Dell’Iliade d’Omero tradotta in veneziano
- Autore: Giacomo Casanova
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2005
La biografia di Giacomo Casanova è molto più ricca di quanto comunemente si creda. Egli fu un buon letterato e ha dato alle stampe numerose prove della sua grande erudizione, non solo le sue famose Memorie.
Nel 2005 Edizioni della Laguna ha pubblicato per la prima volta in forma completa gli otto canti dell’Iliade che il famoso seduttore tradusse nella sua lingua madre: il veneziano.
Il testo, apparso col titolo Dell’Iliade d’Omero tradotta in veneziano da Giacomo Casanova, è stato curato dal grecista Carlo Odo Pavese (1933-2020) che premette:
Confesso di esser un amatore ed estimatore del dialetto, o lingua veneta (secondo che grecamente o latinamente si voglia dire).
Non si può affermare che l’autore intendesse proporre una traduzione completa dell’Iliade in veneziano (come invece provò a fare in italiano), la scelta dei canti fu dovuta al capriccio o meglio a un desiderio di svago momentaneo, che non si tradusse in un disegno portato avanti con costanza. Le scene di battaglia con navi e mura, in particolare, andavano incontro al gusto dei veneti, a cui ricordavano le gloriose gesta belliche della Serenissima contro i turchi.
La metrica prescelta da Casanova è l’ottava rima, più armoniosa del verso sciolto e la traduzione del testo rispecchia anche un lavoro di "traduzione culturale" dei contenuti e dello spirito: curioso ad esempio l’inserimento del termine tabarro (che indica un abito tipicamente veneziano) per designare i mantelli degli eroi.
Ecco i primi versi del poema:
Gran Dea, che, co volè, sè tanto cara,
Del gran fio de Pelèo cantè la bile,
Colera rovinosa, orrenda, amara,
Despetto atroce dell’ardente Achille.
Cantè quanto quell’ira ha costà cara
A l’aneme de mille Eroi, e mille
Morti, e all’orrido inferno condannai
Da cani, e Corvi i corpi devorai.Quando che penso a quella gran rovina
Son sforzà a dir che Dio cusì ha volesto,
Perché, sibèn che l’Omo ha mente fina
Quando che el vol far mal a quello, e a questo,
Non ostante el se calma, e nol combina
Un cumulo de guai tanto funesto.
Donca è stà causa un Dio. Musa sincera
Disène in cortesia sto Dio chi el gera.
Il traduttore spiega così la sua scelta di ricorrere al vernacolo:
L’ho scritta in Veneziano, perché essend’io Veneziano mi costa assai meno fatica che se avessi dovuto scriverla in idioma Toscano
Ed esagerando nel minimizzare le sue capacità aggiunse:
idioma Toscano che se so, so a stento, perché non l’ebbi dalla natura, ma provai di aquistarlo con lo studio.
Forse Casanova non desiderò mai pubblicare la sua opera, ma solo leggerla ai suoi amici:
Io non so la lingua Greca ne molto ne poco; onde quest’è copia di copia, ritratto tiratto da sei altri ritratti.
Tuttavia sbagliò a giudicare sé stesso in maniera così negativa, egli sarebbe potuto essere uno dei maggiori scrittori del Settecento italiano e, invero, all’estero i suoi scritti sono più studiati che in Italia...ma lo scandalo e le storie pruriginose fanno più clamore di ogni altra cosa, e quindi nel sentire comune le Memorie hanno schiacciato ogni altro testo casanoviano.
L’Iliade in veneziano è un testo che nelle scuole venete gli insegnanti di italiano dovrebbero citare durante le lezioni di epica, anche per l’ottima comprensibilità dei primi otto versi, che facilitano la parafrasi.
La traduzione di Casanova andrebbe ristampata, anche in semplici edizioni “divulgative” senza impianti eccessivamente filologici, e ogni veneto dovrebbe averne una in casa per recitarne qualche verso nel tempo libero, anche come un monito per contrastare l’odio viscerale che i progressisti italiani nutrono verso le culture locali italiche, che da ormai molti decenni essi sognano di annientare attuando un genocidio gentile che passa attraverso la denigrazione, lo stigma culturale e la distruzione dell’educazione delle nuove generazioni.
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