Spesso, nelle nostre biblioteche, sugli scaffali delle librerie nonché nei libri di letteratura, vengono citati grandi scrittori di indubbio valore ma altri che meriterebbero lo stesso apprezzamento, invece, non lo ricevono ed occupano, quindi, a torto, uno spazio di minor rilievo nel mondo letterario. Si vuole quindi ampliare qualche conoscenza e, vista la disponibilità di un autore come Fabio Izzo che conosce la letteratura della Polonia in modo approfondito, oggi a lui rivolgiamo qualche domanda.
- Fabio, può farci qualche breve cenno circa le origini della letteratura polacca?
Cercherò di non annoiarvi troppo quindi vorrei, per cominciare, fare solo qualche accenno a due grandi poeti della nazione letteraria polacca: Jan Kochanowski, potete leggere le sue “Frasche” in edizione Bur e Adam Mickiewicz, poeta, eroe e vate a cui la Polonia, ma anche l’Italia, deve molto. Ho anche scritto qualcosa su di lui nel mio blog.
- Giungiamo al Novecento: si sente parlare del movimento Młoda Polska. In cosa consiste e quali sono stati i personaggi di maggior spicco?
Un movimento sicuramente importante quello della Giovane Polonia che nasce e matura quando la Polonia, di fatto, non esiste su nessun atlante, spartita com’è tra tre potenze dell’epoca, cioè Russia, Austria e Prussia. Qui brucia il fuoco della disillusione di un popolo senza patria, fuoco che arderà per consumarsi, inevitabilmente, fino alla sua decadenza. Non a caso, secondo alcuni critici letterari, questa esperienza si conclude nel 1918, anno in cui la Polonia ottiene l’indipendenza perduta e torna a essere una nazione segnata di diritto sulle mappe geografiche di tutto il mondo.
Chi ricordare? Bolesław Leśmian, Tadeusz Boy-Żeleński e Leopold Staff, ma non si dovrebbe dimenticare nemmeno Stefan Żeromski . Due parole in più le vorrei spendere per Władysław Reymont, premio Nobel per la letteratura, e i suoi Contadini, opera di difficile reperibilità (rivolgetevi al mercato dell’usato, ma fate attenzione, sul web ho visto prime edizioni messe in vendita a cifre superiori ai 300 euro!). Reymont è riuscito a ricreare in maniera magistrale il mondo contadino polacco dell’epoca nei costumi e nel gergo.
- Nel suo primo libro "Eco a perdere"lei cita Miłosz, Wat, Brandys ed altri. Cosa li ha resi indimenticabili?
Sono tutti dotati di una voce unica destinata a riecheggiare nel tempo. La poesia di Milosz è sopraffina e si allunga fino alle idee visionarie di William Blake, senza trascurare l’importanza della sua memoria letteraria esplosa nelle pagine de “La Mente Prigioniera”. Wat fu, anzi è, un anticipatore, un visionario, basti ricordare il suo Lucifero Disoccupato dove descrive un povero diavolo impotente di fronte a tutte le nefandezze compiute dall’uomo (correva l’anno 1927). Brandys è uno dei miei autori preferiti, dosato nella parola, addensato nel linguaggio e metodico nella pagina, un romanzo come Variazioni Postali (edito a suo tempo dalla E/o), mostra tutta la sua bravura “schizofrenica”. Ecco, ora che abbiamo preso un po’ di confidenza, posso dirvi che ogni volta che mi siedo ad un tavolino di un bar e comincio a scrivere qualcosa, provo a immaginarmi Brandys a fianco a me, intento ad accarezzare l’ambiente con il suo sguardo.
- Un posto particolare va a Bruno Schulz, autore de "Le botteghe color cannella" e onnipresente nei suoi libri. Chi era veramente? Quale l’essenza dei suoi scritti?
Chi era Bruno Schulz? Difficile a dirsi. In molti hanno provato a dare una risposta a questa domanda. Ugo Riccarelli ci ha provato con “Un uomo che forse si chiamava Schulz”, Jerzy Ficowski ha creato “Regiony wielkiej herezji” (Le regioni della grande eresia), Cynthia Ozick gli ha dedicato “Il Messia di Stoccolma”, Jonathan Safran Foer ha ritagliato, letteralmente, le parole di Schulz per estrapolare fuori un altro libro. Schulz è un messia, un maestro, un demiurgo o nulla di tutto questo. Il suo “Maturare verso l’infanzia” ci fa intingere penne, scaldare tastiere e guardare mondi altrimenti invisibili. Non so ancora bene chi sia Bruno Schulz per me, sto provando a darmi delle risposte.
- Qual è il rapporto tra David Grossman e Bruno Schulz?
La risposta è il titolo, di per sé bellissimo, di un suo libro: "Vedi alla voce Amore". Bisogna aggiungere altro?
- Non possiamo dimenticare il ruolo della poesia e, quindi, il Premio Nobel Wisława Szymborska, autrice da lei citata in To jest. Per quali motivi è stato tanto colpito dagli scritti di questa poetessa?
La Szymborska… Ho tanti bellissimi ricordi personali legati alle parole della Szymborska. Parole che mi hanno accompagnato da ovest a est e viceversa. Penso che tutti noi, suoi lettori, le siamo, in qualche modo, debitori perché ci ha accompagnato e ci accompagnerà per moltissimo tempo. La incontrai, per la prima volta, in un suo libro, regalatomi nel 2001 a Łódź. In seguito mi si propose la possibilità di incontrarla di persona quando venne a Genova, ospite dell’Università, nell’anno del mio servizio civile, ma purtroppo le istituzioni furono sorde a questa mia richiesta e mi fu quindi negata l’autorizzazione necessaria. L’accaduto, in qualche modo, mi segnò. Anni dopo scrissi un libro, con lei al centro, To Jest, un libro per l’appunto sulle schiavitù. Quest’estate mi sono recato sulla sua tomba, a Cracovia, dove le ho dedicato i seguenti versi: “Il sole ti saluta da tre lati, il quarto è distratto dall’impiegato che classifica la morte e dal papà che fa dormire il bambino gd 10 10” (Nda per chi se lo stesse chiedendo Gd 10 10 è la sezione del cimitero di Rakowicki dove la poetessa riposa).
- Se, tra le tante pagine della letteratura polacca, dovesse, per esempio, salvarne una da un disastro naturale, da un incendio quale sceglierebbe?
Un incendio? Le rispondo così:
“Quando il pericolo era grande
si saltavano negli occhi
chiudendoli fortecosì forte da non sentire il fuoco
che gli arrivava alle cigliafino alla fine coraggiosi
fino alla fine fedeli
fino alla fine somiglianti
come due gocce
sospese sull’orlo d’un viso”
Sono versi di Zbigniew Herbert, il titolo è “Due gocce”, silloge contenuta ne “Rapporto dalla città assediata” (Adelphi).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A lezione di letteratura polacca da Fabio Izzo
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