Il grande albero di Susanna Tamaro

Susanna Tamaro ci racconta la storia di un abete che, prima assai piccolo, col tempo diventa un albero imponente e, occupando uno dei posti più in alto nel bosco, osserva ciò che avviene nel mondo. E’ un abete particolare: lo si potrebbe definire curioso perché sempre attento a ciò e a chi gli passa intorno. Così, nei suoi secoli di vita, vede passare accanto a sé uomini e donne comuni e non. L’abete ha, infatti, anche l’occasione di “incontrare” l’imperatore Francesco Giuseppe con la deliziosa principessa Sissi, i reali che, accanto a lui, si fermano durante una gita. Poi l’albero è testimone degli eventi più dolorosi vissuti nello scorso secolo: si tratta delle guerre mondiali, tristi periodi in cui da lontano si odono grida e rumori e tempi nei quali l’abete ascolta solo ragazze tristi e solitarie in lacrime poiché i loro uomini sono lontani e in pericolo. Terminata la guerra tutto dovrebbe tornare come prima. Dovrebbero esserci pace e silenzio nei boschi, invece, arriva il progresso e dal mondo degli uomini echeggiano i rumori dei trattori, delle motociclette, delle seghe elettriche, del rombo di automobili, elicotteri e aeroplani, mentre dalle fattorie vicine al bosco non si alza più il canto melodioso di una massaia bensì “l’isterico stridio di un televisore perennemente acceso”. Con il progresso anche il romanticismo se ne va: nei boschi gli uomini passeggiano sempre meno, nessuno raccoglie mirtilli o pigne e, nonostante la guerra sia finita, l’atmosfera non è più allegra come un tempo. Così il grande abete comincia a sentirsi vecchio e pronto ad andarsene a servire il mondo in modo diverso. L’albero, che prima temeva l’uomo, ora spera in un suo intervento. Vorrebbe terminare la sua vita in un modo diverso, forse come un violino o come il pennone più alto di un veliero. Poi, quando comincia a cadere la neve, ecco l’arrivo di una grossa motosega pone fine ai pensieri dell’abete. L’albero viene tagliato e trasportato lontano, in un’enorme piazza, addobbato con luci e palline colorate usate nelle feste natalizie. Ma gli umani non sanno che l’abete cela, al suo interno, la tana di uno scoiattolino. Si tratta di Crick, ora disperato perché l’albero non gli risponde più, perché la città è grigia e rumorosa. Il suo unico desiderio sarebbe quello di salvare l’amico e di tornare nel bosco alla vita di scoiattolo. Lo aiutano in ciò i piccioni, in particolare Numa Pompilio che lo farà incontrare con un uomo speciale, vecchio, vestito di bianco cui tutti danno ascolto nella grande piazza. Quell’uomo ha un nome ben preciso: Giovanni Paolo II. Lo si capisce perché la scrittrice menziona i suoi luoghi di origine, i monti Tatra, situati tra Polonia e Slovacchia dei cui boschi il papa ha tanta nostalgia quando guarda l’abete al centro della piazza.

“Il grande albero” di Susanna Tamaro è una fiaba, non solo per bambini, e, come tale, ha un finale magico, anzi “miracoloso” come si dice nel racconto. E’ una storia da leggere nel periodo natalizio o, comunque, in quello invernale o, ancora, ricordando papa Wojtyla, prima del 27 aprile 2014, giorno in cui verrà santificato. E’ una storia bella comunque in ogni momento perché ci riavvicina con la natura che l’uomo sta mettendo in pericolo, non accorgendosi che, così, danneggia anche se stesso. E’ inoltre e soprattutto un libro sul significato della nostra esistenza, spesso troppo affrettata, vissuta di corsa, senza mai rivolgere lo sguardo al Cielo. In alcune parole pronunciate dal papa nel libro è racchiuso tutto il suo più profondo significato:

”La nostra vita è come quella degli alberi, il seme si schiude e cerca la luce. Continua a cercarla e a nutrirsi di lei per tutti i giorni. Per questo vi dico: ricordatevi della luce e del seme. Il seme dell’amore riposa nel cuore di ogni uomo. Può dormire per giorni, per mesi, per anni, ma non è mai morto. Quel seme è l’impronta del Padre. Quel seme ci rende tutti fratelli, tutti ugualmente capaci e bisognosi d’amore”.