Neri Pozza nella sua Collana “Le Grandi Scrittrici” riedita “Ethan Frome” (2018, Introduzione di Elisabetta Rasy, traduzione di Tiziana Lo Porto, pp. 144, 12,00 euro) di Edith Wharton (New York, 24 gennaio 1862 - Saint-Brice-sous-Forêt, 11 agosto 1937), pubblicato nel 1911 e dal quale è stato tratto il film omonimo diretto da John Madden, protagonisti Liam Neeson, Patricia Arquette e Joan Allen.
Scrittrice e poetessa statunitense, prima donna a vincere il Premio Pulitzer per “L’età dell’innocenza” nel 1921, Edith Wharton aveva visto la luce in una signorile palazzina della Ventitreesima Strada Ovest, a New York, figlia di George Jones e Lucrezia Steven Rhinelander. I Jones appartenevano entrambi a un ceto di mercanti, banchieri e avvocati, a quell’aristocrazia del denaro i cui punti cardine erano severi principi di onestà negli affari e gusto dei piaceri sociali. Questa aristocrazia del denaro così diversa, nella sua incorruttibilità, dai cinici nuovi ricchi che alla fine dell’Ottocento l’avrebbero sostituita, i “Buccaneers”, che la figlia degli Jones, Edith, descrisse mirabilmente nel suo ultimo romanzo rimasto incompiuto.
Coltissima, raffinata, amante del bello e dei viaggi, Wharton nel 1885 andò in sposa al banchiere Edward Wharton, un elegante scapolo più grande di lei di dodici anni, di un’ottima famiglia bostoniana, il quale pochi anni dopo il matrimonio iniziò a dare i primi segni di disturbi mentali. Demenza a parte, un matrimonio infelice, senza passione che si finì formalmente con il divorzio solo nel 1913. La passione, quella autentica arrivò nell’inverno del 1907 a Parigi, dove Edith si era trasferita con il marito affittando l’appartamento dei Vanderbilt in rue de Varenne 58, in Faubourg Saint-Germain.
Morton Fullerton era un giornalista americano che lavorava per il “Times” di Londra, un dandy dalla vita sentimentale burrascosa, fatta di brevi relazioni e di un matrimonio fugace con una cantante lirica. Edith naufragò contro lo scoglio Morton: era logico che questo fosse un amore destinato a durare poco, ma Morton Fullerton fu l’unico vero, grande amore della scrittrice.
Il mio unico desiderio è stare con te, sentire le mie mani nelle tue. Ah, se mai leggerai queste righe, ti renderai conto di quanto sei stato amato!
Scrive in una lettera Edith Wharton al suo amante. Quando la relazione finisce Edith incanala le sue energie interiori, scaturite dalla passione provata con Fullerton nella redazione di un romanzo breve o racconto lungo che è un assoluto capolavoro. Quel romanzo è “Ethan Frome” ed è ambientato significativamente lontano dalla high society newyorkese, nel New England innevato, in quello stesso Massachusetts dove anni prima i coniugi Wharton avevano acquistato una vasta proprietà a Lenox. Lande desolate, tempeste di neve che trasformano per diversi mesi il paesaggio in una coltre bianchissima, che spaventa, acceca e rende folli, perché isola dal resto del mondo, fanno da meraviglioso sfondo a un triangolo amoroso dai risvolti cupi e tragici. Ethan Frome era un contadino rassegnato al suo destino, sua moglie Zeena, dura, arcigna e ipocondriaca e Mattie, dolce, debole e ingenua cugina di Zeena. Quello tra Ethan e Mattie sarà un amore impossibile, specchio di quello provato da Edith per Morton e che condannerà Frome a un lungo e inesorabile inverno del cuore.
Sembrava parte di quel paesaggio muto e malinconico, un’incarnazione del suo gelido dolore, con tutto quel che di caloroso e sensibile c’era in lui ben sepolto sotto la superficie; il suo silenzio però non aveva niente di ostile.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: "Ethan Frome" di Edith Wharton torna in libreria con una nuova traduzione
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