Dodici di Zerocalcare

Ebbene gli zombi sono arrivati anche a Rebibbia, noto quartiere romano celebre, soprattutto, per la presenza dell’omonimo carcere. In “Dodici”, quarta graphic novel del fumettista capitolino Zerocalcare, l’infezione ha devastato la quasi totalità dei residenti del quartiere e i sopravvissuti contati sono solo trentasei. Di questa minuscola fetta d’umanità fanno anche parte i personaggi protagonisti delle strisce del fumettista, alle prese con la sopravvivenza e, forse, la salvezza dall’infezione.
La combriccola, è impegnata nella ricerca di cibo e di un mezzo di locomozione funzionante adatto alla fuga, ma gli imprevisti e le opportunità sono dietro l’angolo e renderanno l’impresa non poco ardua e pericolosa. Il coma di Calcare, l’erotomania sfrenata del Cinghiale ed i battibecchi fra Secco e Katja rendono la vicenda, già surreale di suo, ancora più grottesca ed irresistibilmente divertente.

La paranoia apocalittica è sempre dietro l’angolo, ma in quest’ultima graphic novel Zerocalcare si è dedicato anima e corpo nella descrizione dei propri sentimenti nei confronti del suo amato quartiere, tenendo a precisare quanto possa essere frustrante vederlo identificato sempre e solo con il carcere. Rebibbia è uno dei volti di Roma, forse non quello turistico o universitario o cinematografico, ma palpitante, gremito di persone, idee e vita. Un posto dove il verbo aspettare acquista un significato più profondo e drammatico che in qualunque altro quartiere della capitale, un luogo che, nonostante i difetti, è difficile lasciare del tutto, dal quale è impossibile separarsi del tutto.

“Dodici” di Zerocalcare (Bao, 2013) è molto più di un fumetto, è un mezzo con il quale l’autore ci comunica il suo messaggio di speranza per un futuro che a Rebibbia, Roma o in qualsiasi altra parte d’Italia, ci sembra sempre non arrivare mai.