La Signora del borgo di Ennio Valtergano

“La Signora del borgo” che dà il titolo al libro (edito da Bastogi nel 2009) è l’archetipo dell’eterno femminino personificato nel nome di Eliside. Proprio dall’incontro della giovane Giselle con questa figura quasi mitica prende il via un intreccio geograficamente collocato nell’Italia centrale. Giselle, che impara da Eliside a curare con le erbe, si fa tramite di una tradizione arcana e di una nuova idea della donna, finché la sua eresia culturale si confonde all’eresia religiosa per l’azione subdola di un magistrato del luogo. Alle note di giallo lasciate da un assassino misterioso si uniscono quindi le lingue di fuoco evocate dalla Santa Inquisizione. Don Costanzo, che indaga su una serie di omicidi, non esita infatti a coinvolgere i tribunali della Chiesa pur di dar corso al proprio concupiscente tornaconto.

È un libro a tre dimensioni per la capacità dell’autore di rendere plastici paesaggi e caratteri; è un’opera di formazione ed è studio criminale; è storia d’amore non solo per la passione di coppia ma anche per l’impellenza spirituale che vuole trascenderla; al contempo è romanzo storico per la puntualità con cui sono restituiti usi e costumi di un Rinascimento in boccio. Infine è finalmente letteratura, con uno stile classico e scorrevolmente lieve nonostante le 400 e più pagine. Ogni lettrice si sentirà un po’ Giselle, ma affascinano anche Corinda, nobile di casta quanto nel cuore, Claretta, dalla passionalità ruspante ma conformista, Lucrezia, illuminata sposa di commerciante, e perfino l’inquisitore, anomalo rispetto all’opinione moderna ma profondamente uomo nell’officio cui lo chiama la sua veste. Con loro, tutti gli altri personaggi anche minori, ma tanto vividi da assurgere a tipi, valgono a Ennio Valtergano il merito di aver colto l’insegnamento del miglior neorealismo cinematografico italiano.