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Significato di parole, proverbi e modi di dire

20 parole italiane in via di estinzione: quali sono e cosa significano

Molte parole italiane stanno scomparendo dal nostro lessico: scopriamo cosa significano per poter contribuire al loro salvataggio.

Federica Privitera
Federica Privitera Pubblicato il 01-02-2020
20 parole italiane in via di estinzione: quali sono e cosa significano

Ogni giorno pronunciamo centinaia di parole e ne usiamo altrettante per comporre i nostri messaggi sui social o su WhatsApp. Ma di quante parole è costituito il lessico, cioè il bagaglio di termini di cui comprende il significato, di un parlante italiano? È stato calcolato che un italiano conosce, in media, 7 mila parole. Queste sono costituite dal lessico fondamentale, cioè da tutte le parole di cui ci serviamo quotidianamente, da quelle che ci capita di usare soltanto in determinati contesti (per esempio la terminologia specifica usata sul luogo di lavoro) e di quelle di cui conosciamo il significato ma che raramente usiamo.

Proprio tra queste si trovano le parole più obsolete e desuete della lingua italiana che il vocabolario Zanichelli ha deciso di salvaguardare sia con l’iniziativa #ParoleDaSalvare, che con la scelta di inserire un piccolo fiorellino accanto al lemma in via di estinzione sul vocabolario cartaceo. Una bella presa di posizione per sensibilizzare quanto più possibile l’opinione pubblica e i lettori forti su un tema sensibile e, sotto certi aspetti, affettivo che riguarda la salvaguardia dell’inestimabile patrimonio della nostra lingua.

Le parole in via di estinzione da salvare

Se hanno meritato il fiorellino parole come afoso, spocchia, pedante, boria, denigrare, insigne, solerte o tiritera che, a una prima occhiata, non sembrano così desuete come in realtà sono, cosa dire delle 20 parole in via di estinzione che vedremo tra poco insieme, indicandone il significato tratto dal dizionario Treccani?
Scopriamole e vediamo cosa significano in modo da avere gli strumenti giusti per poterle usare nei nostri dialoghi:

  1. abbacinare: accecare avvicinando agli occhi un bacino arroventato, come forma di antico supplizio; privare per un tempo più o meno lungo della funzione visiva, o ridurla notevolmente; illudere, attrarre ingannevolmente, stordire.
  2. alea: rischio, sorte incerta.
  3. buonamano: mancia che si dà in aggiunta del prezzo pattuito per un servizio.
  4. culaccino: parte terminale di salami, salsicce e anche la parte inferiore di un cetriolo, accanto al gambo; ciò che resta nel fondo di un bicchiere o di altro piccolo recipiente; segno che lascia un recipiente bagnato sul luogo dov’è stato posato.
  5. eristico: (aggettivo) contenzioso.
  6. facondia: facilità e abbondanza di parola.
  7. frusto: logoro, consunto.
  8. gaglioffo: di persona buona a nulla, sciocca e ignorante o goffa.
  9. girandolare: girare qua e là senza un fine determinato, girellare, aggirarsi; fantasticare, farneticare.
  10. granciporro: errore madornale, strafalcione.
  11. imbolsire: diventare fiacco, perdere energia e vigore.
  12. lapalissiano: ovvio, evidente, detto di una verità o di un fatto talmente manifesti e naturali che sarebbe ridicolo enunciarli.
  13. misoneista: chi ha in odio ogni novità.
  14. preconizzare: annunciare in pubblico solennemente; predire, preannunciare, profetizzare.
  15. prodromo: circostanza, fatto, indizio che precede e annuncia il manifestarsi di un altro fatto o fenomeno; introduzione a un’opera.
  16. sagittabondo: che lancia sguardi amorosi;
  17. sciamannato: disordinato, sciatto negli abiti, nella persona e nel portamento.
  18. segaligno: persona magra,asciutta.
  19. sgarzigliona: fanciulla prosperosa;
  20. smargiasso: chi si vanta di qualità che non ha e di poter fare cose di cui non è capace.

