

Intorno al 1914, poco prima della devastante esperienza della guerra, una serata di primavera a Parigi, dove al momento risiede, offre a Giuseppe Ungaretti l’occasione per comporre Notte di Maggio, una poesia tanto breve quanto intensa, intrisa di nostalgia per la città natale, lasciata ormai da molti anni.
Le luci che illuminano la capitale francese, infatti, gli ricordano Alessandria d’Egitto, dove è nato l’8 febbraio del 1888. La vena malinconica c’è, ma non mancano la fede e la speranza.
Analizziamo il testo nei suoi aspetti principali.
“Notte di Maggio”: testo della poesia
Il cielo pone in capo
ai minareti
ghirlande di lumini.
“Notte di Maggio”: metrica e figure retoriche
Notte di Maggio è una lirica composta da un’unica breve strofa.
Due sono le figure retoriche presenti:
- personificazione: "il cielo" in quanto associato a “pone”
- iperbato: poiché la collocazione giusta delle parole sarebbe “Il cielo pone ghirlande di lumini in capo ai minareti”.
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“Notte di Maggio”: il ricordo e la nostalgia per Alessandria d’Egitto e l’infanzia


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Il linguaggio ridotto all’essenziale, quasi criptico, tipico della poetica ungarettiana, ci costringe a un lavoro di interpretazione né facile né scontato per comprendere appieno il significato profondo di Notte di Maggio. Questa poesia brevissima, infatti, altro non è che la personale descrizione di un ricordo che, riaffiorando improvvisamente alla mente, provoca un’intima sensazione di nostalgia e di rimpianto.
Il componimento si dipana e si esaurisce in una sola immagine, ma fortemente evocativa come sempre accade in Ungaretti: una qualsiasi notte parigina rischiarata dalle luci dei lampioni stimola nel poeta una riflessione interiore che lo riporta indietro nel tempo, a quando era bambino.
Non è chiaro se Maggio sia il mese in cui il poeta scrive o che rievoca, ma di certo lo scenario che ha di fronte gli rammenta Alessandria d’Egitto, dove è nato da genitori toscani, vista dall’alto. Le stelle sembrano ghirlande di luci con le quali il cielo, umanizzato, circonda la città, simboleggiata dai minareti delle moschee. Un palpabile velo di malinconia avvolge l’insieme, che tuttavia appare sereno e pervaso da un dolce senso di tranquillità e di appagamento.
Si può supporre che Alessandria rappresenti per Ungaretti la spensieratezza dell’infanzia e l’amore della famiglia d’origine; impossibile che il pensiero e il cuore non siano corsi al padre Antonio, che lo lasciò orfano quando aveva solo due anni, e alla madre Maria Lunardini, che lo crebbe da sola con dedizione e fatica. Si avverte una leggera inquietudine nei versi di Notte di Maggio, ma attraversata e oltrepassata da una consapevole sensazione di pace e da un’armonia formale che, evidentemente, rispecchia lo stato d’animo dell’autore nel momento in cui scrive.
Nella sua brevità, questa poesia ci lascia un messaggio di grande positività e speranza e cioè che "tornare a casa" è più facile di quanto crediamo, anche quando essa è fisicamente lontana. Basta poco per recuperare e riassaporare le atmosfere familiari a noi tanto care che erroneamente riteniamo di aver perduto per sempre, anche affacciarsi alla finestra in una tiepida notte di maggio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Notte di Maggio”, la poesia di Ungaretti sulla nostalgia e la memoria
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