Cioran verso una parola inzuppata di silenzio
- Autore: Alessandro Seravalle
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Non si placano gli studi e i saggi su Emil Cioran. Questo studioso di origine romena sta avendo la meglio su filosofi più strutturati, perché è diventato in assoluto l’uomo che usa la filosofia per affermare che, messa in una teca e sistemata, la filosofia diventa la negazione di sé stessa, mentre oggi sarebbe necessario un pensiero filosofico impuro, balbettante e continuamente riscritto.
Per fare un esempio, Hegel è il peggiore dei nemici di Cioran perché ha fissato dei rigidi paletti alla sua filosofia che è l’emblema del pensiero sistematico senza una via di sbocco, una fessura che possa contenere dubbi, ubbie e malinconie. Un uomo con la sua solitudine. Anzi, addirittura, Hegel ritiene inconcepibile un uomo che non trovi spazio nella comunità in cui vive.
L’autore di questo libro, Alessandro Seravalle, con il bel titolo Cioran verso una parola inzuppata di silenzio (The Writer edizioni,2023), non è interessato a screditare da subito la filosofia hegeliana o marxista, il suo compito è il sostenere da studioso Cioran nella sua battaglia a favore del silenzio, che paradossalmente porta a meno parole, ma più espressive e sensate, e anche anarchiche e non inquadrabili in nessuna sistematizzazione del pensiero filosofico.
In un celebre aforisma Emil M. Cioran scrive che non pensa proprio di essere fatto per la “parola”.
L’autore resta sconcertato: il filosofo romeno ha scritto aforismi, saggi, taccuini, articoli, lettere, recensioni, oltre che essere un lettore infaticabile. Come può sostenere il silenzio, un uomo che vive di parole anche per mangiare?
Ma il filosofo, che vive da decenni a Parigi, si esprime così:
Scrivere è diventato per me un supplizio, una cosa impossibile. Le parole mi sembrano talmente estranee (alla mia essenza) che non riesco a entrare in contatto con loro. È rottura completa tra me e loro. Non abbiamo più niente da dirci. Se me ne servo, se le uso, è per metterle sotto accusa e deplorare l’abisso che si è spalancato tra noi.
Se non si fa attenzione sembra una lettera a una fidanzata o anche a più di una, con cui chiudere per eccessiva incompatibilità.
Ma cosa sono gli aforismi per Cioran se non un modo per fare entrare tra una parola e l’altra il silenzio con tutte le varianti del romeno: la pigrizia portata a sistema di vita, la necessità di togliere confini e paletti ai filosofi più noti.
Seravalle addirittura dedica un capitolo e più agli ossimori presenti nei libri "cioraniani". Ma al contempo, l’autore del libro, inserisce passi dello studioso romeno di tal guisa:
Scrivere significa disfarsi dei propri rimorsi e dei propri rancori, vomitare i propri segreti. Lo scrittore è uno squilibrato che si serve di quelle finzioni che sono le parole per guarirsi. Su quanti malesseri, su quanti accessi sinistri ho trionfato grazie a questi rimedi insostanziali.
Ma come un ossimoro altro che parole insostanziali, leggere, vacue, ma paradossalmente concrete, presenti, Seravalle usa parole "materiche", come fossero dei laterizi per costruire case. E Cioran di rimando scrive:
Sogno una lingua le cui parole, come pugni, fracasserebbero le mascelle.
Che poi col suo splendido francese, l’uomo insonne della Romania, non potrebbe scrivere in maniera più delicata e sinuosa, come un gioiello comprato a Place Vendôme, altro ossimoro, il delicato fracasso.
Alessandro Seravalle si diverte a fare da contrappunto a quello che scriveva Cioran, se c’è un aforisma dello studioso ormai francese lo dice e lo riporta, tuttavia senza impelagarsi, usando il doppio delle parole, quando già ci sono. A volte Seravalle sembra stare stretto nei panni dell’esegeta di Emil M. Cioran e si diverte anche lui con le parole, scrivendo dio e paradiso in minuscolo come se Seravalle non fosse di Udine, ma come fosse una spia sovietica che ribadisce il suo ateismo.
Chi scrive pensa a cose passate rispetto a quello che crede ora, ma ai giochi all’oratorio, con gli amici più cari, e poi la Comunione e quindi Dio e Paradiso sempre scritti con le maiuscole, come forma di rispetto per i lettori. Come Cioran, d’altronde, che non era religioso neanche un po’.
L’autore di Udine apre il primo capitolo con una riflessione su musica e parole in Cioran, così bello che il libro va comprato e letto.
In questa fase la musica rappresenta una sintesi, la realizzazione attuale dell’ossimoro "silenzio sonoro" o "suono silenzioso".
Alla fine il movimento si inverte e la musica "rimpatria"...(...) nel proprio altro -sé, rientra nella sua alterità che è, al contempo, la propria essenza più autentica.
E quale suono silenzioso più bello può esserci se la musica è di J.S. Bach, che Cioran ammirava enormemente. Non me ne vorrà Seravalle se ho anticipato Bach, prima di musiche composte durante il nostro Novecento.
Finalmente un libro su Cioran originale e scritto benissimo, tanto che si passa dagli aforismi di uno allo scrivere dell’altro, senza che si rimanga senza fiato, per l’enorme differenza di stile.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cioran verso una parola inzuppata di silenzio
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