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Recensioni di libri

Lo scorpione dorato di Marika Campeti

AUGH Edizioni, 2020 - I destini di due donne, Chiara e Beyan, tanto diverse tra loro si incrociano nella drammaticità degli eventi della vita. Lo scorpione dorato è un romanzo che colpisce il cuore, una lettura che emoziona fin dalle prime pagine e che racchiude nelle storie narrate delle protagoniste il dolore, al quale non c’è mai fine, profondo e lancinante del lutto, della povertà, della fame, delle ingiustizie.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 12-01-2021

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Lo scorpione dorato

Lo scorpione dorato

  • Autore: Marika Campeti
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2020

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I destini di due donne, Chiara e Beyan, tanto diverse tra loro, si incrociano nella drammaticità degli eventi della vita. Lo scorpione dorato è un romanzo che colpisce il cuore, una lettura che emoziona fin dalle prime pagine e che racchiude nelle storie narrate delle protagoniste il dolore, al quale non c’è mai fine, profondo e lancinante del lutto, della povertà, della fame, delle ingiustizie. La nostra impotenza di lettori diviene affanno alla lettura di soprusi e sevizie a una ragazzina, Beyan, le cui ferite della vita racconteranno il genocidio del suo popolo; e sofferenza nel sentire sulla nostra pelle il dolore di una madre, Chiara, che ha perso la sua unica figlia.

Non è stato facile, afferma l’autrice, scrivere questo libro, ma la sua è stata una necessità per una storia che potesse raccontare una realtà lontana dalla nostra, che ci ostiniamo a non vedere. Marika Campeti, romana, laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo, ha pubblicato poesie e racconti e il suo secondo romanzo Lo scorpione dorato è risultato tra i finalisti dell’ultima edizione del Premio Letterario Città di Ladispoli.

Lontani dal nostro benessere migliaia di civili, donne, anziani, bambini, sfuggiti ai bombardamenti della guerra sostano tra tendopoli e accampamenti ai confini di Paesi inospitali, spinti a diventare esuli nella speranza di poter sopravvivere con le loro famiglie. Un limbo infernale dal quale solo alcuni riusciranno ad andare via. Le associazioni umanitarie ricordano a noi tutti le persone che vivono quotidianamente questa emergenza, come Support and Sustain Children, la cui presidente Arianna Martini in questo bellissimo romanzo diviene una delle protagoniste raccontando l’orrore dimenticato.

È in uno dei campi profughi siriani in Turchia che le storie di Chiara e Beyan si intrecceranno. Chiara ricorda perché non si era più laureata, aveva conosciuto Alberto e se ne era perdutamente innamorata, poi il lavoro, il matrimonio, gli impegni di moglie, la sua vita perfetta. È cosciente della sua solitudine, delle cure nella comunità e dell’abbandono del marito. Gli uomini a volte allontanano il dramma da loro, dalla propria famiglia divenuta un ambiente di dolore, da una casa senza più voci e senza più luci, dalla morte di un figlio che separa, rifugiandosi tra le braccia di un nuovo amore. La paura, quello stato d’animo costante, Chiara la conosce bene, ha dovuto farci i conti: la morte della sua piccola Serena, la fine del suo matrimonio, la fuga da Roma, la perdita del lavoro. Non si attenua né nella sua mente né nel suo cuore. Uno scorpione dorato nei sogni invade i suoi sensi facendola soffocare. “Da dove proviene e perché vuole vederla morire!” E poi quel senso di vuoto che le riempie il petto, un malessere e l’ansia per cui anche i risvegli non le giovano più. La sua sofferenza è continua, ossessiva e l’ha resa una donna smarrita, confusa, vulnerabile e fragile. Il dolore non passa, ma si trasforma. Ritorna con la mente al ricordo della vacanza a Istanbul, dove tutto ebbe inizio, il viaggio desiderato con Alberto e Serena. Giorni indimenticabili per la bellezza dei luoghi, delle strade, dei mercati e dei loro profumi. E poi quella mattina all’aeroporto pronti a rientrare, gli spari, il trambusto, i corpi a terra, e Serena che non c’era.

La giovane Beyan, profuga curda, conosce l’orrore già da bambina. Soprusi, violenze fisiche, l’incendio della sua casa, la fuga dal villaggio, Istanbul e l’arrivo al campo profughi con la piccola Roj, una bambina sottratta a chi le avrebbe fatto del male. Per tutti era “la ritardata dall’aspetto di una donna con il sorriso di una bambina”; ogni mattina sostava tra le strade di Istanbul affollate di turisti e studenti, con il suo carretto carico di simit, ciambelle di farina profumate con semi tostati, tra il canto del muezzin che invadeva la piazza e il mare grigio dello stretto del Bosforo ai suoi occhi affascinate e tenebroso. Il sorriso era la chiave per vendere il pane ai passanti, con il suo volto così particolare, buono e con i suoi occhi a mandorla. La paura, con la quale era cresciuta, l’aveva nel tempo saputa allontanare. Come quando andò via con Roj, in un autobus lontano da Istanbul, l’una accanto all’altra, come sorelle. E come una sorella vorrebbe per lei un destino non di miseria, lontano dagli stenti e dalle condizioni disumane del campo dove si sono rifugiate, dove si deve lavorare fuori dalle recinzioni per un po’ di ortaggi, dove gli aiuti internazionali sembrano non bastare, dove le medicine per curare tutti sono insufficienti e dove le bambine vengono date in sposa a uomini avanti negli anni, o spariscono nel nulla per il mercato degli organi. Lo scorpione dorato è un romanzo intenso, doloroso, di coraggio in una dura realtà, intimo nel saper raccontare in punta di piedi uno strazio profondo, ma anche ricco di sentimenti del bene, dell’altruismo, nel quale molti saranno gli spunti per una riflessione etica e attenta sul nostro mondo e sulle nostre vite. Consigliato!

Lo scorpione dorato

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lo scorpione dorato

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