

Sono diversi i canti che si accompagnano alla Festa dei Lavoratori, che cade il 1° Maggio di ogni anno, e quasi tutti hanno un’origine politica e sociale che si rifà direttamente all’istituzione di questa solenne e amata ricorrenza.
Fra i più celebri c’è l’Inno del Primo Maggio, altrimenti conosciuto come Canzone di Maggio e Vieni o Maggio, composto dall’anarchico Pietro Gori sulla musica del Va’ pensiero verdiano.
Correva l’anno 1892 e il brano, a tutt’oggi, non solo mantiene lo stesso fascino degli esordi, ma continua a essere fra i più intonati nelle manifestazioni che puntualmente si tengono nella data da cui riprende il titolo.
Vediamo testo, storia, la spiegazione, le informazioni essenziali della biografia dell’autore e tutto quanto c’è da sapere sull’Inno del primo Maggio.
“Inno del Primo Maggio”: testo della canzone
Vieni o Maggio t’aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua dei lavoratori
vieni e splendi alla gloria del solSquilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
a la vasta ideal fioritura
in cui freme il lucente avvenirDisertate o falangi di schiavi
dai cantieri da l’arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all’eterno sudor!Innalziamo le mani incallite
e sian fascio di forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dai tiranni de l’ozio e de l’orGiovinezze dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date ai petti il coraggio e la fèDate fiori ai ribelli caduti
collo sguardo rivolto all’aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor!
“Inno del Primo Maggio”: parafrasi del testo
Vieni o Maggio ti aspettano le genti
ti salutano i cuori che amano la libertà
dolce Pasqua dei lavoratori
vieni e risplendi alla gloria del soleRisuoni un inno di speranze con le ali (in grado di volare in alto)
al grande verde che fa maturare i frutti
e la grande ideale fioritura
In cui freme Il luminoso futuroDisertate o schiere di schiavi
dai cantieri dalle accaldate officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all’eterno sudore (al lavoro senza sosta)Portiamo in alto le mani piene di calli (causati dal duro lavoro)
e diventino un raccoglitore di forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dai tiranni dell’ozio e dell’orogiovinezza, dolori, ideali
primavere dal fascino misterioso
verdeggiante maggio del genere umano
date ai petti il coraggio e la fedeDate fiori ai ribelli caduti
con gli occhi rivolti all’aurora
al forte e volitivo che lotta e lavora
al veggente poeta che muore
Storia e significato dell’“Inno del Primo Maggio”
L’Inno del Primo Maggio, uno dei più famosi canti anarchici e socialisti, venne composto nel 1892 da Pietro Gori sulla musica della celeberrima aria del Va’ Pensiero, coro del Nabucco di Giuseppe Verdi. Al momento della stesura del testo, l’autore era rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano a scopo preventivo poiché, avvicinandosi il mese di Maggio, le autorità, per garantire l’ordine, avevano la necessità di contenere eventuali agitazioni di stampo anarchico e quindi di isolare i più facinorosi.
Consapevole dell’immane e intrinseco potere delle parole e della musica, però, Gori decise di non stare con le mani in mano e, in cella, scrisse il suo “bozzetto drammatico in un atto” intitolato Primo Maggio, il cui testo si riferisce quasi certamente, celebrandoli, ai Fasci siciliani, un movimento spontaneo e popolare che dal 1889 al 1894 raccolse operai, minatori, braccianti agricoli e proletari di varia estrazione decisi a rivendicare, a far riconoscere e a esigere rispetto per i propri diritti.
Ad ispirare la canzone, tuttavia, fu anche il ricordo dei fatti accaduti a Chicago il 1 Maggio 1886, quando alcuni anarchici che si erano uniti a persone in sciopero per chiedere migliori condizioni e, in particolare, una giornata lavorativa che non superasse le otto ore, furono arrestati con l’accusa di aver organizzato disordini e lanciato un ordigno esplosivo con il quale, in realtà, non avevano niente a che vedere; nonostante la falsità del reato loro attribuito, i cinque uomini furono giustiziati l’anno seguente, l’11 Novembre, per impiccagione.
