Se mi tornassi questa sera accanto di Carmen Pellegrino

Il libro di Carmen Pellegrino, il cui titolo è un verso di Alfonso Gatto, è pieno di rimandi, di incontri mai avvenuti, di distanze siderali, di promesse non mantenute. Il linguaggio difficile, denso, pastoso, come non accade in Italia, dove la maggior parte degli scrittori scelgono una scrittura piana, leggibile, fruibile come un elettrodomestico semplice.

La storia narra di Giosuè Pindari, un contadino dotto, oggi si direbbe un manager delle colture bio, che manda lettere alla figlia Lulù in bottigline che affida al vento.
Le racconta di come la terra sta cambiando e di quanto la moglie stia peggiorando nel suo autismo che le impedisce di avere una vita coniugale o una vita da mamma. Che poi non è autismo, depressione piuttosto, distacco, orrore per chi si propone di migliorare la sua vita come il marito, che non si rassegna né nel lavoro nei campi, né nella passione politica di “socialista” della prima ora, prima che al leader del partito socialista italiano arrivassero delle monetine in testa, all’uscita del suo hotel.

Nora, invece scrive di morti e di cimiteri, in fogli che mette dappertutto in casa, anche nei posti più impensati.

“Che sua madre avesse un certo tipo di sensibilità - acuita dal suo stare come una cosa frangibile, un esserino tutto orientato alla perdita - Lulù lo aveva sempre saputo”.

Da queste righe si evince la profonda densità espressiva di Carmen Pellegrino, che sembra avere in massimo orrore la facilità dei sentimenti, o la rassegnazione moderna alle cose del mondo.
Padre e Figlia avevano inventato la “città dell’Ignoto Ideale,” anzi erano pronti a vederla sorgere.
Su pressione del padre Giosuè, Lulù aveva anche intrapreso all’Università la facoltà di Agraria, con ottimi risultati, ma come perdonare un padre che mette alla porta il fidanzato

“senza concedergli alcuna possibilità di spiegare la purezza del suo sentimento, la serietà delle sue intenzioni. A Lulù, che lo accusò della sua infelicità rivolse poche parole definitive... mi hai tradito”

Niente città dell’Ignoto ideale ma tantissimi chilometri dalla casa del padre, vivendo con un certo Andreone e chissà se il padre si siederà di nuovo accanto a lei.

Prima di arrivare ai ringraziamenti pensavo a una riscrittura lirica e tempestosa de “Il podere” di Federigo Tozzi. Poi ho letto quanti poeti hanno abitato nella mente di Carmen Pellegrino per dare alle stampe questo libro difficile, denso, poetico ma non toccato da lirismo, sentimentale ma senza nessun sentimentalismo. Da leggere, come una sfida...