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Recensioni di libri

Il cinema che ho visto. Frammenti di un’autobiografia di Gian Piero Brunetta

Carocci, 2021 - Un saggio denso e appassionato, che si impone come una disamina trasversale ai generi, una panoramica che inquadra in campo lungo criticità e splendori della settima arte.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 10-02-2021

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Il cinema che ho visto. Frammenti di un'autobiografia

Il cinema che ho visto. Frammenti di un’autobiografia

  • Autore: Gian Piero Brunetta
  • Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Carocci
  • Anno di pubblicazione: 2021

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Un filo rosso e doppio, una vita in diagonale: dici Gian Piero Brunetta e dici scrivere di film. Professore emerito di storia e critica del cinema, Brunetta licenzia adesso per la collana Sfere extra di Carocci, il suo lavoro forse più privato. Il cinema che ho visto. Frammenti di un’autobiografia (2021), si intitola, a sottolineare proprio la corrispondenza biunivoca tra i film e la propria autobiografia. Un percorso di formazione quasi spirituale che avoca a sé teoria e prassi della visione: dal pre-cinema alle nuove modalità di narrazione filmata.

Parcellizzato in otto stazioni, il percorso teorico-storico-analitico di Brunetta si evolve per flussi di coscienza comprendenti i capolavori (nessuno escluso) della storia cinematografica, rimando e specchio scuro di quella parte emotiva/culturale che afferisce all’immaginario collettivo.
Vivere per raccontarli — la vita e i film — come Ugo Casiraghi, durante la guerra prigioniero in Germania, che nella sua corrispondenza con Glauco Viazzi, non prescinde dallo scrivergli di film (rif, pagg. 8-9). Perfino superfluo elencare i titoli attraversati da Brunetta in questo excursus figlio del recente lockdown (a suo modo un’altra declinazione di prigionia).
Un racconto d’avventura per interposte narrazioni:

“Il cinema sovietico, i comici americani, l’espressionismo tedesco, i film di Mauritz Stiller e Victor Sjostrom. Prima a contribuire al romanzo della mia formazione, c’erano stati i western di Antony Mann, John Ford, King Vidor, Howard Hawks, Raoul Walsh, Fred Zinnemann, Delmer Daves, Robert Aldrich, i film di cappa e spada. Di corsari e pirati, i suspence di Alfred Hitchcock, i noir. I film storico-mitologici, i capolavori di Renè Clkair, Marcel Carnè”. (pag. 7)

E ancora e ancora e ancora: una vertigine della lista. Un elenco di film che si sommano agli anni, ai calendari, ai cinema e alle rassegne frequentate, ai libri letti e scritti, alla vita che scorre come narrazione parallela in 35 millimetri. Il cinema che ho visto si impone come una disamina trasversale ai generi, una panoramica che inquadra in campo lungo criticità (vedi il capitolo dedicato alla censura) e splendori della settima arte (compresi gli splendori del cinema italiano, dal neorealismo al cinema di denuncia anni Settanta), mutamenti e prospettive della visione contemporanea (Visibilità/invisibilità/spettatore).

Un saggio tanto appassionato quanto stratificato e denso di spunti di riflessione, a riprova della fondamentalità del medium cinematografico, e di Gian Piero Brunetta che ne è tra i cantori più efficaci. Un saggio da leggere, rileggere, studiare, senza alcuna fatica.

Il cinema che ho visto. Frammenti di un’autobiografia

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il cinema che ho visto. Frammenti di un’autobiografia

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