L’infinito non è adesso
- Autore: Alessandro Lanini
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Andrea e Alice sono due ventisettenni di una città imprecisata. Mentre lui fa il commesso di una libreria, lei è pronta a partire per New York per prendere servizio in un prestigioso museo. Entrambi, benché giovani, sono già annoiati dalla vita, in un mix tra delusione e rabbia. Le loro esistenze sono vacue in una realtà che non li rispetta, non ne riconosce i valori, le capacità, non concede le opportunità. Per non correre il rischio di accontentarsi, sono alla ricerca di un’occasione di svolta nella loro vita. Mentre Andrea ambisce a diventare un prestigioso fotografo, Alice decide di andarsene e cambiare vita. Tuttavia, il primo continua a barcamenarsi tra improbabili colloqui, mentre la ragazza, a causa di un eccezionale fenomeno meteorologico, rimanda la propria partenza. Le loro esistenze restano quindi lì, sospese nel tempo e nello spazio, in attesa che qualcosa accada. O forse, che non accada.
L’infinito non è adesso (Porto Seguro, 2019), opera prima di Alessandro Lanini (classe 1986), ha il sapore del mistero. Dell’attesa. Ma ha anche il sapore dell’incertezza ed è questo il pregio più importante del libro. I protagonisti, come detto, rimangono “sospesi”, ed è proprio nel dubbio delle loro esistenze che si centra il principale interesse del lettore. Fin dalle prime pagine, sappiamo che Alice e Andrea si piacciono. Si intravedono ogni giorno (ma da quanti giorni, questo non è dato saperlo) al bar del Segnalibro, la libreria presso la quale lui lavora, e sembrano intenzionati da un momento all’altro a rompere il ghiaccio. Ma quando accadrà? Come accadrà? E soprattutto, accadrà?
Il nodo della questione sta tutto in queste poche e semplici domande, interrogativi con cui l’autore, pagina dopo pagina, incalza continuamente, sollecitando la curiosità del lettore. Andrea e Alice, già dopo poco tempo, ci appaiono come degli amici intimi, personaggi reali con i quali abbiamo sviluppato talmente tanta empatia che ci dispiace lasciarli soli, interrompendo la lettura. Viene quindi naturale domandarsi spesso “come andrà a finire”, visto che il senso di immedesimazione con entrambi è viscerale e immediato (e la tecnica del racconto in prima persona appare, oltre che una chiara scelta stilistica, anche come una strategia furbescamente programmata). Prendere le distanze dalle vicende dei due giovani è assai difficile per non dire impossibile: contribuisce a questo una narrazione snella, rapida, semplice, che mescola abilmente pensieri e parole e che, come si trattasse di una sceneggiatura dove “si scrive ciò che si vede” (e si pensa) lascia veramente poco all’immaginazione. Una narrazione estremamente imperniata sulla vita di tutti i giorni, dove si mescolano gaffe, problemi lavorativi, amori affranti, sane abitudini casalinghe, palestre mal frequentate, serie TV e social network. Proprio quest’ultimi assumono, con lo scorrere della vicenda, una rilevanza sempre maggiore e, per quanto le conseguenze relative a un loro abuso siano abbastanza prevedibili, la critica nei confronti del “sistema” (il “virtuale” che non lascia campo a una propria intimità) funziona davvero. Non ha uguale impatto (ma non è questo un difetto grave, trattandosi di un esordio) la critica, meno velata e più retorica, nei confronti della meschinità del mondo del lavoro, dato che gli sfoghi personali dei protagonisti, nelle ultime pagine, appaiono un po’ forzati. Probabilmente sarebbe stato sufficiente “mostrare”, cioè raccontare già quanto la vita di una lavoratore precario/disoccupato possa essere oggi difficile per essere altrettanto efficaci.
