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Recensioni di libri

Economia dell’imperduto di Anne Carson

Utopia, 2020 - Simonide di Ceo e Paul Celan dialogano tra le pagine di Anne Carson alla ricerca di quello che resta, oggi, della poesia.

Annalisa Ortolani
Annalisa Ortolani Pubblicato il 26-02-2021

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Economia dell'imperduto

Economia dell’imperduto

  • Autore: Anne Carson
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Uscito per la prima volta nel 1999 con il titolo originale Economy of the Unlost: Reading Simonides of Ceos with Paul Celan, Economia dell’imperduto di Anne Carson (trad. di P. Ceccagnoli, con uno scritto di A. Anedda) arriva in Italia grazie a Utopia Editore (2020).
Ma cos’è questo imperduto? Paul Celan lo chiama unverloren, ciò che non è del tutto perduto: il linguaggio poetico. In un mondo in cui tutto ruota attorno al profitto, qual è quello della poesia? Alla ricerca di questa risposta, Anne Carson mette a confronto l’opera di Simonide di Ceo con quella di Celan.

“L’attenzione è una missione che condividiamo, voi e io. Mantenerla vigile significa trattenerla dallo stabilizzarsi. È in parte per questa ragione che ho scelto di parlare di due uomini allo stesso tempo. Impediscono l’uno all’altro di stabilizzarsi. Spostandosi e non stabilizzandosi, stanno fianco a fianco in una conversazione e ciononostante nessuna conversazione ha veramente luogo. Faccia a faccia, eppure non si conoscono, non vivono nella stessa epoca, non hanno mai parlato la stessa lingua. Insieme e contro, allineati e discordi, ciascuno si pone come una lente attraverso la quale l’altro può esser messo a fuoco. A volte si può osservare meglio un corpo celeste se lo si guarda insieme a un altro”.

Economia monetaria ed economia della parola si intrecciano attraverso i secoli, e ben lo vediamo partendo dal VI secolo a.C. di Simonide di Ceo, poeta lirico greco, per arrivare al Novecento di Paul Celan, poeta rumeno di origini ebree. Simonide vive il passaggio dalla poesia come dono, xenia, alla poesia come merce di scambio: egli è, infatti, il primo poeta che si fa pagare per le sue opere. Ecco, quindi, che l’economia monetaria entra a far parte della lingua poetica. Non gli basta più il compenso di vitto e alloggio, come si usava in antichità, ma ne richiede uno in denaro. Questa decisione gli causa parecchie accuse di avarizia e lo costringe all’isolamento.

Isolato è anche Celan, emigrato a Parigi ma sempre legato alla lingua materna, il tedesco, che tenta di recuperare dopo il trauma infertole dal nazismo. Per poter circolare, le parole hanno bisogno di essere depurate, nel tentativo di riavvicinarsi a una lingua che, pur essendo la sua, Celan sente ormai come aliena. Che cosa resta dopo questo processo? Torna, anche qui, l’economia del linguaggio.

Antonella Anedda ben riassume il fulcro di questo saggio, con le parole che precedono il testo:

“Le parole si sprecano? Sì e no. E qual è il compito del poeta? Andare avanti, percepire nei discorsi più usuali una mancanza che rivela il luogo intermedio e imperduto in cui convivono, per parafrasare Celan, la sabbia che resta e la neve che fonde. La poesia, ci ricorda Carson, implica sempre la gratuità: se sia spreco o grazia dipende da noi. Per questo la scrittura non può prescindere da un’anamnesi infinita che rende l’innesto della lettura necessario, come la trasfusione”.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Economia dell’imperduto

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