Immagine di copertina Credits: fonte Facebook
Gli indiani lo avevano battezzato “Il fratello maggiore”. Lo scrittore francese Dominique Lapierre amava l’India: al popolo indiano aveva consacrato la maggior parte della sua vita e dedicato tutte le sue battaglie, letterarie e non.
A dare la notizia della sua morte è stato proprio il Centro Asha Bhavan di Calcutta, in Italia è stata poi confermata da Mondadori, editore storico di tutti i suoi romanzi pubblicati nel nostro Paese.
Dominique Lapierre se n’è andato all’età di 91 anni. Purtroppo dal 2012 non scriveva più, a causa delle conseguenze di un incidente. Dopo essersi risvegliato da un lungo coma, Lapierre aveva progressivamente perso l’uso della mano e la facoltà di parlare. Il suo ultimo libro, Gli ultimi saranno i primi, era stato pubblicato proprio quell’anno ed è considerato il suo testamento spirituale. Nel romanzo lo scrittore ripercorreva le tappe di una vita e raccontava il suo amore per l’India, patria elettiva che aveva trasformato la sua esistenza e rivoluzionato la sua intera visione del mondo.
Il libro dedicato all’incontro con la realtà indiana, La città della gioia (1985), divenne un bestseller internazionale ed è considerato un classico contemporaneo. Lapierre aveva definito l’India come:
Il Paese dalle cento vite che muore ogni giorno
La luce dei paesaggi indiani risplendeva in ogni sua pagina e illuminava l’anima di chi leggeva con il riverbero di un atto di fede e di carità. Per questi motivi era stato soprannominato Lo scrittore filantropo. A continuare la sua tradizione letteraria è stata la figlia,Alexandra Lapierre, autrice di celebri romanzi storici.
Dominque Lapierre se n’è andato lasciando un’eredità immensa: i suoi libri riassumo anni di battaglie combattute in nome degli ultimi della terra. La scrittura non era mai fine a sé stessa, ma si univa sempre a un’azione precisa: Lapierre, insieme alla moglie e compagna di una vita Domininque (erano affini persino nel nome), in India aveva fatto costruire ospedali, scuole, centri per disabili. Per tutto questo, e non per la tragedia della sua vita rimasta a lungo sospesa in un limbo, merita di essere ricordato.
E per quella sua frase che è forse la più bella dichiarazione d’amore per un Paese, per un popolo, per l’umanità intera:
L’India non smetterà mai di ammaliarmi e di costringermi a parlare di lei.
Ripercorriamo la vita e le opere dell’intramontabile autore de La città della gioia e scopriamo quali sono i suoi migliori libri da leggere.
Dominique Lapierre: la vita
Dominque Lapierre nacque a Châtelaillon-Plage, un paesino nell’ovest della Francia, in Nuova Aquitania, il 30 luglio del 1931. Figlio di un diplomatico e di una giornalista crebbe nella capitale francese, Parigi, negli anni bui dell’occupazione tedesca. La sua passione per la lettura iniziò fin da bambino, quando divorava romanzi alla luce fioca di una candela per sfuggire con l’immaginazione dall’angoscia stringente della guerra. Le storie lette di notte alimentarono anche la sua passione per l’avventura e, dunque, per i viaggi. Studente modello, vinse una borsa di studio di 30mila dollari durante il liceo che gli consentì di andare in Messico alla scoperta degli Atzechi. In seguito all’esperienza Lapierre scrisse il suo primo romanzo reportage Un dollaro per mille chilometri nel 1949. Il suo destino sembrava già scritto.
Terminati gli studi iniziò la sua carriera come giornalista, lavorando come corrispondente della rivista francese Paris Match. Viaggiava dall’Etiopia all’Iraq e riuscì persino a ottenere un visto per l’Unione Sovietica in piena Guerra fredda. Ne risultò un altro libro intitolato C’era una volta l’Urss. Nella scrittura Dominique sapeva mescolare lo sguardo curioso del reporter a un indubbio talento letterario.
