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Recensioni di libri

Il fratello italiano di Giovanni Arpino

Un romanzo amaro e ironico di un grande scrittore, che con questo libro vinse il Premio Campiello nel 1980.

Pasquale Veltri
Pasquale Veltri Pubblicato il 05-02-2019

5

Il fratello italiano

Il fratello italiano

  • Autore: Giovanni Arpino
  • Genere: Classici
  • Categoria: Narrativa Italiana

Scheda e prezzo libro:

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Oltre la finestra aperta si rizzavano gli spigoli di enormi casamenti periferici in arcigna simmetria, le geometriche ripetizioni di balconate tutte uguali.

Non tutti i giorni ci si può svegliare ridendo, come diceva quel tale in coma.

L’incipit è bruciante, amaro, ironico e capace di suggerire la cifra del grande scrittore, attualmente forse un po’ trascurato, che è stato Giovanni Arpino che con “Il fratello italiano” ha vinto il Premio Campiello nel 1980.
Il romanzo è ambientato nella città Torino in un tempo che, attraverso pochi indizi, possiamo forse collocare in un’estate degli anni ’70. È una città afosa, riconoscibile, vista dal lato più angosciante, vagamente grottesca, proprio come certe descrizioni abilissime di vicende e sentimenti; descrizioni dove sembra di poter immaginare gli odori, di vedere i vestiti che si appiccicano e dove il dentifricio ha un gusto "troppo salubre”. Ci sono "porte ritinte", case dall’aspetto "torvo", gerani "color cenere", il cielo che ricorda "una sterminata padella capovolta", l’aria del tramonto è "cadaverica", le statue del monumento al centro della piazza sono "lebbrose".

I due personaggi principali, Carlo Botero e Raffaele Cardoso appaiono e si sentono vecchi, si conoscono per caso e si legano da una cordiale, quanto formale, amicizia condividendo un destino cui la vita li ha messi di fronte. Entrambi hanno una figlia verso la quale si sentono, in modo diverso, obbligati a compiere un gesto estremo. La figlia di Botero si lamenta del suo ex marito che la perseguita e chiede aiuto al padre, lasciandogli una rivoltella. La figlia di Cardoso fa la prostituta, per questo ha fatto precipitare la famiglia nel disonore e quindi merita di morire.
Attorno a questo filo conduttore, per niente esile, Arpino costruisce una storia più che solida, mettendo in campo i suoi personaggi spessi e profondi, che interagiscono con pochi altri, a loro volta caratterizzati efficacemente in poche righe. Compaiono ad esempio, tra connivenze e segreti, ambienti poco puliti e percorsi esistenziali alienanti, un avvocato d’altri tempi, una piccola e dignitosa famiglia di operai, un delinquente, una vecchia prostituta. A tutti Botero e Cardoso si rivolgono per avere informazioni sulle persone che stanno cercando, in una città dove:

arrostiscono diecimila portafogli al giorno. Ed è ancora artistico, se si pensa ai morti sparati.

La narrazione dei pensieri, dei gesti e dei luoghi è uno degli aspetti più forti del libro, nel quale ci sono frasi del tipo: “Ecco cosa macinava Botero nel labirinti del cranio” e dove le parole possono essere pronunciate “con una lama metallica nella voce”. Si avverte il richiamo alle differenze tra le nuove generazioni, non totalmente da buttare e le vecchie, quando emergono da una parte superficialità dei sentimenti e frivolezza, l’amore per la bella vita e dall’altra l’onore attribuito alla parola data, il sentirsi in debito, la pietà umana disinteressata, ma anche l’incredulità, lo sconforto, l’attesa di un futuro, il senso di fratellanza per far fronte alle prove più difficili.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il fratello italiano

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