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Recensioni di libri

Galateo di Giovanni Della Casa

Garzanti, 2008 - Il trattato “nel quale sotto la persona d’un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de modi, che si debbono o tenere, o schifare nella comune conversatione (...) overo de costumi”.

Francesca Ferraro
Francesca Ferraro Pubblicato il 01-06-2016

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Galateo

Galateo

  • Autore: Giovanni Della Casa
  • Genere: Filosofia e Sociologia
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Garzanti
  • Anno di pubblicazione: 2008

Il “Galateo” di Giovanni Della Casa (Trattato di Messer Giovanni Della Casa), è un testo degli anni 50 del 500, pubblicato postumo nel 1558; un’opera letteraria in cui non si punta soltanto a formare il principe, o il consigliere del principe, nobile per nascita, ma anche l’uomo della strada,

"chiunque si dispone a vivere (…) nella città e tra gli uomini".

Il titolo deriva da Galeazzo (Galatheus) Florimonte, vescovo che sollecitò Giovanni della Casa a scrivere questa opera. L’autore, toscano, era arcivescovo di Venezia e nunzio apostolico nella stessa città, per questo trattato l’autore sceglie una tecnica di comunicazione molto efficace, finge di essere un “vecchio idiota” che rivolge al nipote insegnamenti pratici per vivere rispettando gli altri e dà consigli sulla maniera di parlare, di abbigliarsi, di stare a tavola, di trattare il prossimo, insomma, sulla maniera di stare in società. Il "vecchio idiota ammaestrante" così inizia:

"Con ciò sia cosa che tu incominci pur ora quel viaggio del quale io ho la maggior parte, sì come tu vedi, fornito, cioè questa vita mortale, amandoti io assai, come io fo, ho proposto meco medesimo di venirti mostrando quando un luogo e quando altro, dove io, come colui che gli ho sperimentati, temo che tu, caminando per essa, possi agevolmente o cadere, o come che sia, errare: acciò che tu, ammaestrato da me, possi tenere la diritta via con la salute dell’anima tua e con laude et onore della tua orrevole e nobile famiglia".

I precetti insegnati non sono generici, ma precisi, spiegano nel dettaglio quali gesti non bisogna fare come, ad esempio,

"I nobili servidori, i quali si essercitano nel servigio della tavola, non si deono per alcuna condizione grattare il capo né altrove dinanzi al loro signore quando e’ mangia" e "quando si favella con alcuno, non se gli dee l’uomo avicinare sì che se gli aliti nel viso (…). Non istà bene grattarsi, sedendo a tavola".

Per essere efficace, l’autore utilizza la tecnica della conversazione, si esprime con esempi concreti e articola un vero e proprio manuale di buona educazione che aveva lo scopo ultimo di raffinare i costumi dell’epoca, piuttosto rozzi. Ci sono, inoltre, indicazioni su come ci si debba vestire in relazione ai luoghi in cui ci si trovi:

"acciò che tu solo non sii colui che nelle tue contrade abbia la guarnaccia lunga fino in sul tallone, ove tutti gli altri la portino cortissima poco più giù che la cintura".

È un trattato che, per la lingua utilizzata e per il sistema di valori a cui fa riferimento, si occupa solo delle buone maniere, senza mettere in discussione il sistema di valori del suo tempo. Troppo poco, forse, per incidere sugli aspetti sociali, ma pur sempre un valido insegnamento per favorire la pacifica convivenza; un’opera i cui principi non valgono limitatamente a una specifica epoca storica ma possono essere estesi a ogni tempo e assunti quali valori universali, un aspetto, questo che ne ha fatto e ne fa tutt’oggi un trattato ancora valido, da sempre e per sempre.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Galateo

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