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Mai come quest’anno il Premio Crédit Agricole “La storia in un romanzo”, giunto alla 17° edizione, trova nella scrittrice Azar Nafisi il più idoneo vincitore.
L’autrice iraniana non ha mai fatto mistero del suo amore per i libri e la letteratura. A partire dal suo bellissimo Leggere Lolita a Teheran fino ad arrivare al suo recente Leggere pericolosamente (Adelphi, 2024), l’autrice ha sempre ribadito la centralità della letteratura e dei libri nella sua vita e nel suo pensiero come punto nevralgico di sovversione e di libertà.
Un riconoscimento, perciò, più che meritato quello conferitole a PordenoneLegge 2024 per la sua capacità di intrecciare la letteratura con la storia, evidenziando il potere sovversivo dei libri nei regimi oppressivi, in un festival che ha messo al centro non solo il libro, ma le libertà.
La sua narrazione è tra le più passionali e sentite. Nel suo raccontare e combinare elementi autobiografici, analisi letteraria e riflessioni politiche e culturali, Azar Nafisi riesce ad abbracciare il vero valore della letteratura e dei libri ovvero
“Riuscire a far vedere il chiaroscuro della realtà. In fin dei conti questo è il loro vero valore”
racconta la scrittrice durante la conversazione in occasione della premiazione.
“La letteratura ha molte capacità: ci aiuta a non cedere alla rabbia, ad uscire dall’indifferenza a conoscere chi ci sta davanti sia esso amico o nemico. Le dittature e i poteri totalitari hanno un nesso in comune: omologare il pensiero e la voce dei cittadini, miopi e indifferenti. La letteratura dà fastidio a una vita piatta. La letteratura disturba il loro agire. Un agire che tende a rendere debole la democrazia. La letteratura perciò dà sveglia!”
Il tempo contemporaneo, infatti, non è lontano da una pigrizia di pensiero che porta a non voler uscire dalla propria zona da comfort, rinunciando a combattere.
“Leggere pericolosamente”: l’ultimo libro di Azar Nafisi
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Nel suo ultimo libro, Leggere pericolosamente, pubblicato da Adelphi nel marzo 2024 con la traduzione di Anna Rusconi, i libri diventano non solo strumento di libertà, ma di memoria vissuta. In un vero e proprio epistolario rivolto al padre, l’autrice offre riferimenti a grandi autori del racconto, come James Baldwin, Salman Rushdie, Margaret Atwood in un dialogo che ci svela la sua fanciullezza quando, bimba di appena 3 anni, la sera ascoltava le storie da suo padre. Ricorda Nafisi:
“Da piccola mio padre ogni sera mi portava in un dono nuovo, alle volte in un paese pieno di meraviglie, altre con un burattino, altre ancora in Olanda ascoltando le passioni e i sogni di una ragazzina. E così sono cresciuta prima ascoltando e poi leggendo autori di ogni parte del mondo, senza distinzioni.
Perché leggere mi portava fuori dalla mura della mia stanza. Mi faceva conoscere mondi diversi, pensieri diversi. Ho proseguito questo viaggio anche in età adulta con altre letture, cercando di conoscere tutto intorno a me, anche il mio nemico.”
Continua l’autrice:
“Grossman sostiene che bisogna leggere non solo quello che ci è amico, ma soprattutto quello che ci è nemico. Leggere pensieri diversi da quelli delle nostre idee ci permette di conoscere anche il vero pensiero del nemico che possiamo non condividere ma dobbiamo conoscere. Solo così possiamo affrontarlo. “Leggere pericolosamente” ha questo scopo: ossia conoscere il nemico, conoscere noi stessi per poter affrontare entrambi.”
Una letteratura che sveglia e ci aiuta a conoscere gli altri. In Leggere pericolosamente, in un lungo rapporto epistolare con il padre, l’autrice parla di censura, esilio, lotta per i diritti umani e prende coscienza di come la consapevolezza e le azioni contro le ingiustizie debbano essere note.
Primo Levi, autore particolarmente amato dalla scrittrice e citato più volte in quasi tutti i suoi testi, sosteneva che scrivere ci fa capire di essere esseri umani, ma lo scrivere della realtà e di cosa si è perduto nella realtà che viviamo (pensiamo a una dittatura) ci permette di capire il valore del vivere ripudiando il sopravvivere imposto dai regimi totalitari.
Consapevolezza che risiede nella letteratura perché:
“La letteratura può diventare lo strumento di resistenza nei confronti dei regimi totalitari, tra immaginazione e libertà. Due temi che poi portano all’identità di ognuno di noi. Forse questa è la vera eredità di mio padre e forse per questo l’ho messo destinatario di tutte le lettere di questo dialogo sulla letteratura. Mio padre mi ha insegnato che io potevo essere tutto nel rispetto degli altri. E me lo ha insegnato attraverso la lettura dei libri. Perché nei libri non ci sono solo storie ma c’è la nostra memoria. Sono custodi in fondo della nostra memoria.”
Memoria che è sopravvivenza dell’identità individuale e collettiva, soprattutto in contesti di oppressione politica e sociale. Quando la repressione di un regime, come quello iraniano, cancella forme di espressione e identità, la memoria diventa uno strumento di resistenza, perché è nella memoria che risiedono le fondamenta dei legami con il passato di ognuno di noi, che diversamente viene distorto proprio da quei regimi che con la loro staticità sostengono di preservarlo.
La memoria diventa una forma di narrazione, una narrazione che scuote dall’indifferenza. Una narrazione che diventa letteratura nella sua forma silenziosa ma ribelle.
I libri non sono altro che strumenti vitali per preservare la libertà, capaci di mantenere e garantire la dignità e l’individualità in un mondo che cerca di soffocarle.
Acquistando la stessa consapevolezza che l’omologazione che ci circonda è qualcosa di falso e fittizio:
“La verità è che non abbiamo bisogno soltanto di tranquillità. Ogni tanto abbiamo bisogno di essere turbati, tanto per cambiare. Da quanto tempo tu non sei turbata davvero? Per qualcosa d’importante, qualcosa che conta nella realtà?” (Ray Bradbury, “Fahrenheit 451”)
E che solo le tre L (Libri, Lettura e Letteratura) possono e sono in grado di dare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ad Azar Nafisi il Premio Crédit Agricole “La storia in un romanzo” 2024: la premiazione a Pordenonelegge
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