Nell’epoca classica piace ricordare tra gli autori di poesia amorosa una donna, la poetessa nativa di Lesbo, nota come Saffo. Di lei si sa che probabilmente secondo un costume comune all’epoca amava intrattenere rapporti intimi con le fanciulle delle quali curava l’educazione, ma una leggenda ripresa in seguito da Ovidio e Leopardi la vede innamorata senza speranza del più giovane e avvenente Faone e da soffrirne tanto da morire suicida. Rimangono i suoi versi delicati ed emotivamente sentiti.
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Spostandoci più a Occidente e secoli dopo, Catullo è il cantore principe dell’amore. Le sue liriche dedicate al travagliato amore per Lesbia hanno superato i secoli conservandosi fresche e partecipate.
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Ovidio, uno dei maggiori elegiaci, ha regalato la celebre Ars amatoria nella quale non è celebrato l’amore romantico e sentimentale ma un approccio più deciso e diretto, anche se in giovane età negli Amores aveva scritto delicate poesie di amoroso asservito alla sua "domina" secondo uno stile poi ripreso in epoca medioevale dai trovatori e dagli stilnovisti.
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Altro grande elegiaco fu Properzio che dedicò le sue poesie a Cinzia, tanto da lui amata quanto a lui infedele.
Si insiste quindi sulla dicotomia uomo innamorato e donna crudele, capricciosa e poco tollerante che si vendica con l’infedeltà. Il poeta dipinge una donna che, anche se poco considerata nella vita sociale del paese, non è inferiore al compagno anzi si erge a sua domina (signora) malgrado possa contare solo sull’arma del ricatto paritetico sessual-amoroso.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’amore nella letteratura dell’età classica
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