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Una volta conosciuto il significato delle parole della lingua italiana in via di estinzione, non resta altro che armarsi e combattere affinché non scompaiano davvero dalle nostre conversazioni. Fare questo non significa essere misoneisti (per restare in tema!) e rinunciare all’arricchimento del lessico con i neologismi o con i prestiti dalle altre lingue: una lingua è un essere vivente in continua crescita e sarebbe anacronistico pensare di tarparne le ali in nome della conservazione dell’antico. Tuttavia le parole italiane, che hanno reso splendida la nostra letteratura, meritano di essere salvate e solo noi possiamo salvaguardare questo patrimonio dal valore inestimabile.

Conoscere altre parole il cui uso non è frequente ma che è importante salvare?

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 20 parole italiane in via di estinzione: quali sono e cosa significano

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Commenti: 12

  • Daniele Angelini
    2 febbraio 2020, 09:19

    Penso che considerare la lingua parlata attuale (quindi sia lessico, sia modi di dire che espressioni, sia immaginario "linguistico") come una lingua diversa da quella che parlavano i nostri antenati nell’Ottocento o prima, non sia un errore, ma c’è da capire che l’italiano non sta morendo con l’estinzione dei lemmi più desueti. In primis direi che molte parole stanno acquisendo differenti sfumature di significato (per cui prima di usavano parole specifiche), per cui si comprende il loro senso solo in relazione al contesto; poi però, in opposizione alla perdita di alcuni lemmi, c’è l’arricchimento della lingua con neologismi o calchi che derivano da altre lingue (talvolta dall’inglese o dal tedesco, ma anche dallo stesso italiano o latino). Il lessico italiano quindi non sta morendo né crescendo: si sta semplicemente evolvendo.
    Un italiano può vedere l’evoluzione linguistica come un male o come un bene. A chi la vede come un male direi di che l’evoluzione linguistica è avvenuta tramite i grandi romanzi, poemi o poesie che oggi vengono "apoteosizzati" per il loro stile e la lingua e sono considerati il retto esempio linguistico italiano, ma c’è da capire che l’attualmente tanto avversata evoluzione linguistica, nel passato è avvenuta proprio grazie ad essi ed al popolo. A chi pensa che l’evoluzione linguistica sia un bene, direi che io penso piuttosto che sia normale: come è avvenuta sempre, anche oggi sta avvenendo l’evoluzione; ma sarebbe pienamente in errore dimenticare tutto quel patrimonio culturale che è la lingua italiana, quindi piuttosto che combattere l’evoluzione con il ritorno, proporrei di accettare i cambiamenti linguistico e cominciare a considerare l’italiano come una vera forma d’arte.

  • Daniele Angelini
    2 febbraio 2020, 09:23

    Penso che considerare la lingua parlata attuale (quindi sia lessico, sia modi di dire che espressioni, sia immaginario "linguistico") come una lingua diversa da quella che parlavano i nostri antenati nell’Ottocento o prima, non sia un errore, ma c’è da capire che l’italiano non sta morendo con l’estinzione dei lemmi più desueti. In primis direi che molte parole stanno acquisendo differenti sfumature di significato (per cui prima di usavano parole specifiche), per cui si comprende il loro senso solo in relazione al contesto; poi però, in opposizione alla perdita di alcuni lemmi, c’è l’arricchimento della lingua con neologismi o calchi che derivano da altre lingue (talvolta dall’inglese o dal tedesco, ma anche dallo stesso italiano o latino). Il lessico italiano quindi non sta morendo né crescendo: si sta semplicemente evolvendo.
    Un italiano può vedere l’evoluzione linguistica come un male o come un bene. A chi la vede come un male direi che l’evoluzione linguistica, in passato, è avvenuta tramite i grandi romanzi, poemi o poesie che oggi vengono "apoteosizzati" per il loro stile e la lingua e sono considerati il retto esempio linguistico italiano, ma c’è da capire che l’attualmente tanto avversata evoluzione linguistica, nel passato è avvenuta proprio grazie ad essi ed al popolo. A chi pensa che l’evoluzione linguistica sia un bene, direi che io penso piuttosto che sia normale: come è avvenuta sempre, anche oggi sta avvenendo l’evoluzione; ma sarebbe pienamente un errore dimenticare tutto quel patrimonio culturale che è la lingua italiana, quindi piuttosto che combattere l’evoluzione con il ritorno, proporrei di accettare i cambiamenti linguistici e cominciare a considerare l’italiano desueto come una vera forma d’arte.

