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Recensioni di libri

Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne di Angela Saini

HarperCollins Italia, 2019 – Siamo convinti che la scienza proponga una storia senza pregiudizi? La storia di noi tutti, dai primordi dell’evoluzione. Eppure, quando si tratta delle donne, gran parte di questa storia è sbagliata.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 25-12-2019

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Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne

Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne

  • Autore: Angela Saini
  • Genere: Filosofia e Sociologia
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: HarperCollins
  • Anno di pubblicazione: 2019

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Sesso debole, “impure”, “tentatrici” e l’elenco delle maldicenze sarebbe ancora lungo. Per secoli, la società, il potere, qualche tribunale, soprattutto le religioni e in misura minore la cultura, hanno discriminato le donne, le hanno messe in disparte, avvilite in uno stato di subalternità, rese oggetto di apartheid morale e materiale. Si può ingoiare tutto, anche se non è giusto, ma che perfino la scienza abbia certificato la disparità di genere, beh, questo è impossibile da mandare giù. Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne. La nuova ricerca che sta riscrivendo la storia è il titolo completo ed esaustivo di un ampio pamphlet che nega la minorità intellettuale femminile, pubblicato nel 2017 dalla britannica Angela Saini ed ora tradotto in italiano da Raffaella Voi per le edizioni HarperCollins Italia (ottobre 2019, 320 pagine, 19.50 euro).

L’under 40 Angela Saini è una giornalista scientifica molto considerata, ha scritto per testate prestigiose, è stata premiata nel 2015 dall’Associazione americana per lo sviluppo della scienza ed è autrice di diversi saggi. Vanta un master in ingegneria alla Oxford University.
Quando ha deciso di studiare ingegneria, è stata l’unica donna in un’aula che ospitava nove studenti. Prima, del resto, nell’ultimo anno di scuola superiore era la sola ragazza a seguire il corso di chimica, in una classe di otto studenti ed anche quello di matematica, frequentato da una dozzina di ragazzi.
Da allora non è cambiato molto: secondo dati raccolti nel 2016 dalla Women’s Engineering Society poco più del 15% degli studenti d’ingegneria erano donne. Le stesse, nell’intero Regno Unito, non rappresentano neanche un risibile 10% della forza lavoro ingegneristica. Non solo: dei 949 Nobel attribuiti tra il 1901 e il 2019, solo 53 hanno premiato il sesso femminile e ben 32 sono stati assegnati per materie umanitarie e intellettuali: pace e letteratura (le altre sono fisica, medicina, chimica, economia).

Altre statistiche dimostrano che mentre le donne rappresentano quasi la metà degli operatori nel campo scientifico, il loro numero risulta comunque inferiore rispetto agli uomini in ambiti che richiedono attitudini specifiche, come l’ingegneria, la fisica e la matematica. Non sarebbero “roba da donne”, secondo un inveterato pregiudizio sessista, decisamente duro a morire e del tutto sbagliato, sostiene Angela Saini, perché oggi a scuola le ragazze hanno più probabilità di ottenere i voti migliori in queste materie e circa la metà dei laureati in materie scientifiche e ingegneria negli Stati Uniti sono donne, da oltre un ventennio.
Eppure, secondo una testimonianza diretta dell’autrice, nel 2005 il rettore di Harvard, l’economista Lawrence Summers, ha dichiarato in privato
che la rarefazione di scienziate in ruoli universitari di prestigio potrebbe avere a che fare “con questioni di predisposizione intrinseca”. In altre parole, ci sarebbe una differenza biologica tra donne e uomini. Questo ha sollevato indignazione nell’opinione pubblica e gli è costato il posto, ma dubbi del genere sono sempre stati insinuati, ricorda Saini. Il solo Summers ha osato esprimerli, ma quanti possono dire di non avere mai pensato ad “una differenza innata essenziale” o che “il cervello femminile sia diverso da quello maschile”?
Questa in-certezza, politicamente scorretta ma tacitamente accettata e sotterraneamente circolante nella società occidentale, è l’argomento del libro:
il punto interrogativo sospeso, il dubbio che le donne siano destinate a non raggiungere una condizione di reale parità con gli uomini perché il loro corpo e la loro mente non lo permettono.
Prima del rettore, altri uomini di scienza hanno espresso concezioni misogine. Perfino il teorico dell’evoluzionismo, il geniale Charles Darwin - non certo un bacchettone - si è schierato dalla parte dei fondamenti scientifici di una presunta “inferiorità delle donne, passata, presente e futura”. Alla richiesta di una rassicurazione o smentita, nel 1881, il grande scienziato confermò di pensare che le donne, sebbene superiori agli uomini per qualità morali, non li sfiorassero dal punto di vista intellettivo, né potessero sperare nella parità intellettuale, per via delle leggi dell’ereditarietà.
Tuttora, alcuni scienziati sostengono che il cervello delle donne è strutturalmente diverso e questo le rende mediamente meno abili degli uomini in matematica, nel ragionamento spaziale, in tutto ciò che richiede la comprensione del funzionamento di sistemi come automobili e computer.
Ma è bad science, cattiva scienza quella che ha creduto di decretare con dati oggettivi una condizione d’inferiorità di genere. Per secoli, sostiene l’autrice britannica, gli scienziati hanno determinato il modo in cui consideriamo il corpo, la mente, le relazioni interpersonali. Per altri versi, l’umanità è in debito con gli uomini di scienza ed è portata a ricambiare il loro indubbio contributo allo sviluppo del pianeta con una fiducia sconfinata e con la certezza dell’oggettività delle loro conclusioni.

Siamo convinti che la scienza ci proponga una storia senza pregiudizi. La storia di noi tutti, quella che ha avuto inizio ai primordi dell’evoluzione. Eppure, quando si tratta delle donne, gran parte di questa storia è sbagliata.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne

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