Il 6 febbraio 1778 nasceva sull’isola greca di Zante Ugo Foscolo, uno dei maggiori esponenti della poesia italiana ottocentesca. Lo ricordiamo oggi con uno dei suoi sonetti più celebri, “Alla musa”, scritto tra il 1802 e il 1803, che riflette un’inquietudine in realtà molto contemporanea: il poeta vede dischiudersi dinnanzi a sé un futuro incerto e sente che la poesia, la sua musa, lo sta abbandonando.
Poeta dell’inquietudine e della metafisica dell’anima, Foscolo diventa simbolo della modernità pre-romantica che irrompe squarciando il velo di classicismo all’epoca dominante. La sua figura incarna un punto di rottura: Ugo Foscolo simboleggia la modernità che avanza e rompe gli schemi della lirica tradizionale risorgimentale e illuminista con la rivoluzione eretica di una nuova sensibilità.
Foscolo è come un moderno Odisseo che trasforma il paradigma omerico del viaggio in una perenne fuga nell’ansia romantica di trovare la pace a lungo agognata. Quella pace ricercata (e non trovata) per lui è simboleggiata dalla poesia, che è al contempo vocazione ed eternità, stimolo e rifugio in cui si coniugano la volontà di azione e la tensione inesplicabile verso una nuova libertà.
Scopriamo testo, parafrasi e commento di Alla musa.
Alla musa di Ugo Foscolo: testo
Pur tu copia versavi alma di canto
Su le mie labbra un tempo, Aonia Diva,
Quando de’ miei fiorenti anni fuggiva
La stagion prima, e dietro erale intantoQuesta, che meco per la via del pianto
Scende di Lete ver la muta riva:
Non udito or t’invoco; ohimè! soltanto
Una favilla del tuo spirto è viva.E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
O Dea! tu pur mi lasci alle pensose
Membranze, e del futuro al timor cieco.Però mi accorgo, e mel ridice amore,
Che mal ponno sfogar rade, operose
Rime il dolor che deve albergar meco.
Alla musa di Ugo Foscolo: parafrasi
Eppure tu, Musa, un tempo riversavi sulle mie labbra una copiosa abbondanza di poesia, quando la mia gioventù rapida fuggiva e veniva questa epoca presente che scende con me dolorosa verso la riva silenziosa del fiume Lete.
Ora ti invoco, inascoltato: poiché solo una scintilla di ispirazione è ancora viva in me.
Tu, o mia Dea, sei fuggita con lo scorrere del tempo e ora mi lasci abbandonato ai tristi ricordi e al triste presagio di un futuro incerto.
Però mi accorgo - e me lo ripete Amore - che queste poesie faticose che non riescono a sfogare in rime il dolore opprimente che sento vivere in me.
Alla musa di Ugo Foscolo: analisi e commento
Metrica: Sonetto (due quartine, una a rima incrociata (ABBA), l’altra alternata (ABAB); due terzine CDE)
Alla musa di Ugo Foscolo è un canto di smarrimento, di incertezza. In questo sonetto, che segue lo schema metrico tradizionale, il poeta dà voce alla propria angoscia: è un uomo che sente di aver perduto l’ispirazione, la forza e la volontà di scrivere. Ciò che un tempo gli offriva riparo e conforto ora è soltanto fonte di dolore.
Si tratta di una lirica singolare, poiché Foscolo trasfonde in poesia la sua crisi esistenziale: ovvero l’immagine di un “poeta-non-poeta” che si appella alla sua musa ispiratrice che l’ha abbandonato. Sente di non aver più nulla da dire, di essersi perduto in un vicolo cieco, ed è invece proprio scrivendo che si ritrova.
Foscolo in questo canto afferma un’angoscia molto contemporanea: dice che i versi ormai non riescono più a lenire le pene del suo cuore né lo sconforto provato per la sua patria, l’Italia, che è stata tradita.
Tutto viene giocato nel contrasto tra l’antico modo classico “la stagion prima”, un momento felice ma ormai trascorso, e i tempi moderni che riflettono un tragico senso di inquietudine e smarrimento.
Non sfugge il riferimento al fiume Lete, il fiume dell’oblio secondo la mitologia greca e romana, cui il poeta sente di essere condotto da un moto ineffabile e assoluto. Metaforicamente Foscolo esprime il proprio lento declino verso la vecchiaia e quindi la morte. Nelle acque del Lete è custodito, secondo la tradizione, il mistero della reincarnazione delle anime: gettandosi nel fiume queste ultime si purificano e dimenticano la loro vita passata, secondo la concezione greca della metempsicosi. Foscolo sembra ricercare il conforto dell’oblio, la purificazione del dolore, nella poesia che tuttavia non sembra offrirgli più conforto. La sua Musa sembra infatti averlo abbandonato dinnanzi al “timor cieco del futuro”.
Sono molteplici in questo canto i riferimenti alla classicità - dall’appello alla Musa sino al riferimento al mito greco dell’aldilà - che tuttavia si contrappongono a un’inquietudine molto contemporanea. Foscolo riflette nei suoi versi l’angoscia dell’uomo moderno che non sa più guardare al proprio destino con fiducia e serena aspettativa: il domani gli appare come incognita dolorosa e neppure il conforto dell’oblio riesce a lenire il suo struggimento.
Nell’ultima terzina il poeta si concentra sul proprio dolore dando libero sfogo alla propria passione. Ecco che l’intero sonetto acquisisce così il tono accorato di una preghiera: l’invocazione alla Musa - ovvero la Dea protettrice della poesia - non è da interpretare come lo stratagemma di un antico aedo che segue lo schema tradizionale proprio del canto, ma come l’appello disperato di un uomo che si è smarrito e spera di ritrovarsi attraverso la propria arte.
L’ispirazione classica della lirica cede quindi il passo, nel finale, al travaglio dell’uomo moderno che assiste alla crisi degli ideali ed è travolto dagli amari flutti delle proprie ingovernabili passioni. Nella poesia di Ugo Foscolo si riflette l’angoscia di un secolo e di una nazione, l’Italia, che era nelle mani di governanti senza scrupoli capaci di venderla agli stranieri come un bottino in riprovevoli trattative. Possiamo cogliere l’eco malinconica dello straziante incipit de Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802) scritte, non a caso, negli stessi anni a cui risale la data di stesura del sonetto:
Il sacrificio della patria nostra è consumato, tutto è perduto.
Nel suo drammatico appello Alla musa Ugo Foscolo riflette la propria amara condizione esistenziale: è un uomo che sente di aver perduto tutto, persino il suo ultimo conforto, ovvero la poesia. In questi versi compone il ritratto di una resa, come un guerriero che ripone le armi e si offre quindi indifeso al nemico: lui si immola all’altare sacrificale della sua Musa. Giunge a negare il suo essere Poeta, forse ignorando di consacrarsi ai posteri proprio come tale.
leggi anche
Le poesie più belle di Ugo Foscolo
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Alla musa” di Ugo Foscolo: un sonetto dedicato alla poesia
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Ugo Foscolo
Lascia il tuo commento