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1984 è fuori diritti: il romanzo di Orwell torna in libreria anche per Fanucci

Le opere di George Orwell sono fuori diritti. Mario Bonanno riflette sull'attualità di 1984 a partire dalla nuova edizione Fanucci, una delle numerose nuove traduzioni in libreria.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 27-01-2021
1984 è fuori diritti: il romanzo di Orwell torna in libreria anche per Fanucci

1984 di George Orwell, insieme a tutte le opere dello scrittore, da quest’anno è fuori diritti. Le case editrici italiane non si sono certo lasciate sfuggire l’occasione di proporre nuove edizioni del romanzo e in libreria sono apparsi nuovi volumi: Marco Rossari ha curato la traduzione per Einaudi, Vincenzo Latronico per Bompiani, Franca Cavagnoli per Feltrinelli, Tommaso Pincio per Sellerio, Bianca Bernardi per Garzanti, Enrico Terrinoni per Newton Compton.

La casa editrice Fanucci ha assegnato invece la traduzione a Laura Matilde Mannino: è in questa edizione che Mario Bonanno commenta il romanzo.

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L’attualità di 1984

Ciò che sgomenta di più del 1984 di George Orwell è il medium, la subdola intrusione mediatica attraverso cui il Potere regimenta i cittadini-sudditi. Oggi gli affetti da voyeurismo di massa, plagiati dalle edulcorazioni del romanzo in format social-televisivi, non si accorgono che proprio la riduzione pettegola di un soggetto invece serissimo e ammonitore decreta lo sconfinamento nel reale del Grande Fratello in connotati di distrazione globale finto-soap. Insomma il Grande Fratello è ora e qui.
L’avverarsi apodittico di una profezia su scala mondiale: non solo lo stato di Oceania nel romanzo, ma l’intero pianeta è oggi soggiogato — e quel che peggio devoto — al governo mediatico del “Socing”, che ci vuole liberi ma non pensanti.
Il romanzo da cui germina la fantascienza distopico-politica assume oggi connotati da romanzo realista.

Provo a dirla in altro modo: attraverso l’impianto su larga scala di mezzi di controllo, gli attuali sistemi finito-democratici mondiali (per tacere dei regimi dittatoriali in forma palese) riescono ad apparire convincenti, intervenendo in modo subliminale (la famiglia ridens delle pubblicità, la ricchezza a portata di mano dei quiz televisivi, la misera popolarità a portata di social) sulle facoltà discernitive dell’individuo-massa. Anestetizzato sotto l’aspetto critico-politico e sotto quello affettivo-relazionale. E se adesso pensate che chi scrive abbia sviluppato derive di tipo dietrologico oppure complottiste, siete fuori strada.

1984 di Orwell è un romanzo dell’orrore, e lo è in quanto prescinde da case stregate e/o dai fantasmi. 1984 di Orwell racconta la fine dell’individuo discernente, alienato nella rincorsa alle finte felicità/finte libertà oppio dei popoli. Altro che Oceania, Eurasia ed Estasia: i tre grandi Stati mondiali del romanzo di Orwell diventano Stato unico (Stato globale-globalizzante), retto sul Capitale e parcellizzato nei gangli sopraffattivi mantenuti da media e social media asserviti.
Così stanno le cose e, per come la penso, 1984 è un romanzo attuale oggi più che ieri.

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La raffinata riedizione per la Piccola Biblioteca del Fantastico di Fanucci Editore (traduzione dall’inglese di Laura Matilde Mannino) mi ha indotto a queste divagazioni (?). E del resto cos’altro scrivere di un libro assoluto, che non sia stato già scritto-detto-filmato-disegnato-analizzato, sopra e sottotraccia, nel corso del tempo? (il libro è del 1949, l’incubo nazi-fascista, un babau ancora recente).

Accennare alla trama è quasi pleonastico, soltanto poche righe perché così si usa: nel 1984 il pianeta è sull’orlo della terza guerra mondiale, diviso in tre grandi Stati che si osservano in cagnesco. Lo Stato di Oceania, con capitale Londra, è governato dal Grande Fratello (dittatore subdolo quanto immanente, affacciato dai teleschermi, affrescato su enormi manifesti), che attraverso una rete di telecamere controlla ogni azione di ogni cittadino. Uomini e donne liberi (obbligati) di tutto, tranne che di pensare, amare, vivere come credono.
All’iper-controllo dell’efficiente Psicopolizia tenteranno di sfuggire Julia, e tale Winston Smith, ostinati nel preservarsi ritagli di umanità a dispetto del microcosmo alienato che li circonda.
Se dovesse sfuggirvi il finale del romanzo non sarò io a rivelarvelo: vi svelo soltanto che non è un finale edulcorato, in quanto nessun capolavoro degno di tal nome (e 1984 è un capolavoro degno di tal nome) contempla i finali edulcorati.

Questa nuova edizione si avvale della splendida illustrazione di copertina di Antonella Silverini e della nitida introduzione di Carlo Pagetti, a cui lascio — noblesse oblige — l’ultima parola:

“Orwell e Arendt esprimono la stessa attenzione per le manipolazioni del linguaggio, le omissioni e le menzogne a cui ricorre lo Stato totalitario per coprire le sue azioni prevaricatrici. In 1984 questo è il motivo probabilmente più ‘attuale’ della costruzione orwelliana, ancora di più del sistema di teleschermi trasmittenti-riceventi che rende ubiqua l’immagine del Grande Fratello e perfeziona una rete di spionaggio e di controllo capillare e pervasiva. Il bipensiero orwelliano è, infatti, un procedimento psicologico che smantella l’idea di una identità fissa e, nello stesso tempo, semplificando termini e strutture verbali, sradica la possibilità di elaborare una riflessione intellettuale complessa e problematica”.

E se queste parole non vi rimandano al quadro fosco delle società mediatizzate a noi contemporanee, una controllatina al livello residuale di coscienza critica, lo farei. Con rispetto parlando, s’intende.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 1984 è fuori diritti: il romanzo di Orwell torna in libreria anche per Fanucci

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