Per sempre
- Autore: Richard Ford
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2024
Metti uno dei personaggi più riusciti di Richard Ford, il mitico Frank Bascombe - che abbiamo incontrato ne Il giorno dell’indipendenza - metti che Frank sia invecchiato ma non abbia smarrito il vezzo di corteggiare la sua vita scherzando sulla Vita, metti che abbia perso un figlio in un incidente e l’altro sia malato terminale di Sla, metti, soprattutto, che lui voglia percorrere insieme al figlio un viaggio che li condurrà sul bordo della finitudine, prima del nulla: se hai messo insieme tutti questi ingredienti, hai esattamente l’ordito di Per sempre (Feltrinelli, 2024, trad. di Cristiana Mennella), lo sguardo di Ford, un caldo amante della vita, sulla prospettiva della “cosa ultima”.
Essere felici, prima che cali il sipario grigio. O se non lo siamo, chiedersi almeno perché. Se vale la pena di preoccuparsene. Secondo me sì. Ne vale la pena eccome, anche se non ho molte altre certezze. Ma uscire di scena [...] senza cercare di essere felici significa non rendere giustizia alla vita. Che è in fondo il motivo per cui siamo qui.
Due separazioni dalle donne che hanno colorato i suoi anni; una serie infinita di mestieri per nascondere l’unica sua vera arte, il mestiere di vivere; una relazione al limite del contrabbando con una donna che lo vede come una tisana rilassante anziché come un rosso toscano e che per la sua alcova preferisce altre chimere; un rapporto al vetriolo con la figlia lesbica. Quando Frank viene a sapere da quest’ultima della malattia del figlio, lo conduce per un supplemento di esami in un centro all’avanguardia, in Minnesota. Gruppi di contatto, terapia della parola, rimozione della fine, Dio e il suo contrario, la metafisica dell’Essere: ma nulla può cambiare l’esito, suo figlio sta morendo! Padre e figlio resistono, un colpo loro e uno la vita, a chi cede per primo, fra ironia, autoironia e tutto un linguaggio figurato che fa da cortina fumogena al tramonto.
Dare un senso alle cose è un processo inesauribile di riordino e ri-riordino. Un processo che per natura è provvisorio e che ben presto soppiantiamo con qualcosa di meglio. È tutto “in cammino”, direbbe il vecchio Heidegger.
Sì, è tutto in cammino: padre e figlio cominciano un’odissea ideale che si sovrappone a quella fisica, quest’ultima diretta nel South Dakota a visitare il Mount Rushmore, mitizzato dai volti giganteschi dei quattro presidenti USA scolpiti nella roccia. Viaggiano con uno scarburato camper, fiaccato dalla ruggine di ogni parcheggio perenne, in preda al sogno della vita in mancanza della vita: ricordi, citazioni, nostalgie per il non provato, il figlio sogna le gioie delle bellezze muliebri che incontra nel suo viaggio senza ritorno e il padre, più concretamente, la conturbante fisicità di una massaggiatrice, venditrice di sogni, conosciuta in un postribolo.
Che cosa sta accadendo a suo figlio? O meglio, cosa accade a chi sta vicino al bordo? Qual è il senso di questo viaggio? Queste sono le domande implicite che innervano l’opera.
Sto arrivando alla mia essenza, mi ha spiegato la dottoressa Oakes, mai pensato di averla.
Forse il senso è che non necessariamente vi è un senso, in fondo perché dovrebbe esserci? Poi tutto va verso l’epilogo.
Del mio periodo qui non c’è granché da dire. Dopo aver assistito mio figlio moribondo per dieci mesi movimentati, mi pongo serenamente la domanda esistenziale che mi resta, adesso che penso di fare?
Per dirla con Heidegger, citato in esergo in uno dei capitoli finali
La finitudine, una volta afferrata, sottrae l’esistenza alla molteplicità infinita delle possibilità che si offrono immediatamente (i comodi, le frivolezze e le superficialità) e porta l’Esserci in cospetto della nudità del suo destino.
Per cui non rimane - immagino che pensi Bascombe-Ford - che impugnare, novello Enea, un ramo d’oro per scendere cosciente nell’Ade e scoprire se ha ragione Socrate: liberando l’anima dal corpo la morte ci guarisce e, se è così, dovremo sacrificare un gallo a Esculapio. Eppure, credo pensi Bascombe: non ho mai amato tanto la vita!
Il linguaggio del romanzo è quello tipico di Richard Ford: asciutto ma con improvvisi picchi di vera poesia, impreziosita anche dalla presenza di dialoghi esilaranti, sapientemente usati per far scemare il buio della notte che, nel libro, sconfigge l’aurora. E così sia!
Per sempre
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Un libro perfetto per...
In generale a chi s’interroga sul senso della vita e sul significato della sua finitezza.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Per sempre
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