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Recensioni di libri

Non ci salveranno i melograni di Maristella Lippolis

Ianieri edizioni, 2019 - Laura, avvocato romano,nel giorno di un’udienza per una separazione, assiste al suicidio della sua cliente. La donna decide così di fuggire dalla città per trascorrere un periodo di vacanza solitaria in una piccola isola della costa dalmata.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 18-03-2019
Non ci salveranno i melograni

Non ci salveranno i melograni

  • Autore: Maristella Lippolis
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2019

Pubblicato per la prima volta nel 2004, a dieci anni dalla guerra balcanica scoppiata nel 1991, questo intenso e coinvolgente romanzo di fantasia di Maristella Lippolis, viene ora ripubblicato per una sua nuova stringente attualità delle tematiche affrontate.
La scrittrice, convinta che “anche dai romanzi possono arrivare parole utili a leggere il presente”, in "Non ci salveranno i melograni" racconta una storia singolare, quella di Laura, avvocato romano con un passato affettivo irrisolto, che in un giorno di udienza per una separazione, assiste impotente al suicidio della sua cliente che si getta nel vuoto proprio davanti ai suoi occhi increduli. La donna decide di fuggire dalla città per trascorrere un periodo di vacanza solitaria in una piccola isola della costa dalmata, davanti a Dubrovnik. Vuole ritrovare se stessa, indagare la propria anima, trascrivere su un quaderno i tanti pensieri inquieti che la sommergono; dopo qualche giorno di esplorazione dell’isola, scopre l’esistenza di un piccolo villaggio semideserto, Soline, dove una donna anziana, Vera, il cui marito è scomparso un giorno senza dare più notizie, continua le sua esistenza fatta di una ruvida quotidianità: prepara qualche piatto per i turisti, cucina, risparmia, sopravvive.

Laura prende una decisione coraggiosa: lascia l’albergo e si stabilisce da Vera, in cambio di un piccolo contributo, comincia a condividere la vita di Vera, fatta di scarse parole, di odorose frittate, di fichi, di pane fatto in casa. Il figlio della donna, Goran, abita a Dubrovnik e con la sua barchetta giunge talvolta a visitare la madre, incuriosito dalla presenza di Laura e diffidente nei suoi confronti. Presto però le minacce di guerra si fanno sempre più vicine e tra Goran e Laura nasce una vicinanza, un’attrazione fisica, un desiderio reciproco di ascolto, di accoglienza, di protezione.
Quando Laura decide di trascorrere altri mesi nell’isola e va nella bianca e bellissima Dubrovnik per comprare abiti per l’inverno che incombe, trascorre con Goran momenti di verità: si aprono l’uno all’altra, si raccontano inquietudini e paure, lui si chiede quale sia il suo posto nella guerra insana e fratricida ormai prossima, lei riflette sui veri motivi profondi che la trattengono in quella terra che non è la sua, di cui non conosce neppure la lingua. Vedere i due protagonisti fare l’amore con passione e disperazione, al buio, privi di speranze, consapevoli che la loro storia non può avere futuro, già divisi malgrado i corpi intrecciati, in balia della grande Storia che sta per travolgerli, nell’indifferenza dell’Europa intera, è l’immagine più struggente di questo romanzo.

I melograni che fioriscono nel piccolo terrazzo di Goran, in alto sulla città bianca dal passato glorioso, non riusciranno a salvare gli uomini dalla follia che hanno scatenato, una guerra etnica insana, inaccettabile, fra persone che dopo la fine della Seconda guerra mondiale avevano ricostruito un’unità politica vivendo pacificamente gli uni vicini agli altri, a prescindere dall’etnia e dalla religione: serbi, croati, bosniaci, musulmani, spesso parenti o amici. Laura, nelle sue lunghe giornate solitarie, tra mare e cielo, in mezzo alla rigogliosa vegetazione isolana, continua le sue riflessioni che affida alle pagine del suo quaderno:

È stupefacente come la scrittura sia capace di compiere questo genere di miracolo, far riaffiorare alla coscienza pensieri che non sapevi nemmeno di avere e che se ne stavano lì nascosti in qualche angolo buio, troppo difficili per essere pensati.

In effetti la scrittura è molto importante nella costruzione di questo libro: vi sono molte pagine nelle quali l’autrice affida i pensieri dei suoi personaggi alle lettere: Laura scrive dall’isola alla sua amica per spiegare le ragioni della sua fuga; Goran scrive a Laura riflettendo sulla loro breve storia, sui motivi oggettivi per i quali, pur essendosi amati, non possono permettersi di costruire un futuro insieme. Laura continua a scrivere tutto ciò che sta vivendo, visto che non ha con sé altro che le immagini di quanto ha vissuto nei tre mesi trascorsi sull’isola, lunghi come una vita intera. E dietro di loro la follia della guerra balcanica, che ha concluso drammaticamente il secondo millennio devastando città, persone, amori, amicizie, in un luogo così vicino a noi, le terre sull’altra sponda dell’Adriatico, che per secoli hanno fatto parte della nostra storia identitaria.
Laura alla ricerca di sé, della madre perduta, del suo posto nel mondo, di un amore difficile. Nella lettera di congedo di Goran, che la saluta per l’ultima volta, le parole più attuali di questo libro pieno di tensione emotiva, di grande umanità, risuonano come un monito per noi tutti in un’Europa al centro di una nuova e difficile crisi di valori:

Molte città hanno avuto i loro barbari alle porte. E ogni volta era in gioco la sopravvivenza e la dignità, la capacità di resistenza. Ma oggi qui colpiscono città famose per essere i luoghi della mescolanza delle razze e delle culture, dell’incontro e dello scambio, della convivenza, dove è normale vivere senza chiedersi a quale etnia appartiene il tuo vicino. Luoghi che sono così da secoli e che oggi rappresentano un pericolo per chi crede alla nazione pura.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Non ci salveranno i melograni

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