L’unica storia
- Autore: Julian Barnes
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2018
Abbiamo quasi tutti un’unica storia da raccontare. Non voglio dire che nella vita ci capiti una cosa sola; al contrario, gli avvenimenti sono tantissimi, e noi li trasformiamo in altrettante storie. Ma ce n’è una sola che conta, una sola da raccontare alla fine. E questa è la mia.
Con queste parole si apre “L’unica storia” il recente romanzo di uno fra i più conosciuti ed apprezzati scrittori inglesi contemporanei, Julian Barnes.
Le vicende si svolgono nell’arco di quasi cinquant’anni, una vita quindi e sono raccontate con malinconia mista sia a forte sentimento sia a distacco. Le vicende sono narrate da Paul, diciannovenne pieno di vita che, nei primi anni Sessanta, incontra, nel circolo di tennis della propria cittadina, la quarantottenne Susan, sposata e madre di due figlie ormai grandi. A dividerli quasi trent’anni o… nulla.
Paul e Susan si ritrovano prima compagni di gioco sul campo, poi sempre più vicini e uniti. Il loro rapporto è comunque assai particolare: nonostante quell’intensa relazione sia, in quegli anni, condannata dal perbenismo del tempo ancor più per il grande divario di età fra i due, i protagonisti vivono il loro amore con intensità ed entusiasmo.
Il romanzo è diviso in tre parti: all’inizio è il giovane Paul a raccontare, in prima persona, con trasporto e intensità, il proprio sentimento. Nella seconda, il periodo più maturo, Paul si esprime con maggior distacco. Si giunge, nell’ultima parte, alla narrazione degli eventi in terza persona per enfatizzare meglio che tanto è cambiato, che Paul non è più quel ragazzo così coinvolto nelle vicende. È diventato colui che le vede con maggior obiettività e, purtroppo, con amarezza e distacco.
Nello svolgersi dei fatti molto cambia: le prime parti del romanzo contengono coinvolgenti descrizioni di un Paul giovane, con la sua passione, le sue elucubrazioni sulla natura dell’amore e il coraggio di osare. È la seconda parte la più intensa e travagliata del romanzo: Paul e Susan sempre insieme, ma ora maggiormente divisi dalla vita quotidiana. Condividono molto, ma si separano ogni giorno di più:
Con la tua stilografica perché mi odi.
Ecco le parole che Susan verga sul diario che Paul inizia a tenere quando tante si fanno le difficoltà: in fondo lui in quell’amore aveva creduto davvero ed è impreparato a vedere Susan completamente presa da una passione che la distruggerà. Non è un altro uomo, neppure l’amore per le figlie a dividerli. C’è ben altro e si tratta di qualcosa d’imprevedibile e, in questo come in altri casi della vita, d’insormontabile. Tutto appare triste e orribilmente vero: un resoconto definitivo di come l’amore romantico possa, per gli eventi della vita, perder pian piano colore e significato.
E poi il finale: non è certo da favola sebbene la storia sia intessuta di puro sentimento, permane un senso di melanconia cui Barnes ci ha abituati con “Il senso di una fine” e gli altri suoi romanzi: come nel libro vincitore del Man Booker Prize la storia si snodava in decenni, lo stesso avviene ne “L’unica storia”, narrazione dagli eventi assai diversi, ma legata al romanzo pluripremiato da una rivisitazione del passato, da un senso di tristezza, che non può esser cancellata, perché le sconfitte in amore sono sempre amare.
Quel che caratterizza però questa storia è l’attenta e sentita descrizione di come l’animo umano reagisca nei vari stadi della vita e di come un uomo sappia lottare, anche se inutilmente, per il proprio amore. Non rimane quel rimorso presente in altri romanzi di Julian Barnes: Paul è, nella terza parte, consapevole che la sua Susan era, per una dipendenza che sfocia in malattia, non più recuperabile e non pensa di aver lasciato qualcosa in sospeso.
Anche se libero dai tormenti, Paul è un uomo che ha sofferto e che così scrive di sé nel racconto:
Ciascuno ha la sua storia d’amore. Anche se è stata un fallimento, anche se si è ormai spenta o non è mai riuscita a partire, o se dal principio era tutta e solo mentale, questa non la rende meno vera. È l’unica storia.
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