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Recensioni di libri

Diario d’Irlanda di Heinrich Böll

Intorno alla metà degli anni cinquanta Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, insieme alla sua famiglia intraprese il suo primo viaggio in Irlanda e questo libro raccoglie la sua esperienza.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 14-01-2015

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Diario d'Irlanda

Diario d’Irlanda

  • Autore: Heinrich Böll
  • Genere: Letteratura di viaggio
  • Categoria: Narrativa Straniera

“… è impossibile dire com’è il verde di questi alberi e di questi prati: essi gettano ombre verdi sulle acque dello Shannon e la loro luce verde sembra arrivare in cielo, dove le nuvole si sono raggruppate intorno al sole come chiazze di muschio.”

Intorno alla metà degli anni cinquanta Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, insieme alla sua famiglia intraprese il suo primo viaggio in Irlanda e questo libro raccoglie la sua esperienza.

Negli anni difficili di ricostruzione e di ripresa economica post guerra, lo scrittore aveva raggiunto la notorietà nel suo Paese e per il suo impegno civile e politico (non solo di oppositore al nazismo) era considerato la vera coscienza della Germania. La Germania voleva lasciarsi alla spalle, in fretta, le macerie della guerra e attuava riforme, come quella monetaria, che avrebbero dovuto dispensare ricchezza e far rientrare la nazione nell’Alleanza atlantica.
Heinrich Böll, in aperto contrasto con le politiche post guerra, non accettava che il popolo tedesco fosse stato dapprima partecipe agli anni più bui e spaventosi e che ora ambiva a trasformare il Paese in una nazione opulenta e consumista. Deluso e amareggiato decise, a quel punto, di recarsi nell’isola degli amati: Jonathan Switf, delle cui satire era appassionato lettore, e del mistico William ButlerYeats. Quando il libro venne pubblicato nel 1957, i critici lo descrissero come un romanzo dell’utopia di Böll: il fascino e l’incanto dell’isola con il suo colore verde, il colore della speranza, avevano contagiato lo scrittore, che non nascose il desiderio di vivere in un mondo non più corruttibile e malvagio.

Su quest’isola abita l’unico popolo d’Europa che non ha mai intrapreso guerre di conquista: fu invece conquistato, dai Danesi, dai Normanni, dagli Inglesi; inviò per il mondo soltanto preti, monaci, missionari che, dall’Irlanda portarono in Europa lo spirito ascetico della Tebaide.

Diario d’Irlanda è un libro che emoziona non poco. Sul piroscafo partito da Liverpool e diretto al porto di Dublino, Böll si sofferma a guardare l’orizzonte: l’isola verde è nascosta nella foschia dell’alba. La luce del faro illumina il grigio profilo della città, matasse pigre di fumo escono da alcuni dei comignoli sui tetti; è l’Irlanda che dorme ancora. Da Dublino a Galway, dai monti di Connemara fino a Sligo, sulla tomba di Yeats, la storia del suo viaggio è un inno sentimentale ad una nazione molto povera, costretta per la miseria a far emigrare il suo popolo, un popolo umile ed onesto che era riuscito, nonostante tutto, a custodire la propria umanità. Una terra piena di tradizione che lo affascina da subito, dalla gente ospitale con i suoni gutturali della lingua celtica che echeggiano nel silenzio, ai villaggi abbandonati dove il tempo e gli elementi con infinita pazienza si sono divorati tutto quello che non era pietra e dalla terra crescono i cuscini su cui le ossa si posano come reliquie: il muschio e l’erba.
Le insegne dei negozi sotto forma di ragionieri contabili e erbivendoli, gli vanno incontro con i nomi di Joyce e Yeats, O’Neil e O’Connor, mentre nella cattedrale di San Patrizio guarda ammirato le bandiere degli antichi reggimenti appese l’una accanto all’altra, inclinate in avanti, che parevano mandassero odore di polvere, in alto a vegliare la tomba di Swift. Si sofferma a veder scorrere il grande fiume Shannon sotto i vecchi ponti grigi di Limerick, per poi recarsi sulla riva dove è posta, sul piedistallo di un monumento, la pietra sulla quale con un giuramento solenne fu concessa agli irlandesi la libertà di religione. Narra della pioggia che lì è assoluta, grandiosa, e mai la si chiama maltempo, al pane quotidiano della pioggia, la torba, i ciocchi di questa specie di focaccia bruna, che assicurano il fuoco nei freddi inverni.
È l’Irlanda della metà del Novecento, con i suoi primati di maggior consumo di tè, whisky e tabacco. Un Paese sterminato dalla miseria e costretto ad un’emigrazione di massa, ma che protegge la sua bellezza e la cui filosofia di vita non la si riscontra in nessun altra nazione occidentale. Lo scrittore, dopo gli orrori del secondo conflitto mondiale, è alla ricerca di luoghi d’incanto e nobiltà d’animo che fossero in grado di far riaffiorare in lui memorie letterarie tali da ricostruire un sogno, una purezza per andare incontro ad una nuova felicità.
Diario d’Irlanda è il diario del suo viaggio nell’isola verde e magica, nel quale i racconti sono narrati con un’intensa poesia che custodisce immagini, storie e incontri.

Diario d'Irlanda

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Diario d’Irlanda

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