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Due volte con gli arditi sul Piave di Ottavio Zoppi

Italia Storica, 2020 – Le memorie, edite per la prima volta nel 1938, del comandante della I Divisione d’Assalto nella difesa del Piave e nell’offensiva di Vittorio Veneto, dal giugno al novembre del 1918.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 20-06-2020

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Due volte con gli arditi sul Piave

Due volte con gli arditi sul Piave

  • Autore: Ottavio Zoppi
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2020

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L’immagine in copertina mostra un Ardito della Grande Guerra, con i capelli piuttosto lunghi sotto il fez e una sigaretta stretta spavaldamente tra le labbra. Un’illustrazione d’epoca, come d’epoca è il testo in cui il generale Ottavio Zoppi ha ricordato nel 1938 l’esperienza sua e soprattutto dei ragazzi al suo comando, dal giugno al novembre 1918, nella battaglia del Solstizio e nell’offensiva di Vittorio Veneto. Un “libricino”, come lo definiva quasi con affetto l’alto ufficiale, che la casa editrice e Associazione culturale genovese Italia Storica ha voluto ridare alle stampe pubblicare a febbraio Due volte con gli arditi sul Piave (116 pagine, 16 euro), in un’edizione a cura di Monica G. Battaglia.

Nel percorso di studio e approfondimento di questa prolifico soggetto editoriale specializzato nella storia militare del ’900, ha piena cittadinanza la testimonianza di un protagonista del miracolo del Piave, la resistenza vittoriosa (su basi tattiche del tutto rinnovate: difesa mobile in profondità, non più ancorata alle prime linee col vuoto indietro), opposta da un esercito umiliato solo otto mesi prima dallo sfondamento del fronte isontino a Caporetto e dintorni, nell’autunno 1917. La ritirata aveva annullato i sacrifici in due anni e mezzo di assalti frontali e imbaldanzito il nemico. Gli austroungarici consideravano gli italiani prossimi alla fine, ma dovettero accorgersi con costernazione che soldati tanto sottovalutati non cedevano alla spallata di metà giugno 1918 e quattro mesi dopo, a un anno esatto da Caporetto, saranno i nostri a passare sull’altra sponda veneta e a costringere Vienna all’armistizio. Teatro delle operazioni fu la linea che dalle Alpi lombarde raggiungeva l’Adriatico passando dal massiccio del Grappa, dall’altopiano del Montello e dal corso del Fiume Sacro.

La ritirata era costata al nostro esercito materiali enormi, 10mila caduti e 300mila prigionieri. Solo 35 divisioni avevano fermato le 55 nemiche nella battaglia d’arresto di novembre 1917 e sei mesi dopo l’inferiorità non era stata colmata, ma era migliorato il morale dei nostri, rinfrancato dalla maggiore attenzione del Comando Supremo, passato al gen. Armando Diaz, alla psicologia dei combattenti e all’impiego di nuovi reparti di fanti addestrati a una guerra moderna, tutti volontari e scelti, gli Arditi.

Nel giugno 1918, il maggior generale Zoppi comandava la I Divisione d’assalto delle fiamme nere. Novarese, figlio di un conte, era entrato sedicenne nel collegio militare di Milano, per passare all’Accademia di Modena, da cui uscì ufficiale effettivo a vent’anni, nel 1990. Dopo la campagna di Libia e la decorazione nello sbarco a Rodi, nel 1915 era maggiore di fanteria. Promosso colonnello per meriti di guerra, assunse nel giugno 1917 il comando della Brigata Salerno. A novembre aveva i gradi di generale e nella rotta disastrosa si distinse a protezione dell’ala destra della II Armata allo sbando, ritardando l’attraversamento nemico del fiume Livenza (altra medaglia) e sostenendo con l’esempio i suoi reparti, che continuavano a battersi pur isolati.
Dopo aver comandato gli Arditi, i suoi “guerrieri”, venne chiamato ad assolvere anche l’incarico prestigioso d’ispettore generale delle truppe alpine e nella premessa al libro offre un confronto suggestivo (e soggettivo) tra due tipi di “combattenti speciali”. Come tali, toccava loro essere acclamati quando sopraggiungevano come sospirati rinforzi o temeraria prima ondata, per essere dimenticati una volta cessato il pericolo e vilipesi come “facinorosi” e “teste calde”. Gli Alpini si consolavano, “canta che ti passa”, gli Arditi sbraitavano “me ne frego”, ma il loro generale assicura che soffrivano tantissimo, meno filosofi e ben consapevoli che la specialità avrebbe avuto storia brevissima, di cui si sentivano gelosi depositari.

Suscitavano grandi amori e odi profondi questi soldati d’eccezione ai quali Zoppi dedica il suo lavoro: non pagine di cronaca e nemmeno di storia, ma un documento di verità dei fatti esposti, intervallati da commenti,

“senza mai separare la narrazione dalle considerazioni, i fattori bellici e tecnici da quelli umani. Ho lasciato anzi che nell’esposizione si intrecciassero liberamente, come avviene nella realtà”.

Se la revocazione ha un taglio personale, la ricostruzione degli eventi fatti è puntuale. È narrazione quando accenna a caratteri e curiosità, storia quando riferisce i fatti.
Pronti a partire entro un’ora: una scossa attraversa il racconto del generale quando al campo fuori Padova arriva il 16 giugno 1918 la notizia dell’offensiva scatenata dal nemico. Una corrente elettrica accende tutti di uno stato febbrile.
Come accade in uno sbalzo lungamente preparato, l’avversario aveva colto successi locali. Sul Grappa erano stati risolti in 24 ore dai nostri. Sul Montello si combatteva accanitamente. Lungo il Piave preoccupavano alcune teste di ponte sulla riva destra.
La descrizione delle operazioni contro la sacca di Zenson è tecnica e tuttavia mai noiosa. Con ironia, Zoppi rammenta la “delizia” di ricevere ordini contrastanti dai comandi dei Corpi d’Armata tra i quali la Divisione d’assalto era stata incuneata, entrando in azione sul Piave il 17 giugno. Ordini più attenti alle esigenze reali sul campo avrebbero risparmiato perdite, ma quando gli Arditi si muovono, accidenti, non fanno sconti a se stessi, figurarsi al nemico.
Tecnica ma sempre leggibile anche la ricostruzione delle azioni e degli stati d’animo, una caratteristica di queste memorie, che le rende straordinariamente interessanti.
Quella degli Arditi non era la vecchia guerra di trincea. Il copione si ripete a Vittorio Veneto: ben guidati con mano sicura e con rispetto, quegli “energumeni” hanno dato il meglio di sé e degli Italiani. Tenacia, iniziativa, faccia tosta e tanta tigna.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Due volte con gli arditi sul Piave

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