Ma fu l’incontro con l’India - e in particolare con Madre Teresa di Calcutta - a cambiare la vita di Lapierre. Da quell’esperienza trasse il suo capolavoro La città della gioia (1985) che riscosse da subito un ampio successo internazionale.
Lo scrittore disse che il libro ebbe successo in Occidente perché seppe raccontare una storia di resilienza: narrava di persone private di tutto che però sapevano reagire di fronte alle avversità e addirittura ringraziavano Dio ogni giorno per il dono della vita.
Leggere La città della gioia per la gente divenne un atto di fede.
L’incontro con l’India cambiò per sempre anche la vita di Lapierre: nel 1982 fondò fondò la grande associazione Action pour les enfants des lépreux de Calcutta (“Azione per i bambini lebbrosi di Calcutta”) con il sostegno di Madre Teresa che amava ripetere “salvare un bambino è salvare il mondo”.
Lo scrittore decise di devolvere all’associazione metà dei suoi diritti d’autore, in favore di scuole e centri per la lotta alla lebbra e alla tubercolosi. Da quel momento fu soprannominato “Lo scrittore filantropo”. Aveva vissuto anche nella baraccopoli di Pilkhana, senza acqua ed elettricità per stare più vicino ai poveri con il sostegno dell’infermiere svizzero Gaston Grandjean.
Insieme alla moglie, anima gemella che con lui condivideva anche una curiosa omonimia, si chiamava infatti “Dominique”, Lapierre visse in India per anni. Aveva vissuto anche nella baraccopoli di Pilkhana, senza acqua ed elettricità per stare più vicino ai poveri. I due ebbero una figlia Alexandra, anche lei scrittrice stimata.
Il libro La città della gioia vendette oltre 12 milioni di copie in tutto il mondo. Ma Dominique LaPierre non si ritenne mai “arrivato”. Continuò a scrivere e ogni suo nuovo romanzo era un prezioso libro inchiesta e soprattutto “uno strumento di lotta”. A ottant’anni, nel 2011, pubblicò India Mon Amour un’altra dichiarazione d’amore che celebrava il paese che lo aveva stregato, ammaliato, sedotto e infine lo aveva portato
In quel periodo venne anche in Italia per promuovere il suo libro. Era ancora in gran forma e con un certo orgoglio diceva durante le interviste: “Ma lo sa che sto per compiere ottant’anni?” Sembrava che non ci credesse neanche lui.
Solo un anno dopo una terribile sfida lo attendeva al varco.
Nel 2012 ebbe un banale incidente, una caduta, che tuttavia ebbe conseguenze gravissime. Era il 10 giugno 2012, lo scrittore stava passeggiando nel villaggio di Ramatuelle per comprare i giornali, proprio dopo aver votato per le elezioni legislative. Perse conoscenza, cadde rovinosamente e batté la testa. Dopo un lungo coma, durato trentadue giorni, Dominique Lapierre si risvegliò ma non fu più lo stesso. Non riusciva più a scrivere e le sue condizioni di salute erano molto peggiorate. Iniziò così una lunga “vita sospesa”, lontano dall’India, nelle campagne profumate della Provenza. La moglie gli rimase vicina accudendolo fino all’ultimo, e continuò insieme a lui a promulgare i progetti filantropici in giro per il mondo.
Ci chiediamo se oggi finalmente Dominique Lapierre abbia raggiunto l’India, fluendo come uno spirito tra le acque del Gange, pronto a purificarsi e iniziare una nuova vita.
Diceva di non avere paura della morte.
Quando arriverà l’avrò vinta
Disse così. Forse presentiva che la battaglia più grande e cruenta sarebbe stata quella ad armi impari contro la malattia. Aveva anche già pensato al dopo - a cosa ne sarebbe stato di lui dopo il funerale. Diceva di volere solo una piccola lapide, sulla quale doveva figurare solo una semplice scritta:
Dominique Lapierre, cittadino onorario di Calcutta.
Un giorno ricordava di aver domandato a Madre Teresa quale sarebbe stata la sua eredità ai posteri.
