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Storia della letteratura

“La Befana” di Guido Gozzano: una poesia per l’Epifania

Arriva l'Epifania che, come da tradizione, tutte le feste porta via. Ma per i bambini c'è in serbo un'ultima magia: la Befana. Guido Gozzano in questa poesia ci racconta la vecchina che porta “chicche e doni” guardandola con gli occhi innocenti (e perduti) dell'infanzia.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 05-01-2023
“La Befana” di Guido Gozzano: una poesia per l'Epifania

Arriva l’Epifania che, come da tradizione, “tutte le feste porta via”. Ma per i bambini c’è in serbo un’ultima magia: la Befana. Guido Gozzano in questa poesia ci racconta la vecchina che porta “chicche e doni ai bambini buoni”, guardandola con gli occhi innocenti e pieni di stupore dell’infanzia.

Diciamo la verità: la Befana ci è sempre stata un po’ antipatica. Innanzitutto perché in quelle calze colorate metteva immancabilmente anche del carbone, occasione irrinunciabile per i nostri genitori per fare una ramanzina “Eh, il carbone quest’anno te lo sei meritato!”; e poi perché il giorno dopo iniziava la scuola e l’Epifania si trascorreva invariabilmente tra i compiti da finire all’ultimo minuto, con annesso l’irrinunciabile rimprovero annuale di mamma e papà. Si trattava quindi di una festività breve e malinconica che ben poco aveva a che fare con la magia sfavillante del Natale.

Guido Gozzano nella sua poesia ci restituisce però la visione dell’Epifania come doveva essere un tempo, nelle case povere in cui le calze ancora si appendevano sopra il camino, e l’arrivo della vecchina a bordo della scopa rappresentava l’attesa occasione per mangiare qualche dolciume, un po’ di cioccolata, e cedere ai proibitissimi peccati di gola. Forse a noi, bambini viziati del ventunesimo secolo abituati a vedere ciotole piene di caramelle e leccornie ogni giorno, questa aspettativa era sconosciuta: non comprendevamo la bellezza del dono. Gozzano riesce invece a rivelarci tutto il potenziale simbolico e magico delle calze della Befana che, d’un tratto, si riempiono di “chicche e doni” e a farci percepire, tra le righe, tutta la nostalgia per l’infanzia ormai perduta, per quello sguardo limpido, bambino, che si posava sulle cose con uno stupore fresco come un risveglio.

La Befana di Guido Gozzano appartiene alla raccolta postuma Le dolci rime, pubblicata dai Fratelli Treves nel 1935. Si tratta di una delle poesie per bambini che Gozzano scrisse tra il 1905 e il 1913, poi raccolte dalla madre Diodata Mautino in un’edizione posta sotto la sua curatela in cui si proponeva di tutelare la memoria del figlio, scomparso troppo presto a causa della tubercolosi.
Nella poesia di Gozzano il mondo dell’infanzia rivive con la nostalgia di una patria ormai perduta fatta di mamme e bambini, di giocattoli, filastrocche, cioccolata e anche della magia palpabile delle festività che scompare con l’età adulta.

Scopriamo testo, analisi e commento della poesia La Befana.

“La Befana” di Guido Gozzano: testo

Discesi dal lettino
son là presso il camino,
grandi occhi estasiati,
i bimbi affaccendati
a metter la scarpetta
che invita la Vecchietta

a portar chicche e doni
per tutti i bimbi buoni.
Ognun, chiudendo gli occhi,
sogna dolci e balocchi;
e Dori, il più piccino,
accosta il suo visino
alla grande vetrata,
per veder la sfilata
dei Magi, su nel cielo,
nella notte di gelo.
Quelli passano intanto
nel lor gemmato manto,
e li guida una stella
nel cielo, la più bella.

Che visione incantata
nella notte stellata!
E la vedono i bimbi,
come vedono i nimbi
degli Angeli festanti
ne’ lor candidi ammanti.
Bambini! Gioia e vita
son la vision sentita
nel loro piccolo cuore
ignaro del dolore.

“La Befana” di Guido Gozzano: analisi e commento

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La Befana di Guido Gozzano ha il ritmo vivace e incalzante di una filastrocca, tuttavia nasconde un tono malinconico, una tristezza velata, che si insinua tra le righe e stringe il cuore in una morsa. Sembra una poesia per bambini, in realtà è una poesia per adulti perché parla della “magia perduta dell’infanzia”. È questo il vero tema della lirica di Gozzano che trova la propria rappresentazione nella figura emblematica - e fantastica - della Befana.

Nelle prime strofe ci viene narrato, come in un racconto in rima, il senso d’attesa fremente provato dai bambini che aspettano l’arrivo della vecchina a cavallo della scopa, già pronta a riempire le case di doni. Ci sono le calze appese al camino, ma soprattutto un’atmosfera magica, palpabile, che pervade ogni cosa come polvere fatata. L’attesa dei doni riempie le menti dei bimbi di sogni e favole, accresce la loro meraviglia. Sembra di vederli, con i nasini appiccicati ai vetri e lo sguardo rivolto al cielo nella speranza di intravedere qualcosa - una traccia, una scintilla, un manico di scopa - ed esser così partecipi della magia.

Gozzano, proprio come nella celebre La Notte Santa in cui narra la Natività, lega la poesia La Befana al significato religioso dell’Epifania: l’arrivo dei Re Magi. È il loro viaggio quello che i bambini scorgono nei loro sogni incantati: i tre Magi che portano i doni al bambino divino guidati dalla stella. Il parallelismo è simbolico: proprio come il bambino nato in una capanna anche i piccoli in attesa riceveranno dei doni. L’infanzia viene mostrata nel suo intatto splendore, per cui ogni “bambino buono” è come Gesù bambino.

Nel finale emerge il sentire malinconico del poeta: la notte stellata brilla nel cielo come un incantesimo perché è tale il suo splendore riflesso nello sguardo stupito dell’infanzia.

E la vedono i bimbi,
come vedono i nimbi
degli Angeli festanti

“E la vedono i bimbi” indica una capacità ormai perduta - una visione propria dell’infanzia e dunque ormai irraggiungibile - che il poeta cerca di recuperare attraverso le parole. Solo l’immaginazione dei bambini, infatti, riesce a far comparire l’aureola dorata sopra il capo degli angeli: la rima baciata bimbi/nimbi istituisce la stretta e intima connessione tra i bambini e le creature angeliche.
Ma quello sguardo puro, intatto, aperto alla meraviglia svanisce nell’età adulta, perché - come sottolinea Gozzano nel finale - “il loro piccolo cuore è ignaro del dolore” mentre quello degli adulti no. Quando si spezza l’incanto? Questa sembra essere la domanda sottesa negli ultimi versi: una domanda che tuttavia non trova risposta se non nella malinconia struggente per quella visione perduta della vecchina che portava “chicche e doni” viaggiando a cavallo di una scopa in una notte magica, pervasa di polvere di stelle.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La Befana” di Guido Gozzano: una poesia per l’Epifania

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