Fernando Pessoa ci ha dato la definizione più fedele per indicare la luce gialla, epifanica, suprema e totalizzante della città di Lisbona: la luce perfetta ed esatta.
La vediamo manifestarsi in una poesia contenuta nella raccolta Il custode delle greggi, attribuita all’eteronimo Alberto Caeiro.
Si intitola Nei giorni di luce perfetta ed è, a tutti gli effetti, una lirica metafisica che cerca di indagare la realtà assoluta al di là del dato fragile, soggettivo, dell’esperienza sensibile. Pessoa strappa il “velo di Maya” e coglie il mondo oltre la forma, nella sua vera sostanza.
La luce perfetta cantata dal poeta portoghese è una sorta di svelamento, ciò che ci mostra il vero, la realtà per quello che veramente è. Alla visione nitida delle cose si accompagna una domanda assoluta: “Cos’è la bellezza?”.
La poesia di Pessoa diventa così analisi complessa, filosofica, in cui la lucidità diventa una forma di anti-ragionevolezza, liberazione dalla gabbia della soggettività data dall’inconscio, un tentativo di superamento dell’onirico. Lo stesso Fernando Pessoa si sdoppia, si triplica, si frammenta in una miriade di personalità, suggerendoci che una “vita sola” non basta, una singola percezione non è sufficiente per entrare nel cuore segreto delle cose. Da qui la pluralità degli eteronimi: Alberto Caeiro, il cantore dei giorni di “luce perfetta ed esatta”, è uno di questi.
Ritornano numerosi temi cari al poeta dell’Inquietudine, tra cui il significato escatologico della poesia
“Nei giorni di luce perfetta” di Fernando Pessoa: testo
A volte, nei giorni di luce perfetta ed esatta,
Nei quali le cose hanno tutta la realtà che possono avere,
Domando a me stesso piano
Perché mai attribuisco io
Bellezza alle cose.Un fiore per caso ha bellezza?
Ha bellezza per caso un frutto?
No: ha colore e forma
E solo esistenza.
La bellezza è il nome di una cosa qualunque che non esiste
Che io do alle cose in cambio del piacere che mi danno.
Non significa nulla.
Allora perché dico io delle cose: sono belle?Sì, anche a me, che vivo solo di vivere,
Invisibili, vengono a me le menzogne degli uomini
Di fronte alle cose,
Di fronte alle cose che semplicemente esistono.Che difficile essere se stessi e non vedere se non il visibile!
“Nei giorni di luce perfetta” di Fernando Pessoa: analisi e commento
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Nella poesia che apre la raccolta nella quale la poesia è contenuta, Alberto Caeiro si definisce un “guardiano di greggi”. Scrive: “sono un guardiano di greggi, il gregge è i miei pensieri”. Vediamo questo pastore che si corica nell’erba, rimane sdraiato e avverte tutto il proprio corpo immerso nella realtà. Non possiamo prescindere da Sono un guardiano di greggi (nell’originale Soy un guardador de rebaños, Ndr) per comprendere appieno il significato di Nei giorni di luce perfetta.
Nella poesia di apertura, Alberto Caeiro, l’eteronimo di Pessoa, scrive che:
Pensare un fiore è vederlo e odorarlo
e mangiare un frutto è saperne il senso.
“Il gregge è nei miei pensieri”, specifica Caeiro e subito aggiunge: i miei pensieri sono tutte sensazioni. Filosoficamente parlando, in questa lirica si esprime il tentativo di porre in relazione fenomeno e noumeno, ovvero dato sensibile e realtà assoluta. Lo stesso procedimento viene applicato sistematicamente in Nei giorni di luce perfetta, in cui si manifesta l’intenzione trascendente, di passare dal dato sensibile, esperienziale, alla realtà assoluta, mostrando la discordanza tra i due concetti.
