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Significato di parole, proverbi e modi di dire

Parole intraducibili: le più belle (e assurde) dal mondo

Se a volte avete la sensazione di non trovare la parola giusta per esprimervi, potrebbe essere perché la state cercando nella lingua sbagliata. Ecco quali sono le più belle parole intraducibili provenienti da tutto il mondo.

Eleonora Daniel
Eleonora Daniel Pubblicato il 13-07-2020
Parole intraducibili: le più belle (e assurde) dal mondo

La sensazione di non trovare le parole giuste per esprimere quello che proviamo o quello che ci circonda è una sensazione piuttosto comune. L’incomunicabilità e il senso di isolamento che ne derivano possono essere in qualche modo aggirati?
La risposta è sì: esistono alcune parole appartenenti ad altre lingue che ci consentono di descrivere sensazioni ed emozioni a cui non riusciamo a dare un nome, ma anche di indicare tipi di persone o particolari aspetti della natura.
Per esempio, in giapponese esiste una parola proprio per indicare un "disturbo" che siamo sicuri accomuni buona parte di noi lettori: l’accumulo compulsivo di libri spesso destinati a non essere letti. In islandese hanno un nome anche le giornate di sole invernali, splendide ma troppo fredde per uscire. Persino l’odore della terra quando piove ha un suo nome.
Volete scoprire quali sono? Ecco le parole intraducibili più belle dal mondo.

Parole dal mondo: le più belle e intraducibili

Per semplificare la consultazione del nostro elenco, abbiamo diviso le più belle parole dal mondo in quattro categorie: Natura, Emozioni, Azioni, capacità e abitudini e Persone.

Natura

Petrichor (inglese): l’odore della terra inaridita quando piove.
Komorebi (giapponese): l’effetto della luce del sole quando filtra tra le foglie degli alberi.
Gökotta (svedese): svegliarsi all’alba per uscire ad ascoltare il primo canto degli uccelli.
Gluggaveður (islandese): traducibile letteralmente in "tempo da finestra", indica quelle giornate invernali bellissime, in cui fa troppo freddo per uscire.
Hanyauku (Rukwangali, un dialetto africano Bantu): camminare in punta di piedi sulla sabbia calda.
Hoppípolla (islandese): saltare nelle pozzanghere.
Schilderwald (tedesco): quando una strada è piena di cartelli stradali e non si capisce nulla. Letteralmente significa "selva di cartelli stradali".
Yakamoz (turco): il riflesso di luna sull’acqua.
Gufra (arabo): la quantità d’acqua che può contenere una mano.

Emozioni

Fernweh (tedesco): traducibile letteralmente come "nostalgia dell’altrove", indica il desiderio nostalgico di essere in qualche altro posto lontano.
Hiraeth (gallese): nostalgia malinconica, profondo desiderio di qualcosa o rimpianto per la propria terra e il proprio passato.
Saudade (portoghese): malinconia, ricordo nostalgico di qualcosa di mancante, accompagnato dal desiderio di poterlo rivivere o possedere. È etimologicamente connesso a solitudine e saluto.
Mono no aware (giapponese): la forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura e della vita umana. È una sensazione dolceamara, legata anche alla nostalgia per la consapevolezza che tutto è in costante mutamento.
Waldeinsamkeit (tedesco): la sensazione di sentirsi come quando si è soli in un bosco, solitudinaria e contemplativa.
Iktsuarpok (inuit): l’ansia dell’attesa, la sensazione che ti spinge a guardarti intorno per vedere se qualcuno sta arrivando.
Wabi-Sabi (giapponese): visione del mondo fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose e l’accettazione del naturale ciclo di vita e morte che governa il mondo.
Hygge (danese): il sentimento di conforto e serenità di chi all’improvviso si sente a casa.

Azioni, capacità e abitudini

Cafuné (portoghese brasiliano): passare le dita tra i capelli di una persona amata.
Mamihlapinatapai (yamana, lingua indigena della Terra del Fuoco): guardarsi reciprocamente negli occhi in attesa che l’altro faccia qualcosa che entrambi desiderano, ma che nessuno osa fare per primo.
Tiam (farsi): lo scintillio negli occhi al primo incontro.
Nunchi (coreano): la capacità di ascoltare e interpretare le emozioni altrui, non solo empaticamente, ma sfruttando le competenze necessarie per comunicare efficacemente.
Tingo (pascuense): chiedere in prestito e non restituire, rubando così a uno a uno gli oggetti del proprio vicino.
Tsundoku (giapponese): l’abitudine frenetica e compulsiva di comprare libri senza poi trovare il tempo o la voglia di leggerli.
Bibliosmia (inglese): la sensazione che si ha quando si annusa il particolare profumo dei libri.
Mencolek (indonesiano): fare uno scherzo a qualcuno toccandogli la spalla opposta rispetto a quella a cui siamo accanto.
Jugaad (hindi): saper trovare soluzioni non convenzionali, improvvisando con le proprie conoscenze e gli strumenti disponibili.
Tartle (scozzese): il momento di imbarazzo in cui dovremmo presentare una persona a qualcuno ma non ce ne ricordiamo il nome.
Kalsarikännit (finlandese): dedicarsi alle proprie attività preferite in piena comodità, sul divano, in pigiama o vestiti confortevoli, sorseggiando un alcolico.
Utepils (norvegese): la prima birra che si beve all’aperto, in una giornata tiepida e soleggiata.
Age-otori (giapponese): quando, usciti dal parrucchiere, stiamo peggio di quando siamo entrati.

Persone

Pochemuchka (russo): chi fa troppe domande, come i bambini quando chiedono insistentemente "perché?".
Struisvogelpolitiek (olandese): traducibile letteralmente come "politica dello struzzo", indica chi sceglie di far finta di niente (di mettere, appunto "la testa sotto la sabbia"), come se non si fosse accorto di qualcosa di grave successo.
Shlimazl (yiddish): uno sfortunato cronico.
Ilunga (Tshiluba, Repubblica del Congo): una persona ben disposta a perdonare una prima volta, tollerante la seconda, senza pietà alla terza.
Kyōiku mama (giapponese): madre che spinge pressantemente i figli perché abbiano ottimi risultati a scuola.

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Commenti: 1

  • Fatima Mocci
    15 luglio 2020, 01:46

    Meraviglia! Grazie.

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