L’ultima corvè
- Autore: Darryl Ponicsan
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2019
La storia è questa, non so se vi dice qualcosa: due marinai di carriera – un nero e un bianco, due tipi tosti, in transito a Norfolk – si beccano una corvè: devono scortare fino alla prigione di Portsmouth, un giovane marinaio condannato a otto anni per un furto da niente. Il pischello si chiama Larry Meadows e non può certo definirsi una lenza, i due assegnati alla sua scorta invece sono Billy Buddusky detto Badass e Mule Mulhall e alla faccia dell’incarico facile facile, forse il destino sta tendendo loro un tranello. Ve lo chiedo di nuovo: questa trama vi dice qualcosa? No, perché se vi fa venire in mente L’ultima corvè, il film di Hal Ashby con Jack Nicholson nei panni di Badass, ci avete preso in pieno. Quello di cui sto per parlare è il romanzo L’ultima corvè da cui è stato tratto con apprezzabile fedeltà. Lo ha scritto Darryl Ponicsan, si legge d’un fiato, è datato 1970 e dopo quasi mezzo secolo esce per la prima volta in Italia per le Jimenez edizioni (traduzione di Gianluca Testani).
Come direbbe qualcuno, tutto molto bello: film, romanzo, iniziativa e traduzione. Negli anni Settanta una fetta di scrittori americani si mise in testa di raccontare l’altra faccia del sogno americano (la guerra del Vietnam era al suo acme) per cui venivano spesso fuori romanzi di questo tipo: anti-sistema, on the road, zeppi del puzzo di strada, scazzottate per un nonnulla, stazioni di autobus, notte, birra, libertarismo tardo-hippy. Romanzi che a leggerli ti viene da pensare mamma mia come ce ne sarebbe ancora bisogno di romanzi così.
L’ultima corvè è una brillante espressione di controcultura americana: i toni sono leggeri, lo slang credibile e sottotraccia avverti come un’inquietudine. Hai come l’impressione che nei cinque giorni assegnati per portare a termine la missione, prima o poi qualcosa andrà storto ai tre picari in divisa da marinaio. Sarà che il tragitto lungo la est coast degli Stati Uniti è lungo quanto basta per cacciarsi nei guai, sarà perché i due tipi tosti di cui sopra si sono affezionati al sempliciotto (peraltro affetto da cleptomania, dunque colpevole senza vera colpa) e tra alcol, baldorie e deviazioni di percorso gliele fanno passare tutte. Sarà anche che i tempi erano quelli che erano e se a un certo punto uno si stufava di divise e signorsì, poteva mandare tutto a farsi benedire.
Per non rovinarvi la sorpresa finale non mi addentro ulteriormente nei dettagli. Estrapolo piuttosto, dalle pagine del romanzo, la seguente conversazione in quanto indicativa: a) del senso ultimo della storia; b) della felicità dialogica – e, più in generale, di scrittura - di Darryl Ponicsan. L’estratto si trova a pag. 151. Ci sono Badass e Mule, il bianco e il nero, che parlano tra di loro. La sera prima si sono sbronzati, e adesso, appena svegli sono davanti la tv:
Billy dice: “Dannazione, perché mi viene da patteggiare sempre per i cattivi, i rifiuti della società che probabilmente venderebbero la propria madre per una birra? Perché io non posso far parte del mondo rispettabile? Chi sono i rispettabili della società? Dimmelo, Mule, così per una volta posso patteggiare per loro”.
“E’ proprio una gran rottura di coglioni”
Il servizio è seguito da due spot pubblicitari, uno dietro l’altro. Tre donne si dichiarano con entusiasmo felici che abbiano raggiunto il borace nel Fab perché così viene tutto più bianco, persino le macchie di sangue. E’ evidente come nelle loro vite sia sta raggiunta un’importante pietra miliare.
Il secondo spot mostra due uomini e una donna che, separatamente, descrivono i loro particolari mal di testa e la rapidità con cui Excedrin li fa passare.
“Eccole là” dice Mule, “le persone rispettabili. Le volevi”.
“Come faccio a patteggiare per loro” dice Billy. “Non ce la possiamo fare, Mule. Siamo in licenza e stiamo marcendo qui, e Larry e lì a Portsmouth con un nodo alla gola, e questi coglioni si preoccupano che i loro vestiti del cazzo vengano bianchi e che i loro stupidi mal di testa passano. Io e te, noi non ce la possiamo fare”.
Una pagina dietro l’altra L’ultima corvè è un romanzo così. Un romanzo feroce e tenero come sa esserlo la vita alle sue svolte.
L'ultima corvè
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