Sussiste poi, per tutta la durata del racconto, un’ironia di fondo assolutamente portante, marchio di fabbrica dell’autore e del suo pensiero, fatta di freddure, metafore, giochi di parole e deliziosi rimandi citazionistici. La risata si annida dietro l’angolo e questo non fa altro che favorire la lettura, aumentandone il piacere dopo ogni capitolo. Ci sono momenti straordinari di divertimento, che trattano l’imprevedibilità della vita di ogni giorno (l’esperienza di Andrea con la vendita porta a porta, culminata con rocambolesca fuga e seguita dalla cena di addio al celibato è una saggio di comicità imperdibile) per arrivare alle “malattie social” (la Brush Challenge dell’amico Mark è tanto inquietante quanto esilarante), ma anche vezzi e abitudini di tutti i giorni: il sapore di un abbraccio non sarà più lo stesso da quando si scopre il significato di “Friuli Venezia Giulia”, così come la categoria di chi ama addormentarsi col phon non sembra più sconosciuta agli occhi del mondo.
Attenzione però a non confondere l’ironia con l’eccessiva leggerezza: per quanto la battuta sia praticamente onnipresente all’interno del libro, le suggestioni che lascia non sono sempre confortanti, ma rimandano a un umorismo dal vago sapore pirandelliano che, per definizione, incute un po’ di malinconia. Si pensi ad esempio al momento in cui, all’inizio del racconto, Andrea viene licenziato: lo sguardo si concentra su un pezzetto di cartone, messo sotto la scrivania, senza il quale traballa. Una metafora pungente su quanto sia gretta e opportunista la società odierna, pronta ad abbandonarti subito dopo averti spremuto fino al midollo. L’anima dell’autore si vede, si sente e si percepisce al di là delle risate e di quei (pochi) momenti “seri” che emergono nella narrazione in tutta la loro potenza e simbolismo.
Se la figura del fotografo Giancarlo, che "ancora trasforma la luce in qualcosa che si può toccare con le mani", è talmente interessante che probabilmente avrebbe meritato qualche pagina in più, c’è un momento ancora più toccante e rappresentativo, il più emozionante per chi adesso scrive. Riguarda due personaggi, i quali, senza rivelare troppo della trama, a causa di un incidente di percorso si fanno travolgere dalla passione: un ritorno di fiamma sul luogo del delitto, descritto in poche e appassionanti righe in tutto l’ardente erotismo, il senso di rivalsa e della pace che ne consegue, fino a sfociare in cruda amarezza, un ridimensionamento che fa tornare uno dei due protagonisti alla realtà. Ancora una volta è l’incertezza che domina, permane la perenne sensazione di fare un passo in avanti e due indietro, senza trovare mai la propria reale dimensione, sebbene questo personaggio, dopo lo scotto subito, riesca a trascinare via con sé qualcosa di unico. Perché gli eventi possono anche travolgerti, puoi traballare come la scrivania di cui sopra, ma in qualche modo riesci sempre a uscirne vincitore. Peccato che l’epilogo di questo sottotesto si consumi in una vendetta improbabile e forse fin troppo crudele per come viene disegnato tale personaggio.
Nella curiosità che vince e che ci accompagna man mano nel racconto, complici anche figure di contorno abbastanza delineate (ma qualcuna, come quella della mamma di Andrea, fin troppo poco), il lettore sembra dimenticare lo scopo dei protagonisti, dichiarato fin dalle prime pagine, ovvero l’incontro tra Andrea e Alice. Non potendo svelare nulla sull’esito della vicenda, è doveroso sottolineare come quest’ultimo arrivi dritto in faccia al lettore senza troppi preamboli, al punto di apparire quasi brusco e spiazzante. Tale critica, con ogni probabilità, è frutto di un finale scritto più con impronta cinematografica che letteraria, al punto che la sensazione generale è che le pagine degli ultimi capitoli, più che essere lette, si sarebbero dovute vedere. Poco importa, visto che, con un minimo di attenzione, si riesce facilmente a dribblare questo inciampo e percepire la bellezza della storia (intesa di Andrea e Alice) per come è stata concepita, con il consueto velo di malinconia e una strizzata d’occhio a Michael Ende. Perché in fondo, L’infinito non è adesso altro non è che una storia normalissima, cioè semplicemente umana. E per questo, magnifica.
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