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Recensioni di libri

Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea di Alessandra Pescarolo

Viella, 2019 - La donna “angelo del focolare”? Niente di più falso. Le fragili creature dedite a casa, cucina e figli sono state uno stereotipo degli anni del boom economico: in realtà la donna ha sempre lavorato, ma in condizioni più sfavorevoli e ricevendo molta considerazione in meno rispetto all’uomo.

Cristina Giuntini
Cristina Giuntini Pubblicato il 08-03-2022
Il lavoro delle donne nell'Italia contemporanea

Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea

  • Autore: Alessandra Pescarolo
  • Genere: Filosofia e Sociologia
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2019

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L’idea che i boomer italiani, come la sottoscritta, hanno del lavoro femminile è quella di un qualcosa di relativamente nuovo, entrato a far parte della normale vita familiare da pochi anni e con non poche difficoltà. Il nostro ricordo di una famiglia “normale” comprende un padre perfettamente calato nel ruolo di “male breadwinner”, uomo che guadagna il pane, e una donna felicemente regina della casa, dedita alla cucina e alla cura dei figli, in una sorta di collaborazione in cui ciascuno portava il proprio contributo al benessere familiare. Il lavoro delle donne, nei nostri ricordi, riguarda solo le famiglie più sfortunate, quelle nelle quali l’uomo ha perso la propria occupazione, ha grossi problemi di salute o simili, o addirittura è venuto a mancare.

Molti di noi rimarrebbero estremamente stupiti nello scoprire che quel modello, per la nostra generazione così naturale, in realtà è stato limitato e circoscritto agli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento, agli anni, cioè, del cosiddetto boom economico, e che in realtà le donne, lungi dall’essere solamente le sovrane del focolare domestico, hanno sempre lavorato e contribuito al bilancio familiare, anche se, purtroppo, in maniera minore rispetto agli uomini. Il motivo non è stato certo un impegno più leggero richiesto al sesso debole, quanto una specie di “prezzo da pagare” per il loro essere più fragili, meno adatte a lavori pesanti, notturni e simili, e soggette, prima o poi, alla maternità, vero e proprio disastro per il datore di lavoro, specie se ripetuta. L’unica convenienza garantita dall’assunzione di una donna era, per l’appunto, una spesa sensibilmente minore, senza contare la possibilità di licenziamento per causa di matrimonio, talmente diffusa che, nel momento in cui la legge ne stabilì la non legittimità, essa venne aggirata dalla sordida consuetudine delle dimissioni in bianco firmate all’assunzione.

Contadina, operaia, lavoratrice a domicilio per le più svariate produzioni, dalle trecce di paglia ai ricami, la donna ha sempre lavorato. Quello, però, che Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea di Alessandra Pescarolo (Viella, 2019) mette in luce è come, nel corso degli anni, il lavoro femminile, almeno in Italia, sia stato sfruttato dagli uomini. La donna è stata, via via, fonte di ricchezza per il padrone al quale permetteva di risparmiare sullo stipendio, sostituta per l’uomo inviato al fronte, sostentamento per il marito, il padre, il fratello che non riusciva a inserirsi o a reinserirsi nel mondo del lavoro.

Il diffondersi dell’istruzione femminile ha determinato, all’inizio del ventesimo secolo, l’avvicinamento delle donne a professioni quali quella dell’insegnante, e a impieghi nel settore dei servizi. Resta, però, una grande differenza rispetto agli uomini, dettata da una mentalità dura a morire, che le leggi hanno potuto, finora, soltanto mitigare. Non solo il lavoro femminile è stato apertamente contrastato sotto il fascismo a favore del ruolo di “angelo del focolare” della donna, ma più o meno in ogni epoca è stato considerato inferiore a quello maschile, e spesso poco considerato anche dalle stesse donne, non sempre entusiaste di ciò che esulava dalla loro “natura” di mogli e madri. E oggi, a che punto siamo? Quanti passi avanti sono stati fatti, e quanti ne restano ancora da fare? Il lavoro femminile è fonte di soddisfazione oppure ancora una specie di gallina dalle uova d’oro sfruttata dallo strapotere maschile? Come e fino a che punto si è evoluta la situazione?

Alessandra Pescarolo propone un’analisi precisa, basata su dati rigorosamente statistici, ma non per questo meccanica e superficiale, del lavoro femminile dell’Italia contemporanea. Una prima parte piuttosto tecnica, costituita in prevalenza dai pur necessari numeri atti a comunicare un quadro preciso della situazione, sfocia in un’analisi sociologica certamente molto più coinvolgente, nella quale si esaminano nel dettaglio i vari mestieri considerati tipicamente femminili, come maestra, sarta, infermiera, e il modo in cui le donne li hanno, per così dire, “colonizzati”, facendoli propri. Ma l’autrice non dimentica certo le lotte sindacali, la rivoluzione del diritto di famiglia, la liberazione sessuale: perché il lavoro della donna non è solo semplice fonte di reddito, ma anche e soprattutto occasione di riscatto e di indipendenza.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

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A chi studia storia contemporanea, alle donne (e agli uomini) che amino approfondire argomenti storici e sociologici.

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea

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