Il ministero della paranoia. Storia della Stasi
- Autore: Gianluca Falanga
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2012
"Stasi" in tedesco sta per Ministerium für Staatssicherheit (Ministero per la sicurezza di Stato), ma non è tutto, perché la "sigla" rimanda anche a libere associazioni imparentate strette con la paranoia di Stato: regime poliziesco, guerra fredda, URSS, sospetto, delazioni, prigioni, apostasie. Chi avesse voglia di farsi un’idea più che esauriente su genesi & degenerazioni del servizio segreto per antonomasia, al soldo del PCUS negli anni dal 1950 al 1989, faccia attenzione al saggio di Gianluca Falanga per Carocci editore (“Il ministero della paranoia. Storia della Stasi, 2012).
Sono oltre trecento pagine dal clima claustrofobico, degne del Kafka più claustrofobico, non fosse che non inventano nulla e inquadrano molto da vicino clima e topos sociali nella DDR prima della caduta del muro. Falanga lavora nell’ex penitenziario di Hohenschonhausen, oggi Museo della Stasi: l’accesso alle carte segrete del Ministero gli ha permesso di ricostruire la morfologia di una delle polizie segrete più efficienti e temute del pianeta; consentito di sbirciare aldilà della patina mitologica che ammanta(va) la Stasi, di svelare l’ansia sociale, l’incubo simil-orwelliano di un “sistema” che al fine esclusivo del proprio mantenimento, ha agito direttamente sulle psicologie dei cittadini.
Chi ha visto “Le vite degli altri” - il film di Florian Henckel von Donnersmarck sulla vita quotidiana nella Germania comunista - ha idea di cosa parlo e di cosa, soprattutto, scrive Falanga nel suo libro (peraltro con una puntualità e un taglio storico sorprendenti per un non-accademico). A partire dalla foto di copertina (interno asettico di una cella, a Dresda), il suo saggio appare come “contaminato”, pregno della patina grigio-caserma dei regimi: per quasi quarant’anni, all’interno di uno Stato democratico, nel cuore di un’Europa democratica (mai locuzione fu tanto abusata e arbitraria) ha proliferato una “struttura” parallela, atta all’annichilimento del libero pensiero, attraverso la coercizione ideologica e il controllo della vita di milioni di persone: l’ignominia più grande di cui possa macchiarsi un governo.
Personalmente non credo alle favole e nemmeno che le degenerazioni di natura militare delle democrazie siano prerogativa dell’ex Unione Sovietica (che dire, allora della Cia?), penso che gli apparati segreti della maggior parte dei governi si somiglino tutti e non siano dissimili da quelli stigmatizzati da Falanga. Anche per questo “Il ministero della paranoia” è un libro che sgomenta, sotto molti aspetti: perché la violenza, la coercizione e la vergogna di Stato non sono degenerazioni di "sistemi” appartenenti al passato, ma metastasi strutturali al concetto stesso di Potere.
Il ministero della paranoia. Storia della Stasi
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