L’artiglio del tempo. Un mistero tra gli oscuri vicoli di Napoli
- Autore: Anna Vera Viva
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2023
Si è fatta notare nel 2022, firmando Questioni di sangue, torna la voce nuova del thriller napoletano con il sequel di quel noir Garzanti pane e pummarola. Il titolo del romanzo di Anna Vera Viva è L’artiglio del tempo. Un mistero tra gli oscuri vicoli di Napoli, pubblicato a maggio sempre dalla casa editrice milanese (2023, collana Narratori Moderni, 270 pagine). Segue di un anno il debutto e il successo di Raffaele ’o parrucchiano, nel primo romanzo sopra citato.
Chi è padre Raffaele? Calma, parliamo prima da Anna Vera Viva, che non è napoletana di nascita, ma certamente d’educazione e abitudini, visto che vive a Napoli dal 1982, pur di natali salentini, a Galatina, in terra di Puglia. Sceneggia docufilm e cortometraggi, anche candidati al David di Donatello. Ama viaggiare e visitare musei e gallerie d’arte contemporanea. Raggiunge spesso Parigi e le montagne abruzzesi. Scrive da molti anni, una passione nata prestissimo, preceduta di poco dalla lettura onnivora e compulsiva. In un’intervista, ha confessato che stravedeva per scrittori di cui sperava di ripercorre la strada. Poi, ha “provato a farlo”.
Ma veniamo al sacerdote. È il parroco della basilica di Santa Maria, detta anche San Vincenzo o’ Munacone, nel caratteristico rione Sanità, sotto Capodimonte, tra Materdei e l’Arenaccia. È tornato da poco a Napoli, dopo quarant’anni, e non dimentica la sua infanzia, il dolore immenso per la morte della madre, il giorno in cui gli assistenti sociali l’avevano strappato dal fratello, dalla sua casa e dal rione.
Raffaele rivede l’arrivo a Roma, i buoni genitori adottivi: la seconda madre aveva saputo farsi amare, il padre l’aveva avvicinato all’opera, grande passione. Eppure, pur consapevole dell’affetto ritrovato e di tante “cose” prima nemmeno immaginabili a sua disposizione, pensava sempre al basso nella Sanità dove aveva vissuto, a quello che aveva perso, al fratello che sognava arrivasse un giorno a riprenderlo, ma che non si era mai visto. Le notizie chieste discretamente e ricevute negavano che la cattiva strada intrapresa da Peppino potesse concedere la possibilità di un rapporto tra loro.
Erano arrivati il sacerdozio, la sua chiesa romana, la solitudine inguaribile “dentro”. Poi, una lettera della Curia lo aveva mandato a reggere proprio la basilica del suo quartiere. Nella chiesa, aveva trovato ad aspettarlo Assuntina, perpetua come non esistono più. Piccola e grassottella, arguta e fattiva, ’na capa acuta e piena di buonsenso, però anche tanto chiacchierona e pettegola, conosce tutti i fatti del quartiere, sa pure i pensieri che la gente non ha ancora pensato.
Peppino è uno che conta nel rione. È rispettato e considerato da don Antonio, il boss di quasi tutta Napoli, al quale è sempre andato a genio e poi i loro affari non entrano mai in collisione. Peppiniè non approva però tanti affari sporchi e la ferocia del vecchio leone. A lui la droga ha sempre fatto schifo, ha schifato quel business, che altri si contendono col sangue. Non gli piacciono neanche i metodi brutali, senza una reale necessità. Ma tiene tutto per sé:
in uno scrigno segretissimo, che non consente neanche a sé stesso di aprire.
La scalata nella malavita non è stata facile, ma l’ambizione fortissima ha spinto avanti quel ragazzetto orfano della Sanità, capace di usare sempre il cervello e di capire quando si può esprimere un dissenso e quando è meglio non farlo. Ha saputo scegliere bene chi farsi amico, quali guerre combattere e quali no: le uniche che si devono intraprendere sono quelle già vinte.
E veniamo al nuovo episodio, ’sto secondo. Ad Anna Vera piace collocare le sue trame thriller in contesti più ariosi e questo è un giallo storico, visto che la vicenda si collega alla seconda guerra mondiale, ad una Napoli duramente provata dai bombardamenti angloamericani, poi dalla pur breve occupazione tedesca e dalla liberazione, all’arrivo degli Alleati.
Padre Raffaele tiene una serie d’incontri in chiesa con un centinaio di scolari, sui temi dell’Olocausto e della persecuzione nazista contro gli ebrei. Cerca di parlare dello sterminio senza turbare i piccoli, ma non può fare a meno di osservare che Dio avrà avuto non poche difficoltà a perdonare le crudeltà. Non sente il commento sommesso di uno dei bambini:
Il mio amico Sam mi ha detto che in quel posto Dio non c’era.
