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Recensioni di libri

A che punto siamo? L’epidemia come politica di Giorgio Agamben

Quodlibet, 2020 - Un breve, snello saggio, essenzialmente un’antologia di scritti di varia pubblicazione, che non dà risposte, ma ci stimola a porci domande sul modo in cui è stata gestita l’epidemia di Covid-19 e sulle conseguenze che la situazione potrebbe avere.

Cristina Giuntini
Cristina Giuntini Pubblicato il 22-01-2021

9

A che punto siamo? L'epidemia come politica

A che punto siamo? L’epidemia come politica

  • Autore: Giorgio Agamben
  • Genere: Politica ed economia
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2020

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L’epidemia di Covid-19 che stiamo attraversando e gli sconvolgimenti politici, economici e sociali che ne derivano non avrebbero certamente potuto evitare di lasciare la loro traccia, oltre che nella cronaca (veicolata ormai da tutti i mass media, dai più autorevoli a quelli meno influenti, indipendenti e perfino, a volte, improvvisati), anche nel pensiero filosofico. Se la Francia ha fatto sentire la voce di Bernard-Henri Lévy nel saggio Il virus che rende folli, che presenta riflessioni e opinioni decisamente discostate da quelle della massa, in Italia una voce fuori dal coro è quella di Giorgio Agamben, che ha pubblicato questo suo A che punto siamo? L’epidemia come politica (Quodlibet, 2020), affrontando la tematica dell’attuale pandemia non tanto, come Lévy, dal punto di vista strettamente sociale, osservando, cioè, principalmente le reazioni dell’uomo comune, ma da quello politico, esaminando i meccanismi e le possibili conseguenze di tutta quella serie di comportamenti che ci sono stati indotti da decreti e regole concepiti, almeno ufficialmente, per contenere il contagio, e analizzandoli alla luce dei precedenti storici e politici che le esperienze analoghe mettono a nostra disposizione.

Si parte da una domanda: dati alla mano, il mondo, e con lui il nostro Paese, ha dovuto affrontare, in tempi recenti, pandemie anche più nefaste di quella attuale: perché, quindi, stavolta la reazione dei governanti è stata talmente eclatante da concepire provvedimenti che hanno implicato una così drastica limitazione della libertà personale? E perché i cittadini li hanno accettati subito senza metterli minimamente in discussione? È forse il caso di farsi, a questo punto, qualche domanda?
Agamben pensa di sì, e pensa anche che sia il caso di cercare di raggiungere, se non una risposta, almeno un percorso di riflessione che ci aiuti a sviscerare la situazione senza per forza doverla accettare passivamente. Lo fa attraverso un’antologia di brevi scritti, pubblicati per la maggior parte sul sito Quodlibet, ma tratti anche da interventi su quotidiani e giornali di vario tipo. Tali scritti sono intervallati da tre interviste rilasciate a organi di stampa stranieri, che fungono basilarmente da “riassunto” e riepilogo dei concetti principali già enunciati.

Senza pretendere di arrivare a una soluzione, Agamben mette sotto la lente d’ingrandimento le mosse della politica e le reazioni della gente comune: le sue riflessioni possono provocare approvazione o irritazione, ma riusciranno in ogni caso a scatenare un sentimento in chi le legge. Dal concetto di “nuda vita”, cioè dell’uomo disposto a sacrificare lavoro, affetti, cultura, svaghi all’unico scopo della salute del corpo, a quello della stessa salute che passa dalla condizione di diritto a quella di obbligo, a quello della medicina non più scienza che può aiutare l’uomo, ma vera e propria religione alla quale affidarsi senza alcuna remora. In tutto questo, che ruolo ha il potere? I governi cercano soltanto di nascondere le loro precedenti, gravi mancanze in campo sanitario, oppure questa situazione, di fatto ideale per la nascita di un regime totalitario, è in qualche modo spinta e voluta? Quanto sorride ai potenti della Terra l’idea di un distanziamento sociale (sociale, non fisico!) perpetuo, in cui ogni tipo di relazione fra persone sia ridotto all’immagine virtuale incastonata nello schermo di un computer? Sono domande che dobbiamo porci, per capire davvero, senza paura e senza paletti, a che punto siamo.

