

Non c’è più tempo per sognare (Laurana Editore, 2025, pp. 304, 18,00 euro) è il nuovo romanzo di Michele Navarra, conosciuto e apprezzato per la sua creatura di carta, l’avvocato romano Alessandro Gordiani, al quale ha dedicato nove casi giudiziari.
Michele Navarra: libri, carriera e personaggi
Questa volta l’autore esordisce nella narrativa non di genere, raccontando con empatia e partecipazione
una storia familiare, a volte dura, a volte commovente, che si sviluppa nell’arco di oltre cinquant’anni
come ci aveva anticipato lo stesso Navarra in una precedente intervista.
Michele Navarra, nato a Roma nel 1968, avvocato penalista dal 1992, nel corso della sua carriera ha avuto modo di seguire alcune delle vicende giudiziarie più importanti della storia italiana: dalla strage di Ustica alle scellerate imprese della banda della Uno bianca. Nei suoi libri ha creato il personaggio seriale dell’avvocato Alessandro Gordiani, presente in tutti i suoi nove romanzi editi, tradotti anche all’estero, vincitori di numerosi premi letterari e i cui diritti cine-televisivi sono stati già opzionati, gli ultimi quattro dei quali pubblicati da Fazi Editore, che recentemente ha deciso di ripubblicare: Per non aver commesso il fatto (2024), un vecchio successo di Navarra, già edito nel 2010 dall’editore Giuffrè, Solo Dio è innocente (2020, recente vincitore del prestigioso premio “Giallo Grottammare”), Nella tana del serpente (2021), Una giornata cominciata male (2022, vincitore del Premio Caravaggio nello stesso anno) e Il peso del coraggio (2023).
Nel giugno 2024 Il colore della giustizia, la pièce teatrale tratta dal suo romanzo d’esordio L’ultima occasione (che verrà ripubblicato a giugno prossimo, sempre da Laurana Editore), si è aggiudicata il primo premio come “migliore spettacolo” nell’ambito della IX Edizione del Festival del Teatro Forense.
L’intervista a Michele Navarra
- L’incipit di Anna Karenina di Lev Tolstoj: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, è sempre attuale?
Se per “felicità” intendiamo l’assenza di conflitti interni, una serenità d’animo diffusa (pur con gli inevitabili momenti di difficoltà) e se invece per “infelicità” intendiamo l’esatto contrario, allora certamente sì. In verità, la felicità è, almeno in buona misura, un dato soggettivo, che dipende dalle proprie aspettative e dalla capacità di ognuno di armonizzarle con la realtà e con le effettive possibilità di realizzarle. Non c’è quindi un unico modo per essere felici, un modo simile per tutti e per tutte le famiglie. Come, del resto, infiniti sono i modi e le cause per essere infelici.
- Chi sono Emilia e Sasà?
Sono due persone che vivono agli antipodi, sia come personalità che come modo di relazionarsi con gli altri. Due persone la cui sorte e la cui vita il destino legherà in modo indissolubile, loro malgrado.
- Le vicende dei protagonisti si fondono con quella del nostro Paese attraverso un percorso lungo mezzo secolo. Ce ne vuole parlare?


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Sono sempre stato affascinato dalla storia e dalle infinite sliding door, che ne costituiscono l’essenza. Le vicende di Emilia e Sasà non fanno altro che intrecciarsi e fondersi con la storia del nostro paese, partendo da un periodo drammatico come il secondo conflitto mondiale per arrivare fino alla fine del Novecento. E anche loro si troveranno di fronte a una serie di sliding door, senza forse riuscire a imboccare sempre quella giusta.
- Il romanzo ha qualche tratto autobiografico?
Come in ogni romanzo o in ogni racconto, sia pure frutto d’invenzione e fantasia come in questo caso, ci sono passaggi, situazioni o ricordi che inevitabilmente si rifanno alla memoria e al vissuto dell’autore. Non è un caso che nell’esergo di questo romanzo abbia voluto citare una frase di Gabriel García Márquez, che ritengo estremamente significativa: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.
- Alcune pagine rimandano a scene dei film degli anni Sessanta, il decennio d’oro del cinema italiano, che hanno cambiato il costume degli italiani. Cosa ne pensa?
Non l’ho fatto in modo volontario, ma sono contento che si sia creato questo effetto. Del resto, il cinema per certi versi è come la letteratura: serve a descrivere e a raccontare l’evoluzione dei costumi e del modo di vivere delle persone, le conquiste della società, alle volte anche i regressi.
- Il nostro destino si rivela nelle scelte che compiamo o ci limitiamo a seguire una strada già tracciata?
Magari sapessi e potessi rispondere a questa domanda. Me lo sono chiesto anch’io tantissime volte e finora non sono mai riuscito a trovare una risposta soddisfacente. Voglio sperare che il nostro destino dipenda da noi e dalle nostre scelte, o meglio che sia per noi possibile quantomeno cercare di influenzarlo attraverso le nostre condotte. Un po’ di sano fatalismo va senz’altro bene, ma insomma... è meglio non passare col semaforo rosso.
- Esordire nella narrativa non di genere, anche per mettersi alla prova?
Assolutamente sì. Dopo quasi vent’anni di romanzi giudiziari, di vicende che parlavano di giudici, avvocati e tribunali, volevo cercare di raccontare una storia che non c’entrasse nulla (o quasi) con il mondo giudiziario. Anche per vedere se ne sarei stato capace. L’esito di questo esperimento lo decideranno come sempre i lettori.
- Si diventa adulti veramente solo quando vengono a mancare i propri genitori e quindi “non c’è più tempo per sognare”?
Non so davvero dire quando si diventa adulti. Il prossimo settembre compirò cinquantasette anni, eppure spesso mi sento ancora un ragazzino bisognoso di amore e di protezione. Ho due figlie meravigliose e, come ogni genitore, combatto ogni giorno per proteggerle, sebbene a mia volta vorrei avere accanto qualcuno che protegga me, mi dica di stare tranquillo, di non disperare, mi assicuri e mi convinca che alla fine andrà tutto bene. Ma, forse, sono solo un caso disperato. E comunque credo ci debba essere sempre tempo per sognare. Sempre, fino all’ultimo respiro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Michele Navarra, autore di “Non c’è più tempo per sognare”
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