto diversi da quelli individuali:
I lettori dei giornali, gli ascoltatori dei programmi radiofonici, i membri di un partito, (e oggi, a maggior ragione, diremmo anche gli utenti dei social network) anche se non fisicamente riuniti in gruppo, tendono a divenire, dal punto di vista psicologico, una folla, a cadere in uno stato di eccitazione, in cui ogni tentativo di ragionamento logico ha il solo effetto di stimolare impulsi bestiali.
Da questa frase è possibile capire quale giudizio negativo Le Bon avesse delle folle:
Poco inclini al ragionamento, le folle si dimostrano, al contrario, adattissime all’azione.
La folla ha scarse capacità di analisi, non è incline all’approfondimento e, per il solo fatto di farne parte, qualsiasi individuo, anche il più intelligente, accantona temporaneamente gran parte le sue potenzialità intellettive.
La folla però ha carattere provvisorio, perciò, una volta sciolta, l’individuo ritorna alla sua normalità.
Quindi anche le persone più intelligenti, in folla, si comportano come tutte le altre:
Le decisioni di interesse generale prese da un’assemblea di uomini illustri, ma di specializzazioni diverse, non sono molto migliori dalle decisioni che potrebbero essere prese da una riunione di imbecilli.
E sottolinea:
Per il solo fatto di appartenere alla folla, l’uomo scende di parecchi gradini la scala della civiltà.
L’anima delle folle è composta da due elementi. Il primo è il substrato profondo, che deriva dalle caratteristiche della razza di appartenenza (usa questa parola, che da molti oggi non viene considerata opportuna). Ci sono diverse razze (latine, anglosassoni etc) che hanno alla base substrati psicologici diversi, che sono inconsci. Solo quando cambiano questi substrati avvengono le rivoluzioni, non altrimenti. E questi cambiamenti non si verificano spesso, la folla è quindi conservatrice. Il secondo riguarda le diverse sollecitazioni che la folla subisce, che variano di momento in momento, ma che tuttavia non ne scalfiscono il substrato. Queste sono come le onde del mare, che emergono dalla superficie, e in breve tempo spariscono.
Come sedurre una folla? Come arrivare a conquistarla? Le Bon fornisce alcune risposte, perciò il libro fu attentamente studiato dai politici del secolo scorso, dittatori compresi. Sottolinea, però, che folle non potranno mai essere completamente dominate, perché questa “è la loro era”.
Per parlare con le folle, bisogna considerare che esse non ragionano, cioè non si fanno condizionare dalle argomentazioni logiche.
Chi tenta di persuaderle in questo modo perde il suo tempo, perché le folle sono dominate esclusivamente dall’inconscio, cioè dal substrato della razza, che non presenta una struttura razionale.
La folla nutre solo sentimenti polarizzati e concepisce unicamente idee estreme; la medietà non appartiene alla folla. Potrebbe adorare una persona, e un momento dopo odiarla, e basta poco per cadere da una situazione all’altra. Da idolo, si può facilmente diventare reietto, a seconda degli stimoli che in quel momento sollecitano una folla.
È il motivo per cui oggi i personaggi famosi vengono venerati come divinità; tuttavia basta poco, anche una flebile accusa non avallata da prove, e subiscono una gogna mediatica. La massa non si chiederà mai: quali elementi oggettivi sorreggono l’accusa? Ci sono evidenze sufficienti per condannare la persona? Oppure: perché l’ha fatto? Quali circostanze l’hanno indotta? Questo lo fanno solo gli avvocati.
La folla non concepisce idee complesse, per questo in politica predominano gli slogan, così come in pubblicità. Fortemente suggestionabile, la folla è capace di atti di estrema violenza, così come di sommo sacrificio ed eroismo.
Sventurato è dunque colui che basa la sua forza sulle folle, che hanno solo "idee" mutevoli come il vento:
Chi si appoggia a esse può salire molto in alto e molto in fretta, ma sfiorando sempre in ciglio della rupe Tarpea e con la certezza di precipitare un giorno nell’abisso.
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"Psicologia delle folle" di Gustav Le Bon (Edizioni Tea, pp.256, 2004) recentemente rieditato per la sua indubbia attualità, è ormai un classico di psicologia sociale. Si può dire che l’autore abbia scoperto per primo il soggetto "folla", che è quasi un ossimoro, un nome singolare riferito a una pluralità di persone. Fino ad allora, siamo nel 1895, nessuno l’aveva mai preso in considerazione. Mussolini lesse il libro più volte e da lì trasse molte indicazioni per recitare il suo personaggio che si esibiva di fronte a folle oceaniche affascinate e sedotte.
Anche Freud apprezzò il libro, ovviamente per motivi ben diversi.
Le Bon decise di raccogliere i suoi studi in materia, in quanto si era reso conto di un mutamento epocale: è l’industrializzazione che unisce in un unico ambiente un numero considerevole di lavoratori attaccati alle macchine, divenuti visibili e spesso scesi in piazza. Essi perdono il proprio io e divengono un io collettivo. Freud lo sottolinea; nel suo "Psicologia delle masse e analisi dell’io" scrive:
Di questo processo il singolo non è consapevole, quindi diventa manipolabile da chi sa stimolare l’emotività incontrollata di tutti o quasi. Il processo, chiarisce l’autore, si chiama "fascinazione", affine all’ipnosi. Sotto la fascinazione di un leader dittatore la massa può sacrificarsi, dare la vita per un ideale inculcato dalla propaganda, compiere azioni eroiche come pure azioni crudeli e abiette, genocidi, assassinii programmati. L’intenzione non è razionale ma assoggettata agli istinti, che, afferma Le Bon, sono frutto della genetica, di comportamenti legati alla razza, a condizioni storiche e geografiche. Oggi le chiameremmo geopolitiche.
L’acutezza dello psicologo sottolinea i cambiamenti avvenuti nella modernità, fa parlare un borghese in questi termini:
Non più così. Le masse vogliono essere protagoniste, occupare un posto nella scena sociale, nel momento in cui... sono masse. Soggette sia al potere economico-politico, sia al potere religioso delle chiese, Le Bon tratta del legame sempre molto stretto tra i due poteri.
Ricordiamo che Dante aveva sviscerato il tema così essenziale già nel XIV secolo nel suo "De Monarchia", volendo separare i due ambiti del potere, religioso e temporale.
La folla non sarà sempre oggetto inconsapevole di sé, ci si augura, giungerà a una più profonda visione umana, anche messa di fronte allo specchio di questo bel libro.
Carl Gustav Jung in un’ultima intervista ebbe a dire che il più grande pericolo per l’uomo è l’uomo stesso e la perdita dell’io, dell’individualità, quando viene sacrificata al collettivo.