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Recensioni di libri

Kamchatka di Marcelo Figueras

L’Asino d’oro, 2014 - Un romanzo di formazione, con protagonista un ragazzino di dieci anni che vive nei mesi in cui prende il potere in Argentina la giunta militare di Jorge Videla e inizia il Proceso de Reorganizacion Nacional. Nell’aprile di quell’anno, appena finita l’estate, ci fu il golpe militare, pochi giorni prima dell’inizio della scuola.

Gianluca Perrone Pubblicato il 20-05-2019

4

Kamchatka

Kamchatka

  • Autore: Marcelo Figueras
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Anno di pubblicazione: 2014

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Ottobre 1976, una mattina di primavera nella provincia di Buenos Aires. In una stazione di servizio della Ruta 3, un bambino guarda una Citroen 2CV verde allontanarsi lungo il nastro d’asfalto che si inoltra nella pampa. Il bambino ha dieci anni e sotto il braccio una scatola del Risiko. Il suo fratellino dorme ancora sul sedile del pick-up del nonno, il grande invece ha da poco salutato papà e mamma. Gli ultimi sei mesi non sono stati facili, la sua famiglia ha dovuto lasciare Buenos Aires e cambiare identità . Il bambino con il Risiko ricorda l’ultima parola sussurrata dal papà salutandolo, la parola che dà il titolo al romanzo.
Inizia così “Kamchatka”, romanzo di formazione, un autunno e un inverno nella vita di un ragazzino di dieci anni, nei mesi in cui prende il potere in Argentina la giunta militare di Jorge Videla e inizia il Proceso de Reorganizacion Nacional. Nell’aprile di quell’anno, appena finita l’estate, c’è stato il golpe militare, pochi giorni prima dell’inizio della scuola.

Il narratore è “Harry”, il ragazzino col Risiko, che ci racconta la vita della sua famiglia. Lo fa da adulto, molti anni dopo i fatti, ma nella sua voce lo sguardo maturo sul passato si fonde con il vissuto pre-adolescenziale di quei mesi del ’76. "Il tempo“ avverte Figueras “accade tutto insieme”.
L’Argentina post golpe vissuta da un ragazzino non ancora adolescente, per la prima volta di fronte al principio di necessità: cambiare la propria vita per sopravvivere. Harry racconta un giorno al nonno:

"No. Sono io che ho cambiato scuola. E anche il Nano. Adesso andiamo in una scuola religiosa. Il prete è amico di papà. Da quando andiamo lì il Nano vuole diventare santo. La mamma è stata licenziata dal laboratorio. Papà è rimasto senza studio. Sono venuti dei tizi e hanno spaccato tutto. Per un po’ ha lavorato nei bar, ma ora c’è molta polizia e lavora in casa. Che non è casa nostra, è un’altra. Stiamo in una casa fuori città. È piena di rospi suicidi". Il nonno rimase muto. Per un attimo pensai che non avesse sentito niente.

I genitori di Harry cercano di proteggerlo con la dissimulazione e il gioco, ma Harry non è il piccolo Giosuè del capolavoro da Oscar di Roberto Benigni e Vincenzo Cerami. Giosuè semmai è coetaneo del Nano, il fratellino di Harry, entrambi hanno cinque anni. Ma Harry è già un ragazzino in cammino verso la prima consapevolezza.

Papà e mamma erano seduti sul pavimento freddo, in un angolo. La mamma aveva alzato la tapparella di qualche centimetro e attraverso le fessure guardava la strada, illuminata dalla luce fioca dei lampioni. Aveva addosso una camicia da notte che non le avevo mai visto ed era scalza. Uno dei piedi batteva ritmicamente per terra. Accanto a lei c’era papà , in mutande e maglietta, che guardava nel vuoto. (...) In quel momento si sentì l’ululato di una sirena, lontano ma distinto nel silenzio della notte. Non so se fosse un’ambulanza o la polizia. Papà e mamma reagirono all’unisono, di nuovo presenti, spiando attraverso la tapparella come se davvero riuscissero a vedere qualcosa oltre alle ombre e alle luci della strada. “Vedi qualcosa” sussurrò papà . La mamma lo zittì. Nel giro di pochi secondi la sirena se ne andò com’era venuta: un dolore che non apparteneva al nostro mondo, che ci aveva sfiorati senza sceglierci. Il silenzio si fece trasparente e sentii di nuovo il tamburellare del piede della mamma e il respiro e il battito di un cuore che immagino fosse il mio. (...) Ebbi l’impulso di alzarmi e andare da loro. Abbracciarli, dire qualche sciocchezza, unirmi alla veglia e spiare attraverso le fessure della tapparella, e quando le campane della chiesa avessero suonato, dire sono le tre e tutto va bene, come si usava ai tempi in cui Buenos Aires era una colonia. Credo che volessi proteggerli. Fu la prima volta. Ma pensai che papà mi avrebbe detto quello che aveva già detto alla mamma, che mi avrebbe rifilato un predicozzo sull’importanza del riposo notturno e rispedito alla mia sottile trapunta e al mio dolore di ossa. Chiusi gli occhi fingendo di dormire e finii per riaddormentarmi davvero.

Figueras vuole raccontarci l’Argentina dei “desaparecidos” con una storia, invece, di apparizioni: apparizioni di persone nella vita di Harry; rivelazioni progressive di senso, quasi impercettibili. “Kamchatka” è il racconto di una crisi, ma scandito da presenze e costruzioni.
Alla fine, ci si separa a fatica dalle pagine del libro. Harry, i suoi genitori e il Nano diventano proiezione di noi in un contesto di paura e perdita della libertà, pur distante dal nostro presente. Un contesto nel quale tuttavia si può essere tentati di mettere alla prova il nostro modo di vivere, il nostro amore, la nostra ironia, per testare la nostra capacità di adattamento e resistenza. La narrativa ha il dono di farci vivere molte vite in molti luoghi: che cosa faremmo, che cosa diremmo in quella stazione di servizio?


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Kamchatka

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