Questo saggio, verosimilmente, farà arrabbiare molti lettori: del resto, come già quello di Lévy, è un saggio arrabbiato, indignato, esasperato. Ma sarebbe troppo facile e banalizzante cadere nell’usuale tranello di bollare il suo autore come negazionista (neppure lui lo è, come del resto non lo è Lévy) o complottista: Agamben non contesta il virus né le morti che ha causato: si indigna, anzi, nel parlare delle persone strappate ai loro affetti e morte da sole, senza neppure la dignità di una vera sepoltura. Contesta, piuttosto, la gestione dell’emergenza, e mette in dubbio le vere ragioni che hanno portato a questa situazione in cui “lo stato d’eccezione è diventato una regola”. Farsi qualche domanda, ogni tanto, non fa male.

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Per chi vuole approfondire, riflettere e sentire diverse campane discordanti, non solo quella che va più d’accordo con l’opinione comune.

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A che punto siamo? L’epidemia come politica

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Commenti: 1

  • Giovanni Basile
    15 novembre 2021, 15:29

    Giorgio Agamben è un filosofo e scrittore i cui libri sono stati tradotti in tutto il mondo. Diciamo però la verità: se non ci fosse stato tutto questo dibattito - soprattutto in Italia - sulla pandemia del Covid 19, il suo nome sarebbe rimasto sconosciuto ai più, confinato nel mondo degli studiosi e degli intellettuali.

    Con questo volumetto, costituito da poco più di un centinaio di pagine, intitolato A che punto siamo? L’epidemia come politica, pubblicato da Quodlibet, Agamben invita a riflettere sulla cosiddetta Grande Trasformazione delle nostre democrazie (borghesi) in forme di governo tendenti a concentrare le decisoni politiche in ambiti istituzionali sempre più ristretti.
    Costituzioni e parlamenti starebbero cedendo pericolosamente il passo a forme di governo sempre più autoritarie, se non addirittura dispotiche, con il pretesto dell’emergenza sanitaria, limitando i diritti più elementari dei cittadini attraverso tutta una serie di atti volta a comprimere fortemente le libertà individuali come mai visto finora dalla fine della Seconda guerra mondiale.

    Agamben critica oltremodo quelle disposizioni dell’esecutivo che, scavalcando le prerogative del parlamento, regolano nei dettagli la vita quotidiana di ciascuno di noi. In nome della scienza, assurta a nuova religione laica - non manca un biasimo verso la Chiesa che avrebbe assecondato questa politica di compressione - la gente è disposta ad accettare qualsiasi tipo di restrizione lavorativa, sociale, ricreativa e affettiva per paura di contagiarsi. Il diritto alla salute, garantito dalla costituzione, si tramuterebbe così in un obbligo alla salute.

    Opinabili poi sarebbero i numeri ufficiali della pandemia forniti dalle autorità senza fondamenti scientifici comprovati, così come molto discutibile, oltreché discriminatoria, costituirebbe l’introduzione della tessera verde.
    Insomma, Agamben non lesina certo gli spunti polemici sulla gestione dell’emergenza sanitaria e con particolare riferimento al caso italiano.

    Comunque la si pensi su un argomento così divisivo - da mesi e mesi basta guardare la televione per rendersi conto di quanto isterico sia diventato il dibattito nostrano fra pro e no vax, fra sì e no green pass - , queste pagine stimolano interrogativi, dubbi, prese di posizione in un verso o nell’altro, incrinando quelle false e comode verità dietro le quali forse molti di noi cercano di nascondere le proprie insicurezze.

    C’è chi ci leggerà un esasperato complottismo, mentre chi invece percepirà punti di vista illuminanti. Un dato di fatto è certo: ogni contributo di pensiero libero e indipendente rimane sempre qualcosa di fertile, salutare, positivo.

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