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Storia della letteratura

Chiare, fresche et dolci acque: testo, parafrasi e analisi della poesia di Petrarca

È forse la più famosa tra le poesie del Canzoniere di Francesco Petrarca: scopriamo insieme testo, parafrasi, analisi e commento di Chiare, fresche et dolci acque.

Eleonora Daniel
Eleonora Daniel Pubblicato il 08-02-2021
Chiare, fresche et dolci acque: testo, parafrasi e analisi della poesia di Petrarca

Chiare, fresche et dolci acque è forse la poesia più famosa del Canzoniere di Francesco Petrarca. Scritta tra il 1340 e il 1341, la canzone è composta di 5 stanze di 13 versi ciascuna (4 endecasillabi e 9 settenari) e termina con un congedo di 3 versi (2 endecasillabi e un settenario).
Scopriamo insieme testo, parafrasi, e analisi della poesia.

Testo

Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
date udïenzia insieme
a le dolenti mie parole extreme.

S’egli è pur mio destino,
e ’l cielo in ciò s’adopra,
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l’alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
ché lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l’ossa.

Tempo verrà anchor forse
ch’a l’usato soggiorno
torni la fera bella et mansüeta,
et là ’v’ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disïosa et lieta,
cercandomi: et, o pieta!,
già terra in fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m’impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da’ be’ rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta già de l’amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch’oro forbito et perle
eran quel dì a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l’onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: Qui regna Amore.

Quante volte diss’io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Così carco d’oblio
il divin portamento
e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
m’aveano, et sì diviso
da l’imagine vera,
ch’i’ dicea sospirando:
Qui come venn’io, o quando?;
credendo esser in ciel, non là dov’era.
Da indi in qua mi piace
questa herba sì, ch’altrove non ò pace.

Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.

Parafrasi

Chiare, fresche e dolci acque, dove pose il suo corpo l’unica che a me sembra degna di essere definita donna; nobile ramo, che (me lo ricordo tra i sospiri) scelse per appoggiarsi, come a una colonna, erba e fiori che la sua gonna leggiadra ricoprì con l’angelico seno; aria sacra, serena, dove Amore con i begli occhi di lei mi aprì il cuore: ascoltate tutti insieme le mie dolenti ultime parole.

Se è davvero il mio destino che Amore chiuda i miei occhi tra le lacrime, e il cielo si adopera perché accada, il mio corpo possa almeno essere sepolto in questo luogo, e l’anima torni nuda alla propria sede. La morte sarà meno crudele se porto con me questa speranza fino a quel momento incerto: poiché infatti il mio spirito, debole, non potrebbe fuggire la carne afflitta e le ossa in un porto più riposato di questo, né in una fossa più tranquilla.

Forse arriverà un giorno in cui la belva bella e mansueta tornerà qui e proprio là dove ella mi incontrò il giorno benedetto del nostro primo incontro volgerà lo sguardo desiderosa e felice, cercandomi: e, o pietosa, vedendomi già a terra, tra le lapidi, Amore possa ispirarla in modo tale che sospiri tanto dolcemente da ottenere per me il perdono di Dio, e riesca a convincere il cielo asciugandosi gli occhi con il suo bel velo.

Dai bei rami scendeva (è dolce il ricordo) una pioggia di fiori sopra il suo grembo; ed ella si sedeva, umile in tanta gloria, coperta già da quella nuvola d’amore. Qualche fiore gli cadeva sul lembo della veste, qualcuno tra le trecce bionde, che quel giorno sembravano oro zecchino e perle; qualcuno si posava in terra e qualcuno tra le onde; qualcuno, volteggiando, sembrava dire: "Qui regna Amore".

Quante volte io dissi allora, pieno di paura: "Questa donna nacque sicuramente in paradiso". Mi avevano riempito a tal punto di oblio il suo portamento divino e il volto e le parole e il dolce riso, e mi avevano a tal punto separato dalla realtà, che dicevo sospirando: "Come sono arrivato qui, o quando?", credendo di essere asceso in cielo, e non dov’ero. Da quel momento in poi questo luogo mi piace così tanto che altrove non ho pace.

Se tu, canzone, fossi tanto bella e raffinata quanto desideri, potresti con coraggio uscire dal bosco e andare tra la gente.

Commento

Chiare, fresche et dolci acque (la canzone 126) è una tra le poesie più famose (se non la più famosa) del Canzoniere. Rievoca l’incontro del poeta con Laura, quando l’uomo assiste per caso al bagno della donna e si configura come lunga vocazione del poeta al luogo in cui è accaduto, Valchiusa. Questo tipo di visione appartiene a un diffuso topos letterario di ascendenza classica (celebre è il mito di Diana e Atteone), cui si somma quello del locus amoenus. Altrettanto ricorrente è l’immagine della donna circondata da fiori e proiettata in una dimensione angelica: è la stessa immagine con cui comparirà Beatrice nel Purgatorio dantesco.
Questa visione della donna genera nel poeta uno spaesamento tale da fargli perdere qualsiasi contatto con la realtà.

Il ricordo dell’incontro è alternato all’immaginazione del futuro — l’alternanza tra passato e futuro scandisce il procedere delle strofe: al passato sono dedicate le strofe 1, 4 e 5; al presente la 2 e la 3.
La speranza del poeta è quella di poter essere seppellito, dopo la morte, in quello stesso luogo, perché Laura, tornata lì per caso, possa vederne la tomba e provare compassione.
Questa concezione della morte come imminente (poiché ormai la ferita di Amore è penetrata nell’animo del poeta e non può che fare il suo corso) tinge l’intero componimento di un tono dolce-amaro.

Figure retoriche

Tra le figure retoriche che caratterizzano il componimento, segnaliamo:

  • sinestesia: "chiare, fresche et dolci acque"
  • apostrofe: "acque... ramo... erba e fior... aere... date udienza"
  • anastrofe: le anastrofi sono numerosissime, es. "le belle membra / pose", "il cor m’aperse", "il meschino / corpo fra voi ricopra"...
  • enjambements: sono altrettanto numerosi (es. vv. 7-8, 27-28, 34-35...)
  • perifrasi: "colei che sola a me par donna"
  • anafore: "qual"
  • metafore: diffuse sono in particolari le metafore tipiche dello Stilnovo (es. "il cor m’aperse").
  • personificazione: prima di Amore e, nel congedo, della canzone stessa.
  • paronomasia: "pieta"-"pietre"
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chiare, fresche et dolci acque: testo, parafrasi e analisi della poesia di Petrarca

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Commenti: 1

  • Maddalena
    27 aprile 2021, 14:29

    Il sito è complessivamente completo ma per dei ragazzi della scuola media di primo grado forse è troppo. Io ho digitato sul motore di ricerca "Chiare, fresche et dolci acque parafrasi in sintesi" ma altro che sintesi è una vera e propria divina commedia ciò che mi da questo sito. Perciò io dico, sì, per la sua chiarezza ma allo stesso tempo dico, no, per la sua complessità; troppo ma davvero troppo complicato.

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