

La poesia di Giovanni Pascoli L’aquilone fa parte della raccolta Primi poemetti ed è una delle sue poesie più amate e famose. Composto mentre si trovava a Messina, il testo si pone come ricordo degli anni giovanili del poeta, trascorsi in collegio a Urbino, e si articola in due momenti: a un inizio nostalgico che rievoca, come fosse presente, la gioia delle corse e del volo dell’aquilone si contrappone la drammatica scena della morte di un compagno.
Al centro dell’intero componimento, come evidente fin dal titolo, si trova l’immagine dell’aquilone, simbolo di innocenza e fanciullezza.
L’aquilone: di cosa parla la poesia?
Come accadeva nella poesia Digitale purpurea, il ricordo che costituisce L’aquilone è scatenato in apertura da una percezione sensoriale: l’io lirico avverte che c’è qualcosa di diverso nel sole, "qualcosa di nuovo" (v. 1), "anzi d’antico" (v. 2), che, abbinato a un intenso profumo di viole, subito lo proietta in una dimensione passata eppure ancora presente, ora, intorno a esso.
Il poeta si trova dunque immerso nel suo stesso ricordo, lo rivive al presente. Si vede con i suoi compagni di collegio, una mattina senza lezioni; tutti corrono felici per far volare gli aquiloni ("le bianche ali sospese" v. 12). La poesia segue con la stessa attenzione dei bambini il volo in continuo pericolo dell’aquilone, che "ondeggia, pencola, urta, sbalza, / risale, prende il vento" (vv. 25-26) e infine, in mezzo alla delusione generale, cade a terra.
Si apre qui la seconda sezione della poesia, con un cambio repentino di scena e atmosfera, ancora una volta guidato da un elemento sensoriale. Le urla per la caduta dell’aquilone si trasformano in quelle dei compagni della camerata e il ricordo dell’aquilone lascia spazio alla morte prematura di un suo amico. Nel tragico evento è possibile però intravedere una gioiosa consolazione: il bambino è stato così risparmiato dalle sofferenze della vita adulta ("felice te che al vento / non vedesti cader che gli aquiloni" vv. 44-45). La sua morte è stata una morte migliore di tante altre: meglio raggiungerla "ansante, roseo, molle di sudore" (v. 58), stringendo al petto il proprio aquilone e fra i capelli le dita di una madre amorevole.
L’immagine si chiude così con un doppio rimpianto del poeta: ipotizzando una morte imminente, rimpiange di non averla raggiunta nel momento più gioioso della sua vita e di aver invece conosciuto lutti e tragedie. Tra questi, in particolare, la morte del padre (a cui il poeta dedica X Agosto) e della madre, che non potrà accarezzarlo con tanto affetto.
Commento
Il ricordo assume fin dai primi versi l’aspetto di una vera e propria visione onirica immersiva del poeta, che si ritrova proiettato in una dimensione passata ma in quel momento presente intorno a lui.
La rievocazione si articola in due momenti: il primo è quello nostalgico e felice, dedicato alla gioventù, alle corse spensierate e agli aquiloni; il secondo è invece incentrato sulla tragica morte dell’amico.
Le due parti sono connesse in modo estremamente fluido, non solo perché all’immagine della caduta dell’aquilone, già metaforica, subentra immediatamente la spiegazione di questa metafora (l’infanzia mozzata tragicamente dalla morte), ma anche perché a tornare sono numerose componenti sensoriali, uditive e visive. Il bianco e rosso che caratterizzano aquiloni e bacche nella prima sezione della poesia, ad esempio, si trasformano nel pallore del viso del bambino e nel rossore delle sue ginocchia nella seconda sezione del componimento.
Analisi metrica
La poesia è composta da ventuno terzine dantesche (endecasillabi a rima incatenata, con schema metrico ABA, BCB, CDC...). Il particolare tipo di rima non è l’unico espediente adoperato da Pascoli per conferire continuità al suo ricordo, che si trova costantemente dilatato da enjambement (per limitarci alle prime tre strofe: "sento / che sono intorno nate" vv. 2-3; "convento / dei cappuccini" vv. 4-5; "scioglie / le dure zolle" vv. 7-8) e legato da anafore ("S’inalza" apre due strofe successive ai versi 28 e 31; "Oh" le due ai vv. 49 e 52; "Meglio" vv. 58 e 61), anadiplosi (es. "sono intorno nate" e "sono nate" vv. 3-4; "un lungo dei fanciulli urlo s’inalza" e "S’inalza" vv. 27-28) e ripetizioni.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’aquilone: analisi e commento della poesia di Pascoli
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Giovanni Pascoli Storia della letteratura
Lascia il tuo commento