Io sono Giorgio Chinaglia!
- Autore: Franco Recanatesi
- Genere: Sport
- Anno di pubblicazione: 2013
I gol, gli amori e i peccati di una vita esagerata
Non è per buttarla sull’epos ogni volta che scrivo di calcio, ma le vite (le imprese) dei campioni mica sono tutte uguali. Quella di Giorgio Chinaglia, per esempio, potrebbe andar bene per un romanzo di Salgari. Inoltre “Long John” - lo pseudonimo affibbiatogli dalla stampa al suo arrivo in Italia - calza a pennello come nome de plume di un corsaro. Persino adesso che non c’è più, si fa fatica a stare dietro a Chinaglia, tenere il conto delle vite in una sola (peraltro non lunghissima, è morto a 65 anni), vissute pericolosamente ma senza scomporsi più di tanto.
Fate voi il conto, se vi riesce. Chinaglia è stato
- bomber,
- businessman,
- emigrante di andata e ritorno (l’Inghilterra dei primi calci, l’Italia della Lazio, l’America dei Cosmos),
- cantante a tempo perso (ha inciso “I’m footbal crazy”, nella colonna sonora de “L’arbitro”, con Lando Buzzanca),
- eccentrico a tempo pieno,
- protagonista di un verso di una canzone degli Squallor e di un’altra di Rino Gaetano (“Mio fratello è figlio unico perché è convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone”),
- anarchico per istinto naturale,
- rissoso per spirito di sopravvivenza,
- dongiovanni,
- amico di “bravi ragazzi”,
- imprenditore chiacchierato,
- braccato dai tifosi romanisti,
- presidente amato/odiato della Lazio.
“Giorgione” Chinaglia (era alto 1.86 e quanto pesava poco pesava 80 kg) è stato uno, nessuno e centomila, genio e sregolatezza del calcio anni Settanta, l’antitesi del football signorile e silente alla Dino Zoff, per intenderci una volta per tutte. Un incrocio tra Gerard Depardieu e il Gigante Buono (in fondo era un malinconico, un’adorabile canaglia), centravanti nato, una macchina da goal (325 in 541 partite ufficiali, tra Inghilterra, Italia e Stati Uniti), capace di mandare a quel paese compagni di squadra, fidanzate e/o allenatori, se gli giravano (leggendario il suo “vaffa” a Valcareggi, per una sostituzione subita durante un Mondiale) e di battersi come un gladiatore - in campo e fuori - per chi riusciva a entrargli nel cuore.
Alla luce di tutto questo, la biografia che il giornalista Franco Recanatesi gli dedica per L’airone editrice (“Io sono Giorgio Chinaglia. I gol, gli amori e i peccati di una vita esagerata”, 2013) si legge come un racconto d’avventura e un’allegoria calcistica al contempo, a ritmo sostenuto e senza eccedere in apologia, chè “eccedente” il centravanti era già di suo.
Una Chinaglia-story che arriva forte e chiara, dispiegata in oltre duecento pagine (con foto), che nulla tralasciano dell’eroe dei due mondi: dalla prima adolescenza gallese a seguito della famiglia, allo scudetto con la Lazio, prim’attore di una squadra di mattoidi (si divertivano finanche con le pistole). Dall’amicizia col mister Maestrelli, quasi un secondo padre alle scorribande platinum coi Cosmos di Pelè, fino ai giorni del “declino” sportivo e della malattia che lo conduce alla morte.
Una biografia autorizzata e scritta benissimo (non è scontato nella letteratura sportiva) che finirà con l’appassionare (e, perche no, commuovere) non soltanto i tifosi della Lazio. Perché Chinaglia è un’icona trasversale, una gloria del calcio italiano, comunque la si pensi sulla sua condotta fuori e dentro il campo. Lo so che, a questo punto, salta in mente il paragone con Mario Balotelli, ma credo si tratti di ben altra tempra, di ben altra stazza, di ben altro - lasciatemelo dire - sogno romantico.
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