Sam è Samuele Serravalle, anziano proprietario di una bottega vecchio stile di cappelli da uomo, in crisi di vendite. È merce che non ha più mercato, almeno non consente di mantenere un negozio specializzato.
Di Samuele l’autrice ci fa rivivere i momenti dolorosi, sotto le bombe con Myriam nel 1943 e poi nelle mani dei tedeschi. Ebreo, è reduce dal campo di sterminio di Auschwitz, dove una frase sulla parete di una baracca lo aveva scosso: “se esisti, mi devi chiedere scusa”. Da settant’anni non vuole più averci a che fare.
Anna Vera Viva è davvero brava nello sviluppare la materia storica con autenticità di sentimenti e di toccare il dramma dello sterminio senza pietismi di maniera, compresi gli annessi e connessi, la sistematicità dei persecutori e la viltà di collaborazionisti e delatori.
Sta di fatto, che quando Sam viene trovato morto nel negozio - dal quale il proprietario del locale voleva cacciarlo per costruire chissà cosa - solo Antonino, il piccolo amico, riesce a cogliere tanti particolari strani, tante cose che non vanno. Da quei dubbi nasce il nuovo giallo di padre Raffaele, tutto principi e moti d’animo irrefrenabili e del fratello Peppino, tutto testa e autocontrollo, fin troppo.
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Un insolito thriller tra storia e memoria quello pubblicato da Garzanti a firma di Anna Vera Viva, sceneggiatrice campana ma già affermata romanziera.
Siamo a Napoli, nel celebre Rione Sanità, ai nostri giorni; protagonista un parroco locale, don Raffaele, che ama la buona cucina napoletana che gli prepara quotidianamente la perpetua Assuntina, la voce del vicolo di cui sa tutto e tutto riferisce. Il bravo sacerdote ha un segreto: è il fratello di un noto boss della camorra, don Peppino, terrore degli abitanti della zona, spaventati e taglieggiati dalla sua prepotenza criminale. Gli eventi narrati hanno a che fare con la morte di un anziano ebreo che da sempre ha una raffinata bottega di cappelli e guanti, Samuele Serravalle, un reduce dai lager, che si tiene appartato da ogni forma di testimonianza e di presenza pubblica. Ha fatto amicizia con un ragazzino, Antonino, uno scugnizzo sveglio e sensibile, con cui parla volentieri anche del suo terribile passato. Quando il figlio dell’uomo, Davide Serravalle, attivo nella comunità ebraica napoletana, gli chiede di partecipare ad una conferenza sulla Shoah, l’anziano non riesce a declinare l’invito, ma durante l’incontro qualcosa di insolito lo turba profondamente. Il giorno successivo viene trovato morto nel suo negozio: morte naturale, dice il medico legale troppo frettolosamente. Antonino invece, sconvolto dalla morte del suo grande amico, è certo che ci sia qualcosa sotto, anzi che Sam forse è stato ucciso: il bambino si rivolge a don Raffaele che , insieme alla fedele e curiosa Assuntina, comincia una faticosa indagine che lo porta indietro nel tempo, a quel tragico ottobre del 1943, quando molti ebrei napoletani, pochi e molto conosciuti, erano fuggiti a Roma per sentirsi più sicuri dalle minacce dei tedeschi che stavano per occupare la città partenopea. Don Raffaele ripercorre le tappe di quella tragica storia che portò gli ebrei romani ad essere catturati e deportati in massa il 16 ottobre; quelli che scamparono furono venduti, per poche migliaia di lire del tempo, da chi prometteva di aiutarli. Proprio lì si accanisce la ricerca storica del coraggioso prete, che tra una parmigiana di melanzane e una lasagna ripercorre le tappe che avevano portato alla morte Myriam, la giovane donna che era stata la fidanzatina di Samuele, che lui non aveva mai più dimenticato. Un vero e proprio thriller quello che con un linguaggio agile, pieno di inserti dialettali efficacissimi, ci consegna Anna Vera Viva: i suoi vicoli napoletani, pieni di folklore ma anche di piaghe insanabili, le prepotenze che vi si perpetuano, i segreti che restano celati dopo decenni, gli affetti familiari, le amicizie solide, la memoria del passato, la fedeltà a valori di onestà e giustizia a cui il prete coraggioso vuole restare fedele, malgrado gli ostacoli che si frappongono al percorso verso la verità, sono la parte saliente di questo romanzo. Anche se sepolta nei cassetti della memoria del passato.
Dialoghi scoppiettanti, vivaci, ma anche una importante ricostruzione di fatti storici mai abbastanza ricordati dalla coscienza collettiva. La Sanità e Posillipo, il quartiere ebraico romano sono i luoghi che l’autrice ha scelto per raccontarci una storia coinvolgente. Bello il personaggio del piccolo Antonino, che ci infonde speranza per il futuro di persone e luoghi descritti troppo spesso come degradati.