Ad ogni modo l’Inno si rivelò un grande successo e si diffuse non solo in Italia ma in tutto il mondo. Venne largamente apprezzato negli Stati Uniti, dove la presenza degli anarchici era numerosa e forte e, non può stupire, principalmente a Chicago, dove Gori, per commemorare i compagni uccisi nel 1887, rappresentò l’opera anche a teatro in veste di attore.
Attualmente non esiste una città o una manifestazione, fra quelle che puntualmente si tengono a ridosso della Festa dei Lavoratori, in cui non venga cantato e suonato l’Inno del Primo Maggio.
Pietro Gori: cenni biografici sull’autore dell’“Inno del Primo Maggio”
L’intellettuale anarchico Ernesto Antonio Pietro Giuseppe Cesare Augusto Gori, semplicemente noto come Pietro, nacque a Messina il 14 Agosto 1865.
A causa dell’impegno politico, che sentì forte e chiaro dentro di sé fin da giovanissimo, la sua vita fu piuttosto turbolenta, costellata da continue proteste, denunce e arresti. Trasferitosi con la famiglia a Livorno quando aveva 13 anni, Gori, dopo una parentesi all’interno di un’associazione monarchica, aderì con convinzione al movimento anarchico, che all’epoca poteva contare su un elevato numero di adepti ed era febbrilmente impegnato in una serie di storiche rivendicazioni e relative battaglie.
Di temperamento acceso e coraggioso, il giovane entrò spesso in contrasto con le autorità e venne più volte arrestato senza che ciò lo intimorisse più di tanto né lo convincesse a desistere dalla lotta, divenuta ormai lo scopo stesso della sua esistenza.
Nel 1889 Gori pubblicò l’opuscolo Pensieri ribelli usando lo pseudonimo di Rigo, ma fu scoperto e ancora una volta imprigionato “per istigazione all’odio di classe”, accusa dalla quale venne in seguito assolto. Le circostanze spinsero al rialzo le vendite del libro e l’autore cominciò ad ottenere una certa fama.
Trasferitosi a Milano, Gori partecipò alla fondazione del Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario, al congresso del Partito Operaio Italiano e tradusse il famoso Manifesto del partito Comunista di Marx ed Engels. Critico nei confronti del socialismo riformista in quanto di idee ben più radicali, l’intellettuale siciliano manifestò la propria contrarietà alla nascita del Partito dei Lavoratori Italiani, che in seguito sarebbe diventato il Partito Socialista Italiano.
Le severe leggi contro gli anarchici fatte promulgare da Francesco Crispi, allora capo del governo, nel 1894, crearono non pochi problemi a Gori e compagni. Accusato di aver ispirato l’assassinio del presidente francese Sadi Carnot, il messinese fu costretto a fuggire a Lugano, dove però venne prima arrestato e poi espulso; da tale drammatica esperienza scaturì Addio a Lugano, la sua canzone più nota.
Appurato quanto l’Italia fosse ormai divenuta una terra troppo ostile per poterci restare e vivere, Gori girovagò da un posto all’altro tenendo spesso conferenze. Non si limitò all’Europa, ma si stabilì per un periodo negli USA e poi in Sudamerica; in Argentina entrò in contatto con l’ambiente della Massoneria.
Grazie ad un’amnistia, nel 1902 Gori potette fare ritorno in patria, dove morì nel 1911 a causa della tubercolosi, diffusa e subdola malattia di cui soffriva da tempo e che aveva finito per minarne irrimediabilmente il fisico.
La sua tomba a Rosignano Marittimo, vicino Livorno, vandalizzata dai fascisti negli anni ’30 dello scorso secolo, è stata in seguito risistemata ed è oggi visibile e visitabile presso il locale cimitero.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Inno del Primo Maggio: testo, analisi e significato
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