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Recensioni di libri

Il senso di una fine di Julian Barnes

Einaudi, 2012 - Attraverso l’io narrante Tony, Barnes ci disegna un ritratto umano in tutta la sua complessità interiore, un mesto intrico di sentimenti e di stati d’animo descritti con grande capacità espressiva. Una riflessione introspettiva sul filo della memoria.

Arcangela Cammalleri
Arcangela Cammalleri Pubblicato il 03-08-2012

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Il senso di una fine

Il senso di una fine

  • Autore: Julian Barnes
  • Casa editrice: Einaudi
  • Anno di pubblicazione: 2012

Romanzo di reminiscenze letterarie e intuizioni filosofiche da Stefan Zweig a Philip Larkin a Flaubert fino a Frank Kermode da cui Barnes trae il titolo, Il senso di una fine (Einaudi, 2012) ruota intorno ai temi esistenziali quali dare un senso al modo in cui diamo un senso al mondo e al tempo personale, quello autentico che si misura in funzione del nostro rapporto con i ricordi.

Sul filo della memoria secondo la tecnica del flashback, il protagonista Tony Webster ripercorre i fatti salienti della sua vita passata in una sorta di riflessione introspettiva e di bilancio del suo vissuto giovanile. La lettera di un avvocato che gli annuncia l’eredità di una piccola somma di denaro e del diario del suo amico Adrian Finn squarcia un sipario oscuro, pieno di zone d’ombra che ottenebrano il suo animo acquietato da una vita metodica e mediocre. Un uomo senza qualità, nella media sin dai tempi del liceo: medio all’università e sul lavoro, medio in amicizia, lealtà e amore, medio, senza dubbio, anche nel sesso. Medio nella vita e adeguato alla realtà della vita, sottomettendosi all’ineluttabile, aveva rinunciato a vivere e aveva smesso di analizzare la vita per prenderla come veniva.

Tony Webster comincia a provare un sentimento tra il vittimismo e l’odio per se stesso - riguardo alla sua esistenza in generale: aveva perso gli amici di gioventù; aveva perso l’amore di sua moglie; aveva rinunciato ai sogni di una volta; aveva chiesto alla vita di non turbarlo troppo ed era stato accontentato ( e che miseria ne era derivata). Tutto il contrario di Adrian che aveva visto le cose con più chiarezza, o almeno, forse…era così. Alla malinconia adolescenziale entro la quale si crogiolava il gruppo di amici Alex, Colin e Tony convinti che fosse una reazione al male di vivere, utilizzavano espressioni come “Weltanschauung” e “Sturm und Drang”, piaceva loro dire che una cosa era filosoficamente tautologica e che il dovere primario della forza creativa fosse la trasgressione, lui, Adrian guardava oltre, spaziando su orizzonti più vasti. Dotato di intelligenza non solo astratta, ma anche applicativa e di cultura superiore, aveva letto libri ignoti al gruppo, che lo ammirava e ne contendeva il privilegio di esserne ciascuno l’amico più caro. Egli sentiva di più la vita, gli veniva naturale riordinare le idee e usare il cervello come un atleta usa i muscoli, la sua capacità di guardarsi dentro, di assumere posizioni etiche e di agire di conseguenza. Per Adrian la vita non è affatto all’altezza della sua fama, non è solo fatta di somme e sottrazioni, c’è anche l’accumulo, la moltiplicazione delle perdite, dei fallimenti. Tony si ritrova invaso da una serie di ricordi nuovi, come se, per un attimo, il tempo avesse ingranato la retromarcia, come se, per un attimo, il fiume risalisse la corrente, un succedersi di periodi ipotetici e di costatazione che ognuno di noi contiamo sull’approvazione degli altri per costruire la propria approvazione di sé. La versione del suo rapporto con Veronica era rimasta quella che gli conveniva allora. Un giovane cuore tradito, mortificato, una versione univoca e cristallizzata nel tempo, come se la storia fosse fatta solo dalle menzogne dei vincitori e non anche delle illusioni dei vinti. Ma quando sono in gioco le nostre vite private ce ne ricordiamo abbastanza? La nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato.

Attraverso l’io narrante Tony, Barnes ci disegna un ritratto umano in tutta la sua complessità interiore, un mesto intrico di sentimenti e di stati d’animo descritti con grande capacità espressiva. Nelle paratassi della struttura sintattica si declinano ad alto livello stilistico i dissidi della natura umana.

Julian Barnes è nato a Leicester nel 1946. Tra le sue opere Einaudi ha in catalogo: Una storia del mondo in 10 capitoli e ½, Oltremanica, England, Amore, ecc, Amore, dieci anni dopo e Arthur e George. Il senso di una fine è risultato vincitore del più importante premio letterario di lingua inglese, il Man Booker Prize 2011.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il senso di una fine

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