Settembre, il mese degli inizi, volge al termine cedendo il passo a ottobre che, con la sua luce crepuscolare, annuncia l’imminenza dell’inverno. Lo canta Cristina Campo in questa malinconica poesia dal titolo Ottobre, in cui l’autunno appare come un’epifania all’ombra dell’ultimo sole.
L’incedere della stagione autunnale è raccontato da Campo, il cui vero nome era Vittoria Guerrini, tramite la ritualità dei gesti umani: l’atto del ripiegare i vestiti estivi si fa annunzio di un mutamento. Ottobre, nei versi della poetessa, arriva con dolcezza, senza portare sconvolgimenti né rivoluzioni: lo si intuisce appena nell’avanzare dell’ombra nella luce più tenue di un pomeriggio.
Ottobre lo percepiamo nel cigolio malinconico delle altalene, lì dove terminano i giochi vorticosi dei bambini e pare già affacciarsi un’età più matura, adulta, e allora a svanire nell’oscurità pare essere l’ultimo lembo di infanzia.
La poesia è contenuta nella prima raccolta poetica di Cristina Campo dal titolo Passo d’addio (dicembre 1956, Scheiwiller), l’esordio della poetessa a trentatré anni.
Nelle Lettere a Mita, Cristina Campo lo definiva “un esile e cristallino libriccino”; nella brevità dei componimenti, scritti con un linguaggio scarno ed essenziale, sono tuttavia contenute delle visioni di ineffabile grazia, come dimostra questa poesia.
Il poetico ritratto di ottobre intessuto da Cristina Campo si trasfonde in una ricerca di Bellezza che tende all’Assoluto e riflette, in parte, anche l’attitudine appartata e schiva della stessa poetessa che nelle lettere all’amica Margherita Pieracci, detta Mita, scriveva:
[…] vi sono ore, momenti… Come stasera questo andante di Mozart, che sa tutto e dice tutto – quello che non vorremmo fosse saputo e detto
Ritroviamo questa attitudine personalissima alla rivelazione anche nei versi ispirati della poesia Ottobre. Vediamone più approfonditamente testo e analisi.
“Ottobre”: la poesia d’autunno di Cristina Campo
Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l’ultimo canto nelle altane
dove sole era l’ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bacca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.
“Ottobre” di Cristina Campo: analisi e commento
Dolce ottobre, dice in maniera evocativa Cristina Campo immaginando il nuovo mese planare dall’alto e discendere sui nidi come una rondine o un pettirosso, un uccello che si fa annunciatore della stagione nuova.
Il movimento rituale di apertura - le mani che ripiegano i vestiti, bianchi come la luce e come il passato - si fa riflesso del moto invisibile del tempo che guida i giorni in una successione interminabile, fa sì che si susseguano uno dopo l’altro in una congiuntura quasi alchemica. La trama temporale giace nel profondo dei versi, ne costituisce l’intelaiatura stessa: c’è un movimento continuo anche se lento, non repentino, che porta verso il futuro.
Il futuro indugia nella corolla rugiadosa della rosa che si abbandona al suo languore, sta sfiorendo piano mentre accanto a lei cresce una bacca rossa, simbolo della stagione nuova. L’autunno ha il sapore di quella bacca, osserva Cristina Campo in una conclusione quasi sinestetica, è un sapore dolceamaro che infine si rivela in un’immagine ossimorica: “sorridenti addii”.
Il contrasto attraversa gli ultimi versi della poesia con un’evidenza sconcertante e insistita: si può sorridere quando si dice addio? Gli addii sono velati di pianto, ma non nella danza dove Il passo d’addio (che appunto dà il titolo alla raccolta di Campo) è l’ultimo passo di danza compiuto dalla ballerina prima di lasciare l’accademia.
Dunque l’addio inteso come il “passo del congedo”, il congedarsi di una stagione dall’altra, l’inizio di qualcosa di nuovo, il che presuppone un cambiamento.
Il nuovo si inserisce tuttavia nel ritmo arcaico e rituale degli eventi, nei gesti che si protraggono nel tempo, ammantando ogni cosa di una patina antiquata, eppure mai superata del tutto.
Utilizzando un altro ossimoro potremmo dire che Ottobre dà voce al “nuovo che ritorna”.
Come scriveva Cristina Campo sempre nelle celebri - e bellissime - Lettere a Mita:
Lasci al tempo la memoria, questo suo unico possesso e non tolga al passato questa veste bianca, se pure l’oggi le sembri nudo e scheletrico. Non conosciamo le alchimie dei giorni - né come incontreremo in futuro ciò che abbiamo abbandonato alle spalle.
Le composizioni della prima raccolta di Cristina Campo, Passo d’addio, sono undici e seguono la cadenza temporale dei dodici mesi, sebbene con un arrotondamento per difetto. L’armonia mancata si ripercuote nei versi, nei quali vibra una nostalgia che ne riflette la pienezza irrisolta, l’incedere di un’assenza nella presenza.
Così è Ottobre che si affaccia nel buio precoce di un pomeriggio con la calma accogliente di un nido e il languore di una rosa che reclina il capo dinnanzi a un presagio d’inverno.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ottobre” di Cristina Campo: una poesia d’autunno
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