Lei gli aveva risposto: “Quando arriverà il giorno Dio provvederà.” Dominique Lapierre conservò quella risposta, la tenne stretta, sino a trasformarla in un atto di fede. I suoi libri, tutti, erano in fondo missioni umanitarie condensate in fiumi di inchiostro. Una forma di preghiera laica che in fondo vale più di mille preghiere votive, cosiddette sacrali, alimentate dal più becero egoismo.
Lapierre aveva salvato oltre 50mila bambini dala lebbra e curato i malati di tubercolosi. Rimane da domandarsi ora se sia questa opera di estrema carità umana, oppure la letteratura, la sua vera eredità.
Dominique Lapierre: i libri da leggere dell’autore de La città della gioia
1. La città della gioia (1985)
Romanzo meraviglioso e lettura imprescindibile. I protagonisti di questa storia sono Max, un giovane medico americano; Bandona, un’infermiera assamita; Paul Lambert, un prete cattolico francese e infine Hasari, un uomo-risciò. Sono tutti diversi ma uniti da uno stesso insolito destino quello di scoprire ad Anand Nagar, un quartiere di Calcutta, la cui traduzione è "La città della gioia", il significato vero dell’esistenza.
La città della gioia
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2. Mezzanotte e cinque a Bhopal (2001)
In Mezzanotte e cinque a Bhopal, Lapierre raccontò la tragedia della nube tossica che nel 1984 avvelenò e uccise migliaia di persone nel cuore dell’India.
Un appassionante romanzo d’inchiesta che narra di quando migliaia di contadini indiani vennero cacciati dalle loro terre da nugoli di insetti assassini. Per risolvere la situazione tre entomologi americani inventarono un insetticida miracoloso. La Union Carbide, la multinazionale che lo produceva, decise di impiantare una grande fabbrica nel cuore dell’India, nella splendida città di Bhopal. La fabbrica gioiello venne finalmente inaugurata quasi una ventina di anni dopo nel 1980. Ma il 2 dicembre del 1984 la fabbrica esplose con terribili conseguenze.
Mezzanotte e cinque a Bhopal
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3. Parigi brucia? (1965)
Un drammatico romanzo cronaca scritto a quattro mani con il collega Larry Collins. Attraverso lo studio di carte segrete ritrovate negli archivi tedeschi, documenti dell’epoca, ordinanze, verbali e ricordi dei testimoni, i due giornalisti ricostruiscono la storia della Parigi occupata dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. La capitale francese riuscì a sfuggire al perentorio ordine di Hitler: “Bruciate Parigi”. Come fu possibile?
Nel 1966 da questo romanzo è stato tratto l’omonimo film di René Clémen con Alain Delon e Yves Montand.
Parigi brucia?
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4. India Mon Amour (2011)
Nel suo penultimo romanzo Lapierre ripercorreva la sua grande storia d’amore con l’India. Ricordando quando, nei primi anni Settanta, con il collega Larry Collins, arrivò a Nuova Delhi per scrivere la straordinaria storia dell’indipendenza dell’India dall’impero britannico. Al volante di una vecchia Rolls-Royce Silver Cloud - la macchina dei maharaja - percorsero in sei mesi più di ventimila chilometri. Ne risultò una lunga serie di avventure rocambolesche, testimonianze, documenti unici, e interviste incredibili come quella agli assassini del Mahatma Gandhi.
India mon amour (Narrativa)
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5. Gli ultimi saranno i primi (2012)
Ultimo romanzo scritto da Dominique Lapierre nel 2012, prima dell’incidente che cambiò per sempre la sua vita. Gli ultimi saranno i primi è da considerarsi come il suo testamento spirituale. In queste pagine lo scrittore ripercorre le tappe fondamentali della sua esistenza e racconta la storia del suo amore duraturo, appassionato e infinito per l’India, il Paese che gli aveva consentito di rinascere attraverso l’incontro con gli ultimi della terra. Ne risulta l’unione di tanti racconti, profondi e toccanti, che ci restituiscono un’unica fondamentale lezione di vita.
Gli ultimi saranno i primi. La mia vita accanto ai dimenticati della Terra
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio a Dominique Lapierre, lo scrittore che cantò la gioia dell’India
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