  • Anonimo
    2 febbraio 2020, 09:30

    I prodromi dell’imbolsimento del nostro lessico qui preconizzato, l’alea cupa che grava su questi tempi, é lapalissiano, chiamano a pugna. Abbacinati dai giriporri che si odono ogni dove, manco fossimo frusti gaglioffi, privi di qual facondia e ridotti a smargiassi culaccini, occorre girandolare con animo aperto e non misoneista nelle meraviglia della nostra lingua. Ne riceveremo qual buonamano maggior gaudio. SGARIGLIONA SAGGITABONDA

  • Pietro
    2 febbraio 2020, 13:17

    La lingua è organismo vivo e inestinguibile che nel tempo perde qualche lemma, qualche tipica espressione o qualche parola. Viene a mancare la diretta relazione del significato con la cosa o con le abitudini espressive ormai trapassate. La cosa che non verrà mai meno nella lingua è il carattere evolutivo. Ciò comporta spesso dover abbandonare termini che, automaticamente, risulteranno desueti od obsoleti, ma la lingua è viva e si arricchisce di altri termini e significati che danno continuità all’organismo, al corpus linguistico conferendogli perenne novità e vita senza fine.

  • Daniele Rodriguez
    2 febbraio 2020, 15:20

    Leggo la vostra nota sulle 20 parole in via di estinzione. Trovo che alcune di esse (cito a memoria: alea, abbacinare, prodromo, frusto, preconizzare, lapalissiano, segaligno) siano di uso abbastanza comune. Altre di quelle da Voi segnalate sono francamente desuete. Sono curioso di conoscere con quali criteri esse sono state da Voi selezionate. Ringrazio e porgo distinti saluti

  • danilo
    2 febbraio 2020, 17:37

    stirato=senza soldi, finire i soldi

  • Svetlana Savina
    2 febbraio 2020, 18:31

    Sono d’accordo con il autore. Anche nel uso quotidiano si scopre sempre il nuovo nel vecchio .
    La parola fa verbo, verbo fa storia

  • dario46
    2 febbraio 2020, 23:51

    FRUSTO = CONSUNTO, LOGORO forse è il caso di correggere

  • massimo solaroli
    6 febbraio 2020, 15:27

    Le voci:
    2-4-7-8-11-13-18-20 per me sono quasi di uso comune, almeno se capita un argomento che le suggerisce, le uso...

