L’ultima estate in città
- Autore: Gianfranco Calligarich
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2016
Sono strani, a volte, i percorsi editoriali delle opere letterarie. Questo romanzo di Gianfranco Calligarich, L’ultima estate in città, è stato pubblicato per la prima volta nel 1973 e poi dimenticato; è risorto grazie a una nuova pubblicazione nel 2010 (e di nuovo è scomparso); è stato infine ripubblicato (da Bompiani) nel 2016.
Il protagonista, Leo Gazzarra, approda a Roma, in treno, da Milano. A cercare fortuna, si diceva una volta. Ma Leo è uno sconfitto che spesso neppure combatte, uno che vive di avanzi, di ciò che gli altri hanno lasciato dietro di sé o scartato: l’appartamento, che una coppia di amici gli consente di abitare in un periodo in cui si trasferisce in Messico; la vecchia Alfa ‒ sempre dei suoi amici temporaneamente espatriati ‒ con cui si muove per Roma e se ne allontana in cerca del mare, presenza forte nella sua vita e anche nella sua storia familiare; il cibo, anche quello avanzato, che va cercando nelle trattorie della capitale.
Il mare, gli amici, le sbronze, la povertà, le donne e in particolare una, Arianna, di cui nel suo modo tortuoso si innamora, senza mai saperlo dire, senza riuscire a vivere il suo sentimento, i lavori precari e quelli che abbandona: di questo è fatta la vita di Leo. Solitudine, dipendenza dall’alcol, inerzia, insonnia sono le sue compagnie. La storia con Arianna è una storia di non incontro, la storia di due persone che si cercano senza trovarsi se non quando è troppo tardi, quando, guardando al passato, riescono a dire di essersi amate.
La stagione più dura da sopportare, a Roma, sembra essere l’estate.
“Venne agosto, il mese nero. Sotto un sole di morte la città era deserta, le strade vuote e le risonanti piazze lastricate ricoperte di uno strato di polvere rovente. Scarseggiava l’acqua e le fontane si sgretolavano mostrando tutti i segni della loro vecchiezza, con le riparazioni di gesso e ciuffi d’erba gialliccia che premevano dalle crepe. I gatti si nascondevano all’ombra delle automobili e solo verso il tramonto la gente cominciava a uscire dalle case per riunirsi intorno alle bancarelle delle angurie, aspettando il vento. I giornali dicevano che era l’estate più calda degli ultimi dieci anni”.
E ancora:
“Il mare prendeva il colore delle perle. C’era una gran tristezza nella fretta con cui le giornate si accorciavano. Come a voler rimediare qualcosa di irrimediabile. Con struggimento pensai a settembre, quando la ferocia dell’estate si sarebbe placata”.
Il senso di morte è sempre presente in una storia disperata che tuttavia non è cupa. Niente patetismi, nella scrittura di Calligarich: una delle scene più commoventi, quella in cui il padre di Leo guarda in silenzio il figlio che va via sul treno, è narrata con straziante sobrietà.
Roma, la Roma ancora memore della dolce vita, accoglie Leo come accoglie tutti, lo abbraccia e lo vezzeggia con la più assoluta indifferenza verso la sua sorte; quando se ne rende conto, Leo prova nostalgia per la sua Milano grigia e affidabile.
“Pensavo a Milano. Avevo voglia di un po’ di quella vita seria e un po’ ottusa che si viveva nella mia tetra città. Ero stanco di battute e di salotti dove si uccideva senza spargere sangue, a secco, come se gli uomini fossero dei vestiti”.
E, per un momento, Leo fugge verso il passato, scorgendo, non visto, i suoi genitori, colti in un momento di tenera quotidianità alla quale si sente estraneo, alla quale non appartiene più.
Le pagine forse più toccanti sono quelle in cui compare l’amico Graziano Castelvecchio, regista alcolizzato, vessato dalla ricca moglie americana: è forse questo il legame più vero e profondo che Leo ha a Roma.
La storia finisce dove è naturale che debba finire: nel mare, grande culla, grande madre.
“Penso che tutto tende al mare. Il mare che tutto accoglie, tutte le cose mai riuscite a nascere e quelle morte per sempre. Penso al giorno in cui il cielo si aprirà ed esse, per la prima volta o ancora una volta, riacquisteranno la loro legittimità”.
L'ultima estate in città
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