

I Settanta sovversivi. La globalizzazione delle lotte
- Autore: Michael Hardt
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: DeriveApprodi editore
- Anno di pubblicazione: 2025
La lotta armata ha indirizzato a senso unico l’aggettivazione degli anni Settanta, soprattutto in Italia dove hanno presa le finte analisi storico-mediatiche e l’interpretazione strumentale. Lo sguardo con cui Michael Hardt inquadra il decennio detto “di piombo” (“I Settanta sovversivi. La globalizzazione delle lotte”, DeriveApprodi, 2025) è di contro esteso al pianeta e tutt’altro che miope, capace com’è di individuare nella sovversione la cifra comune e caratteristica del periodo. Un’espressione altra e ulteriore rispetto ai terrorismi di destra e al brigatismo di sinistra, che pure non proliferano per folle partenogenesi.
In un’Italia “laboratorio” di diffuso sovversivismo, negli anni Settanta i movimenti individuano già
“la trasformazione dei rapporti di produzione capitalistici e il dispiegamento di nuovi meccanismi di controllo, cogliendo i cambiamenti in modo sincronico, proprio mentre si verificavano.” (Hardt, p. 129).
Detta in altro modo: all’interno di contesti sociali governati da democrazie rappresentative, il tentativo prevalente delle organizzazioni sovversive appare concentrato sul passaggio a una democrazia di tipo partecipativo dove il popolo possa accedere direttamente a scelte di governo e di socialità (“libertà è partecipazione”, G. Gaber).
Sulla scorta del distinguo dichiarato dai militanti di Autonomia Operaia (in attesa di processo nel carcere di Rebibbia, annus domini 1983) – “Che non abbiamo avuto nulla a che fare con il terrorismo è ovvio. Che siamo stati ‘sovversivi’ è altrettanto ovvio” – la disamina su larga scala di Michael Hardt mira proprio a riscattare l’etichetta "sovversivo" dalla connotazione ottusamente negativa assegnatale in quegli anni; marchio d’infamia sulla scorta del quale sono state giustificate forme anche violente di repressione. In Italia come nelle dittature del Terzo Mondo e del Sud America.
Inappuntabile, a tale proposito, l’incipit con cui Hardt introduce la sua disamina:
“Gli anni Settanta sono stati un decennio sovversivo. I politici e i loro generali, i capi della polizia e gli agenti dei servizi segreti, i giornalisti e gli intellettuali conservatori vedevano ‘sovversivi’ dappertutto. I sovversivi sfidavano l’autorità, assediavano l’ordine costituito, minavano uno stile di vita che si era consolidato nel tempo. Questa mentalità era così ampia da poter designare come sovversivi gli eserciti dei contadini indigeni e le organizzazioni di liberazione gay, i lavoratori industriali autorganizzati e gli attivisti antinucleari, le femministe rivoluzionarie e i militanti della liberazione nera. Ogni angolo della sinistra era un terreno fertile per la sovversione, che doveva essere estirpato e distrutto dalle forze dell’ordine, in un progetto seguito con tanto zelo quanta brutalità.” (p.5)
Nel corso del lungo Sessantotto la repressione è stata insomma il metodo di governo comune più o meno a tutto il mondo. Nel tentativo di estirpare il DNA sociale del sovversivismo, l’azione punitiva di dittature palesi e sottese, si è declinata con punte di aberrazione più o meno accentuate, a diverse latitudini, nessuna delle quali sfugge all’inquadratura dell’autore. In questa sorta di plurilinguismo analitico risiede forse il pregio più evidente di un lavoro che dall’America Latina dei dittatori, sorvola i continenti, restituendo il punto di vista conflittuale degli oppressi e (quindi) sovversivi del pianeta. Non già per redigerne l’apologesi quanto piuttosto per trarre dalle loro azioni di lotta un possibile paradigma sociale per questi tempi silenziati, nonostante il reiterarsi delle discriminazioni, e le violenze perpetrate spesso dietro il paravento delle "democrazie imperfette", cifra mistificatoria del neoliberismo globale.
Corredato da un corposo apparato bibliografico e da un’utile Linea del tempo (pp.275-285) riepilogativa degli accadimenti più significativi per i movimenti trattati nel testo, I Settanta sovversivi si offre alla lettura come un’inquadratura amplissima e disvelante dell’antagonismo globale anni Settanta, esplicitazione prassica dell’aforisma marxiano contenuto nel Manifesto del Partito Comunista:
“La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta.”
Ci sarebbe da che rifletterci: la lettura de I Settanta sovversivi aiuta a farlo.

I settanta sovversivi. La globalizzazione delle lotte
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