  • Paganelli Enrico
    11 aprile 2020, 22:23

    Due premesse: a)complimenti al genio, purtroppo anonimo, che ha scritto il proprio commento usando tutte le 20 parole in estinzione indicate. b) ci sono osservazioni sulla lingue che personalmente non ho mai trovate in alcun testo. Per esempio: La lingua inglese, che viene considerata lingua germanica, contiene più del 60 % di parole di origine latina e greco-latina. Questo non tanto per la dominazione romana ma per la dominazione francofona durata la bellezza di 400 anni. A partire dall’anno 1.066 ( vedi Guglielmo detto il conquistatore.) E per ns fortuna in Francia non si parlavano più le antiche lingue ( ma un’ottima lingua romanza). Purtroppo nella lingua inglese moltissime parole di origine latina sfuggono all’attenzione dei più perché sono trasformate dalla ortografia, dalla pronuncia , dalle crasi e contrazioni. per esempio la parola : Bus ( autobus) deriva dalla desueta parola italiana : Omnibus che era un Pullman ( sto facendo lo spiritoso) che era un mezzo di trasporto pubblico trainato da cavalli. Si dice, invece, che nella lingua italiana ci sono molte parole ENTRATE per via delle numerose dominazioni straniere. Ma non si dice abbastanza. Non saprei dire la percentuale di questi barbarismi. So che è alta ma, come succede con tutto quello che ci arriva dalla lingua inglese , la possiamo considerare una colonizzazione di ritorno . Ad esempio : Computer da computare ( fare conti), digitale da digit ( dito), format ( forma ) . Apro a caso un dizionario e leggo: altimeter, altitude, alto ( music. e tutti i termini musicali), altuism , altuist, aluminium, alveolus e posso proseguire con centinaia di lemmi. apro a caso più avanti : command, commander, commandment,commando, to commemorate , commemoration, commemorative , to commence, commencement, to commend, commensurate, comment, commentary, commerce, commercial ecc. ecc. ovviamente molte di queste parole hanno una parola corrispondente in versione germanica e ciò fa della lingua inglese una lingua molto ricca. C’è da dire che gli appartenenti alla Upper class , prediligono l’uso delle parole di origine greco-latine. Tornando al tema bisogna dire che la lingua è come un organismo vivente . Rer questo le parole che sono le cellule di questo organismo nascono e muoiono. Non c’è da piangere ne da fare grandi funerali. Le parole basilari non muoiono perché contengono ,concetti semantici e la saggezza dell’umanità. Faccio un esempio con due parole molto simili e molto usate: Amore e innamoramento. Ci sono autori che hanno scritto numerosissimi volumi per cercare di spiegare la differenza tra questi termini. LA LINGUA LO FA con poche locuzioni. Amore tenero, amore materno, amore disinteressato ecc. : Innamorato, pazzo ,perdutamente innamorato o follemente innamorato. La lingua ha detto tutto. L’ innamorato in preda alla sua passione si allontana ( pensate ad un elettrocardiogramma) dalla linea dell’equilibrio. Detto così già è una diagnosi ma , se dico è uno squilibrato ( che è la stessa cosa ) diventa, potenza della lingua, una sentenza. Conclusione : Ci sono parole che ci addolora vederle morire, perché ci sono care come " i nostri cari". Ma la loro fine è ineluttabile. C’è un solo modo per farle continuare a vivere : USARLE.

  • Ester
    23 aprile 2020, 17:07

    Credo non ci sia miglior modo di accorgersi dell’evoluzione di una lingua che esserne privato per un certo periodo di tempo. Sono assente dall’Italia da quasi cinquant’anni. Circa trent’anni fa ho smesso di ricevere programmi televisivi italiani. Dieci anni dopo ho potuto di nuovo ricevere la RAI, e mi sono accorta che una parola, comunissima, stava sparendo dall’uso comune: migliore. Oramai, “preferisco la pasta al riso perché è più buona” sembra perfettamente accettabile anche da persone “colte”. E dire che a scuola me l’avrebbero sottolineata in rosso e blu!!

  • Giuseppe
    29 luglio 2020, 13:37

    Forse perché son vecchio ma, a parte tre parole, tutte le altre le utilizzo ancora, sia per iscritto che oralmente. Perciò non avevo consapevolezza del rischio di estinzione.
    Credo, tuttavia, che il rimedio non sia, non principalmente almeno, quello di impegnare una ristretta comunità ad utilizzare più spesso queste ed altre parole desuete. Il rimedio più efficace credo sia investire di più e meglio in cultura: nella scuola, innanzitutto, e poi nel linguaggio dei media e dei social.

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