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Storia della letteratura

Perché Orwell ha scritto 1984? Una lettera spiega le sue teorie

"1984" di George Orwell è un vero capolavoro. Una lettera dello scrittore britannico del 1944 spiega delle teorie, che rappresentano la base di partenza del suo geniale romanzo.

Valentina Pennacchio
Valentina Pennacchio Pubblicato il 22-01-2014

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Perché Orwell ha scritto 1984? Una lettera spiega le sue teorie

"Era una luminosa e fredda giornata d’aprile, e gli orologi battevano tredici colpi. Winston Smith, tentando di evitare le terribili raffiche di vento col mento affondato nel petto, scivolò in fretta dietro le porte del vetro degli Appartamenti Vittoria: non così in fretta, tuttavia, da impedire che una folata di polvere sabbiosa entrasse con lui".

Inizia così “1984” di George Orwell, indiscutibilmente uno dei più grandi capolavori della storia della letteratura. Un romanzo distopico per eccellenza.

Un romanzo geniale, inquietante, di un’attualità sconvolgente, se pensiamo che è stato scritto nel 1948. Un libro che dovrebbe occupare lo scaffale di tutte le librerie del mondo e di cui riportiamo una celebre citazione:

"Possono farti dire tutto, tutto, ma non possono obbligarti a crederci. Non possono entrare dentro di te".

Perché Orwell ha scritto 1984?

Vi siete mai fatti questa domanda? Pare che Orwell nel 1944 anticipò l’idea di questo romanzo in una lettera (datata 18 maggio), contenuta nel volume "George Orwell: a Life in Letters" (curato da Peter Davison), spiegando la teoria che lo portò a scrivere il capolavoro di cui stiamo parlando.

Si tratta di una lettera scritta a Noel Willmett, un tale che gli aveva domandato se il totalitarismo fosse una concreta prospettiva anche per Inghilterra e USA.

La lettera in questione è stata riportata l’8 dicembre 2013 da "The daily beast". Ve ne forniamo una libera traduzione.

Orwell scriveva di aver paura che il totalitarismo non fosse un fenomeno in rapido di declino. Al contrario, nonostante la scomparsa di Hitler fosse vicina, ciò avrebbe rafforzato: Stalin, i milionari anglo-americani e tutti i piccoli fuhrers come De Gaulle.

Le idee politiche di Orwell erano chiare: tutti i movimenti nazionali in tutto il mondo, anche quelli nati per resistere alla dominazione tedesca, stavano assumendo forme non democratiche, raggruppandosi intorno a fuhrers sovrumani (Hitler, Stalin, Salazar, Franco, Gandhi, De Valera, sono tutti esempi) e adottando la teoria machiavellica che il fine giustifica i mezzi.

Secondo lo scrittore il mondo stava andando sempre più verso la direzione di economie centralizzate, che potevano "funzionare" solo a livello economico, ma che non erano organizzate democraticamente, tendendo piuttosto a stabilire un sistema di caste.

Ciò non poteva che condurre agli orrori del nazionalismo, in grado di sfruttare il fattore emotivo, rendendo labile il confine tra verità oggettiva o soggettiva, ovvero quella decisa da qualche fuhrer infallibile.

A quei tempi secondo Orwell, in un certo senso, la Storia aveva cessato di esistere, perché non c’era una Storia del nostro tempo universalmente accettata.

Hitler poteva affermare con certezza che la guerra era stata provocata dagli ebrei, notizia che sarebbe divenuta storia ufficiale, almeno fino a che egli fosse stato in vita. Non poteva asserire che "due più due" fa cinque, perché, ai fini, diciamo, della balistica doveva fare quattro.

Tuttavia, questa era la direzione annunciata da Orwell, timoroso proprio che il mondo diventasse preda di due o tre Super Stati, incapaci di conquistarsi l’un l’altro. In questo mondo "due più due" avrebbe potuto fare cinque se il fuhrer avesse voluto. Ecco dove si stava muovendo il mondo anche se, certamente, si trattava di un processo reversibile.

Il fatto che in Gran Bretagna o negli USA non si fossero inseriti germi di totalitarismo, faceva ben sperare. Era un sintomo promettente.

Orwell credeva profondamente, come aveva spiegato nel libro "Il leone e l’unicorno", nella capacità del popolo inglese di centralizzare l’economia senza distruggere la libertà. Tuttavia, non andava dimenticato che Gran Bretagna e USA non avevano mai conosciuto la sconfitta, le gravi sofferenze, ed esistevano dei sintomi negativi, che andavano a bilanciare quelli positivi.

Per cominciare una grande indifferenza generale al decadimento della democrazia.

Nella lettera Orwell chiede al suo destinatario: si rende conto, per esempio, che in Inghilterra nessuno che abbia un’età inferiore ai 26 anni può votare e che, almeno da quel che sembra, alla maggior parte delle persone di quell’età non interessa nulla di tutto ciò?

In secondo luogo, gli intellettuali avevano visioni più totalitarie della gente comune. In generale gli intellettuali inglesi si erano opposti a Hitler, ma solo al prezzo di accettare Stalin.

Molti di loro erano perfettamente pronti ai metodi dittatoriali, alla polizia segreta, alla falsificazione della storia, fintanto che il tutto andava a loro vantaggio, "dalla loro parte".

L’assenza di un movimento fascista in Inghilterra significava solo una cosa: che i giovani stavano cercando il loro fuhrer altrove.

Non si può essere certi - scriveva Orwell - che ciò non cambierà o che la gente comune tra dieci anni non comincerà a pensare come fanno adesso gli intellettuali. La speranza e la fiducia non bastano a rigettare questa eventualità, perché, se si pensa semplicemente che andrà tutto per il meglio e non si considerano certi sintomi sinistri, non si fa altro che favorire l’ascesa del totalitarismo.

Alla domanda di Noel Willmett, se Orwell credeva nella generale tendenza verso il fascismo perché favorevole alla guerra, lo scrittore rispondeva che era una questione di scegliere il male minore. Conoscendo abbastanza bene l’imperialismo britannico, non lo considerava un bene, ma, in confronto a quello nazista o a quello giapponese, non poteva che trattarsi del male minore.

Allo stesso modo tra l’URSS e la Germania il male minore era l’Unione Sovietica, la quale conservava abbastanza delle idee originali risalenti ai tempi della Rivoluzione e poteva essere un fenomeno più promettente della Germania Nazista.

La lettura si conclude:

Penso, e l’ho pensato fin dall’inizio della guerra, nel 1936 o giù di lì, che la nostra causa è giusta, ma dobbiamo continuare a fare meglio, il che comporta un atteggiamento critico costante.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Perché Orwell ha scritto 1984? Una lettera spiega le sue teorie

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