Nella famosa Lettera sulla genesi degli eteronimi, datata gennaio 1935, Pessoa si focalizzava su Alberto Caeiro definendolo il “mio Maestro”. È l’unico eteronimo a morire, proprio perché a lui solo è dato di percepire l’esistenza nella sua essenza, nel suo grado zero, come ci dimostra l’affermazione insita nella poesia Il mistero delle cose:
Sì, ecco ciò che i miei sensi appresero da soli: –
Le cose non hanno significazione: hanno esistenza.
Le cose sono l’unico senso occulto delle cose.
La manifestazione di Caeiro, nel racconto che ci offre Pessoa, è indissociabile dalla sua esperienza poetica, in particolare dalla nascita della raccolta in questione Il pastore di greggi.
L’ispirazione narrata da Pessoa, così descritta, sembra quasi derivare da una fonte divina, da una sorgente mistica:
Un giorno […] – era l’8 marzo 1914 – mi sono accostato ad un alto comò e, preso un foglio di carta, ho iniziato a scrivere, in piedi, come sempre scrivo ogni volta che posso. E ho scritto più di trenta poesie di seguito, in una specie di estasi la cui natura non riuscirei a definire. È stato il giorno trionfale della mia vita e non potrò mai averne un altro così. Ho iniziato con un titolo, O Guardador de Rebanhos (“Il pastore di greggi”). E quanto è seguito è stata la comparsa di qualcuno in me, a cui ho dato subito il nome di Alberto Caeiro.
Mistica e divina è anche la poesia de Il pastore delle greggi, che pare essere ispirata al paganesimo: una poesia bucolica, campestre, in cui il panismo - l’immedesimazione uomo-natura - c’è, è presente, eppure non trionfa. Lo stesso Caeiro si definisce pagano nella poesia che si fa profezia e annuncio della sua morte, in cui è evidente la simbiosi con il mondo naturale:
Se morirò molto giovane, udite questo:
Non fui altro che un bambino che giocava.
Pagano fui come il sole e l’acqua
La luce perfetta di cui parla Pessoa sembra essere un’illuminazione trascendente, qualcosa che travalica la realtà come è comunemente intesa per mostrarci la ferita che soggiace sotto la superficie; ricorda l’affermazione di Virginia Woolf secondo cui la bellezza del mondo è una lama a doppio taglio, ci mostra due volti: uno di gioia, l’altro di angoscia.
La bellezza, conclude in maniera analoga Pessoa, è:
“Il nome di una cosa qualunque che in realtà non esiste”.
Siamo giunti così al massimo livello di trascendenza: la luce perfetta ed esatta ha rivelato la menzogna del reale, il poeta è colto nel mezzo della sua “smarginatura” (per dirla in termini ferrantiani): il mondo esce dai margini consueti in una sorta di vertigine, per la prima volta mostra il proprio vero volto, è un’epifania di consapevolezza. Questo grado di consapevolezza è raggiunto soltanto da Alberto Caeiro, colui cui è dato esperire il ritmo naturale delle cose, cogliendo la verità intima contenuta nell’attimo fuggente della vita, pur avendo coscienza dell’horror vacui sotteso alla fragile ed effimera trama della realtà.
Nei giorni di luce perfetta è una poesia metafisica e la massima espressione del pensiero caeriano. Nell’ultimo giorno della sua vita, narrato nella poesia È Forse, Alberto Caeiro saluta il sole: la semantica della luce è onnipresente, è costante, la sorgente segreta che ha alimentato la forza della sua voce poetica. Paradossalmente il “Fiat Lux” di Pessoa è anche, e forse soprattutto, rivelazione del Nulla. La luce, proprio come nella Creazione narrata nella Genesi, segna il ritorno all’ordine, la risoluzione del caos originario; ma non è detto che la sua funzione sia salvifica. La luce costringe il poeta a vedere la menzogna degli uomini, Nei giorni di luce perfetta ed esatta, si manifesta la trappola tangibile della nostra mortalità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Nei giorni di luce perfetta”: metafisica e poesia in Fernando Pessoa
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